Tutto Grasso che cola

Conseguenze della discesa in campo nelle file del Pd del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.

Silvio Berlusconi propone un tecnico alla guida della procura nazionale antimafia, Marcello Dell’Utri.

Antonio Ingroia tira fuori le intercettazioni telefoniche in cui Grasso al telefono con mago Zurlì manifestava sospetto apprezzamento per “Quarantaquattro gatti” ai danni de “Il torero Camomillo”.

Pierluigi Bersani sente la vittoria in tasca, ma scopre con terrore che era una busta che gli aveva lasciato Filippo Penati.

Pier Ferdinando Casini si dichiara disponibile.

Totò Riina presenta domanda di aspettativa.

Mario Monti dichiara che l’unico grasso che conosce è quello alimentare e che a lui comunque non interessa in quanto segue una dieta rigorosissima, quella euromediterranea.

Antonio Di Pietro invita Grasso a cena a casa sua, ma l’incontro salta perché il neocandidato si perde tra 50 indirizzi diversi.

Pannella inizia uno sciopero della fame contro il cenone di capodanno.

Pier Ferdinando Casini ribadisce di essere disponibile.

Rosario Crocetta esprime apprezzamento e per augurare fortuna a Grasso celebra il rito sacrificale con l’ultimo addetto stampa a disposizione, sgozzandolo e bevendone il sangue.

C’è un supereroe che avanza

Se mi avessero detto che un giorno il sito ufficiale del Pd avrebbe avuto questa home page, avrei detto che quello sarebbe stato il giorno del giudizio (non per il partito, ma per l’umanità). Invece siamo tutti qui, più o meno sani e salvi, e il partito democratico celebra all’improvviso la leggerezza che non ha mai conosciuto. Le primarie dei Fantastici 5 ci consegnano un sorriso di compatimento e un dubbio: dato il riferimento al celebre fumetto della Marvel, chi è l’intruso? E di quali superpoteri dovrebbe essere dotato? Io suggerisco: tasche infinite.

Grazie a Giuseppe Giglio.

Crocetta e delizia

Non ho votato Rosario Crocetta, lo avrei fatto se non avesse condiviso (inspiegabilmente?) la sua strada con l’Udc, un partito che non ha nulla a che vedere con la sua storia di pilastro antimafia e di alfiere della libertà sessuale.
Eppure, ora che è stato eletto, sono contento. Per lui e per me.
Perché Rosario Crocetta è una delle persone più oneste che abbia conosciuto, perché ha la follia che serve per domare i contrattempi e perché un governatore omosessuale nell’isola del maschilismo più becero è una gran bella cosa.
Buon lavoro, governatore Crocetta, da uno che la contesta politicamente, ma che la stima personalmente.

Io, mammeta e tu

Ieri il deputato regionale uscente Pino Apprendi, del Pd, e candidato alle elezioni di domenica prossima ha postato su Twitter questa foto di un suo incontro elettorale.

Ne è seguito uno scambio di tweet.

La saggia compostezza con cui Apprendi ha aggirato la provocazione del sottoscritto mi ha spinto a complimentarmi con lui.

E soprattutto mi ha indotto a non aggiungere, amaramente: “Ecco perché perdete sempre”.
Una foto di un incontro elettorale al quale partecipano io, mammeta e tu non è un orgoglio da ostentare. Le regole della comunicazione, piacciano o no, dicono altro.
Poi uno è liberissimo di mostrarsi felice perché nessuno gli va appresso, ma questa non è strategia politica, è incoscienza.

Faccione bronzeo

Alle ultime elezioni regionali avevo votato Pd perché ritenevo pericolosa l’ascesa dell’Mpa di Raffaele Lombardo e perché non mi piaceva lo strapotere del centrodestra. Sapevo e/o temevo che il centrosinistra non ce l’avrebbe fatta, ma speravo in un’opposizione magari non proprio eroica ma tenace.
Lombardo vinse e il centrodestra col quale doveva governare finì presto all’opposizione soppiantato dal Pd, il mio partito, che si alleò con colui il quale non avrei mai votato.
Ieri ho visto i manifesti di uno di questi dinosauri della sinistra, un  professionista dello scranno, uno che se non facesse il deputato regionale non avrebbe come campare. Si candida di nuovo e promette battaglia, coerenza e blabla contro l’Mpa, contro il centrodestra.
Questo signore ha un faccione tondo e colorito. Sembra bronzo.

Caccia all’intruso

Berlusconi che non va da Vespa.

Rating & Poor’s che promuove l’Italia.

Alfano che non vuole parlare della Giustizia.

Bersani che fa lo spiritoso su Twitter.

Il giudice che perdona Ruby Rubacuori.

Il Pd che fa autocritica sul disastro primarie di Palermo.

 

Sembrano tutte notizie inverosimili, eppure solo una è inventata.

Pd, il disastro annunciato

Diciamolo, il Pd di quest’Isola è amministrato da un Cammarata senza yacht, senza intrallazzi e senza Martini. Quindi ulteriormente depotenziato (almeno, credetemi, per quel che riguarda il prodigioso effetto di un buon cocktail). (…)
Il vero problema non sono le primarie, ma un quesito primario: chi c’è alla guida di un partito che ha scelto come testa di ariete una rispettabile signora che politicamente ha inanellato una sconfitta dietro l’altra? Chi governa un corpo politico che con la mano destra appoggia un presidente della regione di schieramento avverso e con la mano sinistra fa finta di accarezzare un rottamatore che per sopravvivere deve sputtanare non già i suoi avversari istituzionali, ma i suoi stessi compagni di partito?

Questo scrissi meno di tre settimane fa qui. E, badate bene, questa non è un’autocitazione, bensì un modo come un altro per dire che chiunque (persino io) poteva prevedere il disastro delle primarie di Palermo: perché per il Pd di disastro si tratta.

Il fidanzato furbo

Ti lascio perché t’amo troppo, dice il furbo e stanco fidanzato. Così ha fatto Cammarata con Palermo il 16 gennaio. E Palermo non se l’è neppure presa. Né la città, né altri. Il fallimento di Cammarata era la ricetta elementare per una campagna elettorale di centrosinistra (anche da primarie) facile, veloce, liberatoria, persino divertente; tali e tante sciocchezze si sono viste fare e dire in questi anni. E invece no. La stupefacente sindacatura di centrodestra inventata da Gianfranco Micciché non è un tema, non è spettro da scacciare, non è slogan, non è memoria. E soprattutto non unisce.

Marina Turco su Mezzocielo.

 

Il partito stagionato

Se c’è qualcuno di voi che conosce personalmente Pierluigi Bersani, o che può arrivare a lui tramite pochi passaggi, dovrebbe per favore chiedergli di rispondere alla seguente domanda: perché il Pd che da anni ha grande familiarità con le sconfitte a tutti i livelli, non decide una buona volta di puntare su volti nuovi e sui giovani?
A guardare certe candidature a sindaco e soprattutto a esaminare la nomenclatura del partito viene il dubbio che il tempo per Bersani e compagni sia una variante ininfluente. Quasi come i risultati.

In fondo a sinistra

A Palermo il centrosinistra ha fatto un casino e le primarie sono saltate. E’ poco elegante dire che nel mio piccolo l’avevo previsto, lo so. Però siccome qui non stiamo a pettinare le bambole e sono parecchio arrabbiato per come è finita la vicenda, me ne frego e linko questo post che già quasi due mesi fa annunciava il disastro politico.