Orgoglio e giudizio

Accade questo. A Palermo un imprenditore subisce da anni rapine nei suoi negozi. Qualche giorno fa, dopo l’ennesimo colpo, decide di mettere online su diPalermo il filmato delle telecamere di sicurezza in cui si vedono chiaramente i volti dei due rapinatori. Ieri, a tempo record, i criminali vengono fermati dai carabinieri e riconosciuti dai testimoni. Per la prima volta l’imprenditore avrà qualcuno contro cui costituirsi parte civile.
Tutto lineare, semplice, diretto.
Azione, conseguenza. Senza orpelli e passi forzati.
Il primo che parla di giustizia sommaria o di clima da far west vince un viaggio premio nel Medioevo.

Ci sono giornali

Ci sono giornali che, come ha fatto il Giornale di Sicilia un paio di giorni fa, annunciano tardivamente una svolta moderna, telematica, supergiovane.
Il succo del discorso è questo: siccome c’è la crisi e non ci possiamo fare niente, siccome c’è internet e non ci possiamo fare niente, siccome siamo comunque bravi anche se perdiamo milioni di copie e non ci possiamo fare niente, noi che siamo moderni, telematici e supergiovani vi regaliamo un giornale sempre “più nuovo”.
E in cosa consiste la novità? Continua a leggere Ci sono giornali

Il cosiddetto popolo della rete

Sempre più spesso giornali e tv quando trattano idee e spunti che arrivano da internet usano la frase “il popolo della rete”. E’ un modo – sbagliato – di circoscrivere un fenomeno, di recintare una parte della popolazione.
In Italia le persone che hanno accesso alla rete, secondo le ultime stime, sono 38,5 milioni e, come si intuisce, è impossibile che siano coalizzate nel segno dello strumento che usano per interagire. Il popolo della rete è quindi una parte del popolo italiano che sceglie e si esprime tramite internet.
Quando si parla di risultati elettorali si dice/scrive mai del “popolo delle urne”? No, perché la cabina elettorale è un passaggio che serve a esprimere democraticamente una preferenza. Esattamente come il web serve a esprimere un’idea.

Contrordine, i lettori del web non sono scemi

Appare sempre più decisivo il ruolo del web nei meccanismi di diffusione della notizia. La recente tornata elettorale ci ha dimostrato – ma non ce n’era bisogno – che la partecipazione diretta dei cittadini alla consultazione e al decrittamento dei dati del voto produce ricchezza informativa. I lettori del web non sono, come qualcuno ormai in minoranza vorrebbe fare credere, meno prudenti di quelli della carta stampata. Sono solo più fortunati perché hanno più mezzi per accedere alle infinite stanze della realtà. Continua a leggere Contrordine, i lettori del web non sono scemi

Scherzi e notizie

Da tempo disquisiamo qui e altrove del peso e del ruolo di Twitter sulla gestione delle notizie. Ieri si è verificato il tipico cortocircuito tra verità e finzione, o peggio tra il sentito dire e il dire sentitamente. In breve, Vanity Fair ha scambiato lucciole per lanterne imbastendo un articolo su quello che in realtà era uno scherzo via Twitter di Gerry Scotti.
Il web, che è regno di superficialità ma anche di grandi approfondimenti, nulla perdona e nulla regala. Aggravante: sulla carta stampata le cazzate si dimenticano prima che su internet, perché è vero che scripta manet ma è anche vero che dipende dal supporto al quale sono affidati gli scritti. La carta, un tempo considerata il più sicuro custode delle memorie, cede il passo all’impalpabile testo online. Dove nulla si distrugge persino se poco si crea.
Dei giornali nulla rimarrà, ed è ormai questione di anni. Del web ci sara sempre una cache da rintracciare, copiare, diffondere.

Web, chi pensa ai contenuti?

C’è una corsa forsennata a prendere posizioni sul web, soprattutto sui social media. Tutti ad aprire account, a rimodellare siti. Solo in pochi, illuminati, si preoccupano anche dei contenuti, cioè di quello che bisogna infilare dentro questi meravigliosi pacchetti virtuali, confezionati con carta pregiata.
Vige in questo momento una logica attendista che in realtà nulla ha a che fare con la prudenza. Si dice: occupiamo uno spazio, mettiamo su una bella vetrina, tanto qualcosa accadrà tra pochissimo. Però aspettiamo che accada.
L’atteggiamento è sbagliato per tre motivi.
Primo. Il web non è un’altra realtà ma un’appendice della realtà. Un commerciante serio non aprirebbe mai un negozio senza nulla dentro solo per prendere possesso di un locale che non è prezioso né esclusivo.
Secondo. I contenuti sono essi stessi un prodotto, per di più altamente specialistico. Hanno un costo, ma consentono ricavi. Farne a meno non è una scelta, è una stupidaggine.
Terzo. Occupare asetticamente uno spazio web potrebbe urtare la suscettibilità del visitatore che fuggirebbe dal sito e difficilmente tornerebbe sui suoi passi.
Conclusione. Meglio non fare nulla se non si è certi di cosa si vuol fare.

Il web? Come la tv

Un tempo per legittimare una notizia o qualcosa di simile si usava la frase: “L’ha detto la tv”. Oggi si usa: “L’ho letto su internet”.
E il fatto di leggere qualcosa sul web piuttosto che vederlo in televisione dà implicitamente plausibilità alla notizia. Ma è davvero così? Cioè la rete garantisce una fruizione (non circolazione, badate bene) di notizie realmente libera?
Chi conosce bene certi meccanismi ci spiega che le cose stanno molto diversamente da come la maggior parte di noi possa immaginare.
Sul web siamo tutti tracciati e tracciabili. Ogni nostro movimento è seguito, decrittato, registrato. L’insieme dei nostri clic forma un enorme archivio che serve a studiare i flussi, i gusti, le tendenze. E’ un patrimonio di immenso valore economico di cui pochi hanno contezza.
Quando facciamo una qualsiasi ricerca, la rete ci offre un risultato che attinge da quell’archivio. Quindi ci fornisce ciò che suppone possa interessarci, non ciò che realmente ci interessa.
Quando sentiamo parlare di privacy sforziamoci di capire che si parla di libertà. La riservatezza dei dati infatti non riguarda solo gli illeggibili moduli che ad ogni contratto – dalla bolletta elettrica alla banca, dalla tessera del supermercato all’azienda di telefonia – ci tocca firmare. Coinvolge invece una parte importante della nostra vita sociale, quella che ha a che fare con il diritto di scelta, con la promessa che nessuno deciderà per te se non lo chiedi.
Insomma quando digitiamo qualcosa su un motore di ricerca è saggio tener conto che il suggerimento non è mai disinteressato. Come in tv insomma.

Teniamo lo Stato lontano dai nostri computer

Da più parti si è invocato un ministero per Internet. Monti, per fortuna, ha tirato dritto e non si è lasciato coinvolgere.
Il fatto che la rete sia ormai parte integrante delle vite di molti di noi non significa che automaticamente ci debba essere un dicastero ad hoc (si mangia molto sushi ultimamente e nessuno di noi penserebbe a un sottosegretario al wasabi). Internet è un ambito in cui valgono le regole come altrove quindi non c’è un’emergenza sicurezza. In più la Rete ha quell’allure di clandestinità (finta, eh!) che dà un che di esclusivo ai suoi circoli virtuali: chi mai vorrebbe peccare di ineleganza mettendo un prefetto su Twitter, o mandando gli ispettori da Anobii?
Ve l’immaginate un pachiderma burocratico tra i mille vicoli della rete? Sarebbe un disastro.
Tasse sul clic, permessi d’accesso, tunnel di silicio da Taormina a Bardonecchia, lodo per i pornazzi, legittimo impedimento di mouse, spread di ip, Ici sulla prima homepage, divieto di cumulo di wi-fi…
No, grazie. Per quanto è possibile, teniamo lo Stato lontano dai nostri computer.

Direttore non responsabile

C’è una sentenza della Cassazione molto interessante. C’è scritto, tra l’altro, che il direttore di una testata online non è responsabile dei commenti dei lettori. E che tra l’online e la stampa cartacea c’è differenza.

Il flop dei politici sul web

Uno stralcio dell’articolo di oggi su la Repubblica.

Dieci anni fa la politica considerava internet uno strumento aggiuntivo di informazione. I primi siti dei partiti erano infarciti con gli stessi comunicati inviati a giornali e agenzie di stampa. Il web era un megafono un po’ più potente, null’altro.
Oggi poco è cambiato e, soprattutto in Sicilia, la politica sembra continuare a ignorare l’importanza della rete nel generare partecipazione, affiatamento.
Il concetto di fondo per comprendere il senso di questa occasione perduta è quello di interattività: il lettore non è più soggetto passivo, ma interviene, suggerisce. Dà i suoi feedback, che dovrebbero essere merce preziosa per la politica: meglio di qualunque indagine statistica. Continua a leggere Il flop dei politici sul web