Aggiungi un fesso a tavola

A Palermo quattro fessi hanno organizzato una festa coi cartelli “save the planet” in una riserva della Lipu (che non è un ipermercato ma un’organizzazione che protegge gli uccelli). Che è come fare il Pride declamando orgogliosi il libro di Vannacci o come pretendere di spostare Salvini dal Papetee a Riace senza dj e donne in bikini.
Ma c’è di peggio.
Una torma (pressoché social) di palermitani che conosce il sito in questione, Isola delle Femmine, solo perché ci inciampa con lo sguardo quando è in coda sull’autostrada, ha scatenato una tempesta degna di un “effetto pecora” mondiale. Prima di oggi infatti quasi nessuno degli indignati commentatori aveva idea di cosa ci fosse su quell’isolotto, a parte un rudere scambiato per ex carcere e quattro rocce scacazzate dai gabbiani.

Siamo così, noi palermitani. La “Palermo bene”, definizione evanescente come chi la usa (autocritica), la scopriamo quando non siamo invitati, quando la corrente del veleno ci chiama, quando dire qualsiasi cosa equivale a esistere in qualsiasi modo. Eppure non sappiamo quasi nulla di ciò che ci circonda fin quando ciò che ci circonda non ci supera, ci surclassa. È il tipico fenomeno dell’ignoranza colpevole: se non ci vengono a citofonare non possiamo mai dire di essere informati su qualcosa. Mai che ci scappasse la lettura di un giornale, di un libro, di un testo che non sia diluito nel cristallo liquido di uno smartphone.

Nella città più sporca, più caotica e incivile ci si ritrova uniti nella maledizione ecologica contro quattro fessi coi cartelli che danzano per un paio di ore su un isolotto di cui non fotte un cazzo a nessuno.
La “Palermo bene” è la prima nemica di se stessa.
Di Palermo.
Del bene.
Della buona creanza.

P.S.
Non critico chi critica questi bicchieranti abusivi, ovviamente. Critico (e detesto) questa tendenza a plasmare ogni giorno un male assoluto. Con compiacente cattiveria e spregio della verosimiglianza.
Come se fossimo tutti vergini dell’ecologismo, come se non allordassimo quotidianamente parchi e giardini, come se ce ne fottesse qualcosa del decoro di una città sporca innanzitutto per colpa nostra.
L’indignazione on off è figlia di cervelli on off. Tutto qui.

Il ciclista del faro

Foto di Daniela Groppuso

Se avete un fine settimana libero o avete in programma di fare una vacanza in Francia, ho un consiglio da darvi. Prendetevi il tempo – bastano due giorni – per arrivare sino a Saintes Maries de la mer in Camargue. Lì affitterete una bicicletta – 10 euro per quattro ore, 15 per tutta la giornata – e pedalerete verso la riserva naturale. Dopo circa 15 chilometri arriverete al faro de la Gacholle, scatterete una foto come quella che vedete in questa pagina, ringrazierete Dio per avervi regalato due gambe solide e un panorama inaudito, e inizierete la pedalata di ritorno.
A Santes Maries de la mer vi accomoderete in uno dei tanti ristorantini che strillano i loro menù su colorati cartelloni in mezzo alla strada e con  altri 15 euro mangerete un’ottima paella che – incredibile ma vero – è una delle specialità del luogo (l’altra sono le moules et frites, cozze con patate fritte, roba per uomini di fegato, inteso come organo).