Licenza di licenziare

Nella manovra economica del nongoverno Berlusconi spunta la libertà di licenziare. In un momento in cui bisognerebbe inseguire, scovare, perorare l’unità del Paese per uscire dalla più pericolosa crisi finanziaria dei tempi moderni, l’idea geniale è stata invece quella di disgregare il corpo sociale, mirare al cuore del sindacato, fare l’occhiolino agli industriali (che peraltro hanno già mandato a quel paese il premier e la sua cofanata di bugie).
E’ come se per risollevare il mio bilancio familiare, io facessi perdere il lavoro al garzone del salumiere sotto casa.
Segno dei tempi. La differenza tra una carognata e una scelta strategica è quasi invisibile quando ci si muove nel torbido.

Le tasche degli italiani

Torna in auge la possibilità di rendere pubbliche le dichiarazioni dei redditi. C’è un precedente illustre, quando nel 2008 il ministro Fisco Visco provò a metterle online. L’iniziativa durò quanto da Natale a Santo Stefano, anzi molto meno: poche ore. Poi furono ritirate tra le urla di Grillo e i balbettii del garante della privacy. Continua a leggere Le tasche degli italiani

Il domatore nella gabbia vuota

Quand’ero piccolo avevo un compagno di giochi codardo che era soprannominato “il domatore nella gabbia vuota”. Ogni qualvolta c’era da affrontare uno scontro, non necessariamente fisico, con altre bande di ragazzini o bisognava far valere una ragione lui si nascondeva dietro l’ultimo di noi e stava zitto e fermo fino a quando le acque non si calmavano. Poi, appena era certo che l’avversario si era allontanato o comunque era stato neutralizzato, veniva fuori con una scenata della serie “tenetemi, altrimenti faccio una strage”. Ovviamente nessuno se lo filava. Allora lui fingeva di fare quattro passi per sbollire, mentre invece prendeva la via di casa e non lo rivedevamo sino al giorno dopo. Continua a leggere Il domatore nella gabbia vuota

Berlusconi e il rigore mancato

Ora sono tutti lì a inveire contro di lui perché non solo non ha mantenuto la promessa di ridurre le tasse, ma anzi è stato costretto ad aumentarle. Come se ci volesse una crisi mondiale per svelare le zampe d’argilla del nano-titano della politica moderna.
Oggi Berlusconi, dopo decenni di imbrogli, profanazioni del buon gusto, inquinamento della morale, corruzione dei costumi, rischia seriamente di perdere la leadership di un Paese senza leadership per l’unica causa di cui non ha colpa: l’agguato degli speculatori internazionali.
Eppure si capiva già dal 1994 che per ridurre la pressione fiscale non servono le comparsate nel salotto televisivo di Vespa e i faccioni turgidi di cerone sui manifesti.
Per sanare l’economia, sia quella domestica che quella nazionale, occorre solo una cosa: rigore. Non lo insegnano all’università, basta vivere in un mondo che non sia popolato solo da yesman e donne a pagamento.
Rigore, quindi. Continua a leggere Berlusconi e il rigore mancato

Economia reale e scene surreali

E’ chiaro a tutti che la manovra economica di questo governo disgraziato è disperata. La speculazione che sta colpendo l’Italia è direttamente collegata allo stato di incertezza che si respira nella sala macchine di Palazzo Chigi. Se Berlusconi e Tremonti si mandano a quel paese – dobbiamo farcene una ragione – qualcosa cambia nelle nostre tasche. Perché ne risentono i mercati, le borse. Lo so che è difficile da digerire: vedere appese le nostre vite al filo di comunicazione tra quei due tipi là, è un segno di inutilità. L’economia reale vive di scene surreali.

Sacrifici necessari

In questo momento questi titoli sono entrambi nella home page di Corriere.it.

Tempestività

Provvedimenti d’urgenza.
Per fronteggiare la crisi economica, tagli ai partiti politici. Dopo quasi tre anni di declino economico mondiale.
Per scovare le spie che favorirono le stragi di mafia parte un’inchiesta sui servizi segreti. Dopo diciotto anni.

La soluzione del problema

La vignetta è di Gianni Allegra
La vignetta è di Gianni Allegra

C’è un fiorire di iniziative per raccogliere soldi a favore dell’Abruzzo terremotato. Lo Stato studia nuove tasse, una tantum, prelievi forzosi. Eppure non servono fini economisti né raffinati strateghi della politica per capire che c’è un immenso serbatoio da cui attingere: quello degli sprechi e delle sperequazioni.
Se un parlamentare guadagna in un mese quel che riesce a raccattare in un anno un maestro in pensione (forse anche non in pensione), la via da seguire dovrebbe essere scontata: togliendo 10 mila euro al mese a un parlamentare, quindi lasciandogliene “solo” 13 mila, si recupererebbero oltre 113 milioni di euro all’anno. E parliamo di 945 tra deputati e senatori (senatori a vita e altri fantasmi esclusi) su una popolazione di sessanta milioni di persone.
Stai a vedere che se qualcuno di noi si sforza, durante il fine settimana, trova il modo di turare le falle di crisi, emergenze e crac vari?

Il perimetro della crisi

La vignetta è di Gianni Allegra
La vignetta è di Gianni Allegra

Reduce da una missione lavorativa al Nord, mi corre l’obbligo di aggiornarvi sulle due parole, una figlia dell’altra, che ho sentito con maggior frequenza: riperimetrazione e perimetro. E dire che non ho frequentato esperti di geometria né scienziati (a meno che il mangiare bene non sia considerato una scienza).
Il perimetro di cui ormai  so tutto è quello aziendale, e la riperimetrazione altro non è che un’arma dei consigli di amministrazione contro quel nemico invisibile e velenoso che è la crisi, anzi La Crisi.
Per metafora, se la casa è troppo grande e dispendiosa si alzano nuovi muri e quel che resta fuori si parcellizza e si vende (o si affitta). Il problema è che insieme alle nuove stanze, frutto dell’espediente architettonico, si cedono anche gli occupanti.
La storia ci insegna che alle crisi ci si avvicina con passi lenti e occhi bendati. Solo alla fine ci si rende conto che non era il gioco della “mosca cieca”, ma una brutta realtà. Oggi i nostri perimetri si accorciano da un giorno all’altro. Saggezza imporrebbe che si imparasse per tempo a stare più stretti e scomodi (ma dentro il perimetro). Invece ci si ostina a progettare, per vizio e ideologia, nuove verande abusive sperando in un’inutile sanatoria.

Lo sballo del mattone

La vignetta è di Gianni Allegra
La vignetta è di Gianni Allegra

Il rilancio dell’economia italiana, in tempi di crisi nera, è tutto nel mattone. Secondo il nostro governo, per guarire l’enfisema del portafoglio bisogna provocare una metastasi dell’abusivismo. Insomma, un malanno scaccia l’altro.
La deregulation strutturale – possibilità di ampliamento delle abitazioni esistenti, abbattimento di edifici antichi con possibilità di ricostruirli altrove – è, per il trust di cervelli che amministra l’incolpevole cosa pubblica, l’unica via di salvezza. Soldi in cambio del perdono per un abuso.
Prima che gli esperti del signor B. si aggiuntassero nel loro atelier delle idee, qualcuno ha provato a obiettare che gli unici effetti che i condoni edilizi del 1994 e del 2003 avevano ottenuto erano quelli indesiderati, ma è stato bollato come pessimista, cianciatore e, peggio ancora, comunista (mancava l’appendice “di merda” dal momento che Bossi era fuori per il week-end e Borghezio era stato impegnato tutta la giornata a smanganellare un senegalese che aveva cercato di pulirgli il vetro dell’auto, ndr). La creatività degli artisti economici del signor B. non si può impantanare nei numeri del passato: loro veleggiano verso il futuro florido, verso il benessere, l’amore, la concordia. Il passato non c’entra un tubo, menagrami di merda (Maroni era di reperibilità, ndr)!
Eppure se solo i maestri di un simil pensiero avessero aperto le porte del loro concilio per un attimo, il primo usciere di passaggio avrebbe ricordato loro che, se proprio si voleva puntare sul mattone, sarebbe bastato investire sul recupero dei centri storici, sulla manutenzione del patrimonio edilizio (senza distruggere e ricostruire altrove). Avrebbe obiettato che un simile progetto orizzontale – più ricchezza per tutti – è in realtà verticale, cioè l’esatto opposto, perché coinvolge solo le classi benestanti, quelle che hanno casa di proprietà e che hanno soldi per ampliare a dismisura.
Che soluzione anticrisi è quella che coinvolge i meno affamati di un paese con lo spettro della fame?
Alle prossime elezioni il primo usciere che si candida, lo voto.