Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.
Certe vergogne siciliane hanno un problema di datazione: prima dell’avvento del web; dopo il web ma prima dei droni (detta anche Era di Mezzo); dopo i droni. La questione non è di poco conto e per capirne la reale portata serve qualche esempio.
Siamo in territorio di Realmonte, che per praticità di narrazione scegliamo come Comune ideale per raccontare di scempi ecologici e di tempi di reazione. Continua a leggere Se il web fa arrossire la Sicilia
Ciao Ada, ieri ti ho rivista dopo più di trent’anni. Eri sdraiata in spiaggia a Mondello e parlavi al telefono con una tua amica: ti lamentavi della tata inglese che dovrebbe insegnare le lingue ai tuoi due figli e invece se ne sta tutto il pomeriggio davanti alla tv. Come lo so? Me lo hai detto tu, anzi ce lo hai detto tu a tutti quanti, nel raggio di duecento metri, dato che il volume della tua voce non era certo da bisbiglio. Volevo avvicinarmi per salutarti ma, visto che eri impegnata, ho preferito rimanere in disparte. Continua a leggere La spiaggia, l’amore e il vortice dei social
Quello che vedete è il lido privato dell’Esercito sulla spiaggia di Mondello. Voi non ci crederete, ma dietro quella orribile palizzata c’è il mare.
Da anni mi interrogo sui motivi di questo privilegio: se una spiaggia privata ce l’ha il comando della Regione Militare Sud, perché non deve avercela anche il corpo degli insegnanti di liceo o qualunque altro impiegato statale?
Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.
C’è un inscalfibile luogo comune che grava sui destini della spiaggia di Mondello, ed è questo: togliere le cabine e abolire le aree attrezzate (a pagamento) farebbe solo bene al lido. Quest’opinione liquida, che si diffonde generalmente in vista della bella stagione, ha un suo fondamento nell’ovvietà: una spiaggia libera è universalmente più bella di una spiaggia inscatolata in legni e cancelli. E ha anche una sua ragione esoterico-popolare: la società Mondello Immobiliare Italo Belga, che ha in concessione quei benedetti chilometri di sabbia, è vista dal palermitano medio come un’ombra indefinita che da più di un secolo si muove su asciugamani e ombrelloni, un fantasma della battigia, un nemico di cui neanche la nazionalità è certa.
Certo, è difficile provare simpatia per chi dà il mare a pagamento, togliendo cioè il senso di libertà alla spiaggia che è, per eccellenza, il luogo della libertà. Ma qui di ragione si discetta, mica di sentimenti. E la ragione impone domande per non intossicarsi di aria fritta.
Che fine farebbe il lido di Mondello senza concessione ai privati?
I palermitani saprebbero tenerlo pulito?
Quali sarebbero le garanzie per quest’immenso, meraviglioso spazio libero? Continua a leggere Dalla Mondello libera a quella dimenticata
Il mitico Supersantos. Negli anni Settanta, per giocare a calcio bisognava avere il Supersantos, Era arancione con le strisce nere e richiamava il pallone dei Mondiali del 1962 vinti dal Brasile, da qui il riferimento al nome della squadra di club dove aveva giocato Pelè. Prodotto in Italia, fu venduto in tutto il mondo. La sua caratteristica principale era di essere molto leggero. Un pallone da calcio, oggi come allora, pesava dai 410 ai 459 grammi. Il Supersantos ne pesava 280. Andava a vento, aveva parabole stranissime, era difficile da controllare. Un pallone da spiaggia, insomma. E costava pochissimo. Dal 1979 fu soppiantato dal Tango, di colore bianco e fatto con una plastica più dura, perciò pesante come un pallone vero: la perfetta riproduzione, in versione economica, del pallone di cuoio usato ai mondiali del 1978 e nel 1982. Con il Tango, sul prato, giocavi qualcosa di simile al calcio.
Un Supersantos costava l’equivalente di otto euro, un Tango sui venticinque, un pallone vero, di cuoio, stava sugli ottanta.
Così Fabio Caressa riassume ne “Gli angeli non vanno mai in fuorigioco” l’epopea del Supersantos. Che però io – a nome di una schiera di agonisti da spiaggia – non considererei chiusa.
Se avete un fine settimana libero o avete in programma di fare una vacanza in Francia, ho un consiglio da darvi. Prendetevi il tempo – bastano due giorni – per arrivare sino a Saintes Maries de la mer in Camargue. Lì affitterete una bicicletta – 10 euro per quattro ore, 15 per tutta la giornata – e pedalerete verso la riserva naturale. Dopo circa 15 chilometri arriverete al faro de la Gacholle, scatterete una foto come quella che vedete in questa pagina, ringrazierete Dio per avervi regalato due gambe solide e un panorama inaudito, e inizierete la pedalata di ritorno.
A Santes Maries de la mer vi accomoderete in uno dei tanti ristorantini che strillano i loro menù su colorati cartelloni in mezzo alla strada e con altri 15 euro mangerete un’ottima paella che – incredibile ma vero – è una delle specialità del luogo (l’altra sono le moules et frites, cozze con patate fritte, roba per uomini di fegato, inteso come organo).