Una storia da manuale

La storia è da manuale. Come probabilmente sapete un “esperto tecnoinformatico, consulente in comunicazione, operatore audiovideo, scrittore, event planner” che si chiama Davide Guida è stato condannato in via definitiva per diffamazione dopo avermi ucciso sul web nel 2011. La sentenza è chiara e in qualche modo rappresenta una pietra miliare dato che parliamo di fake news ante litteram. Quello che apparentemente manca è il movente.
Però quello ve lo ricostruisco io con ragionevole approssimazione.
Esiste un collegamento (di IP) tra il sabotaggio della mia voce su Wikipedia e le provocazioni che si erano accese proprio il giorno prima su questo blog in questo preciso post in cui si parlava della propensione politica del centrodestra campano per le belle ragazze. Nello specifico si faceva il nome di una signorina che lega il post in questione a Guida. Questa ragazza – che ovviamente non ha alcuna colpa – viene indicata nel mio post (con foto) in un contesto ironico sulla situazione politica campana nel 2010. E la stessa signorina è una sorta di ossessione per Guida che, nel corso degli anni, le dedica su Facebook centinaia di post di ammirazione. Addirittura, due giorni dopo essere stato interrogato dalla polizia mette online una foto che lo ritrae insieme a lei come profilo del suo account Facebook.
Insomma in mancanza di altri possibili moventi, questo è quello più grottescamente probabile: una sorta di vendetta, un sabotaggio per d’onore. O chissà.
Resta un’ultima considerazione: un “esperto tecnicoinformatico” che si fa scoprire senza troppa fatica tramite il suo IP non è proprio garanzia di inossidabile professionalità. Ma ognuno è libero di scegliersi l’esperto che vuole.
Ve lo dicevo che questa è una storia da manuale. Di istruzioni.

Trattative e populisti

calogero mannino

Io non so se la “trattativa Stato-mafia” ci sia stata o no. So che mi devo affidare a un metro comune (cioè che sia uguale per tutti) per misurare l’attendibilità di una tesi. E ora che Calogero Mannino è stato assolto non mi piace celebrarne le doti di statista (che non gli riconosco) così come non mi piace gridare al complotto anti-antimafia (dato il pm in questione era Nino Di Matteo). La verità è che in questa inchiesta sono venute a collidere le forme più virulente di populismo: da un lato il partito dei partiti che vedono giudici politicizzati dovunque, soprattutto quando si esaminano le fedine penali dei loro iscritti; dall’altro le truppe degli squadristi antimafia che ritengono punciutu chiunque non la pensi come loro. Continua a leggere Trattative e populisti

Saviano condannato per il reato di sopravvivenza

roberto-savianoNon mi piace il Saviano scrittore, dell’altro Saviano so poco e nulla. Credo però che adesso si debba evitare il seguente ragionamento semplicistico: siccome i boss che avrebbero minacciato lo scrittore sono stati assolti, lo scrittore stesso non aveva diritto di esistere come caso editoriale.
E ciò perché una cosa sono le minacce di delinquenti, più o meno provate, un’altra è il reale disagio sociale, culturale e fisico nel quale Saviano è stato costretto a vivere.
Per farla breve, provo a cedere io al ragionamento semplicistico: quando c’è di mezzo la sicurezza, la dietrologia è il miglior modo per sbagliare. Giudicare una persona a rischio come fanfarona solo perché non è stata ancora accoppata o solo perché non si è fatta acchiappare dal casalese di turno, è un torto alla ragione più elementare: sopravvivere non è ancora reato in questo Paese. Come non lo è scrivere libri sopravvalutati. O sparare a zero contro tutto e tutti dal comodo divano di casa.

A futura memoria

Stefano Cucchi

Chi
Uccide
Con
Complici
Ha
Immunità

Cammarata e il delitto perfetto

diego cammarata palermo

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Si dice: non esiste il delitto perfetto, esistono investigatori distratti. Eppure a leggere le motivazioni della sentenza emessa dalla quarta sezione della Corte d’Appello di Palermo sul crac dell’Amia, c’è da rimanere a bocca aperta. Il delitto perfetto esiste ed è stato consumato una decina di anni fa sotto gli occhi di tanti testimoni quanti sono gli abitanti di questa città.
L’ex presidente dell’Amia Enzo Galioto e l’ex direttore generale Orazio Colimberti pur essendo ritenuti responsabili di un falso in bilancio da 61 milioni di euro – “artefici in prima persona”, scrivono i giudici – se la sono fatta franca. E chi ha reso possibile tutto ciò? I giudici non hanno dubbi: l’ex sindaco Diego Cammarata, che nominò e riconfermò quei dirigenti, che li coprì nelle loro malefatte –  “Il Comune condivise totalmente le scelte operate dagli imputati”, è scritto nella sentenza – e che li mise al riparo dalla legge rifiutandosi di presentare querela e evitando così il prolungamento dei tempi di prescrizione.
Se fosse un libro potrebbe essere qualcosa di simile ad “Assassinio sull’Orient Express” di Agatha Christie. Nel romanzo un uomo viene ucciso sul treno che viaggia da Istanbul a Londra. Hercule Poirot indaga e scopre che i colpevoli sono tutti i dodici occupanti del vagone e che, soprattutto, la vittima meritava una sorte così atroce. E’ per questo che alla fine l’investigatore decide di sposare un’altra verità, più comoda e forse giusta, attribuendo il delitto a una mano sconosciuta che non verrà mai identificata. Una versione più pura e meno bavosa di quel luogo comune che oggi rimbalza nelle bocche di molti inquisiti: tutti colpevoli, nessun colpevole. Continua a leggere Cammarata e il delitto perfetto

Sul web più controlli, più rischi di essere colpevole

La Corte europea per i diritti dell’uomo ha stabilito che i siti web sono responsabili dei post anonimi offensivi. La decisione aggiunge confusione in un campo sul quale, nel 2010, era entrata a gamba tesa la Cassazione stabilendo che in caso di contenuti diffamatori, il regime di responsabilità previsto per il proprietario del sito web è diverso da quello previsto per il direttore di una testata giornalistica: infatti su internet, secondo i giudici, vi è un alto tasso di interazione e di velocità che rende impossibile la gestione e controllo dei contenuti.
Ora la Corte di Strasburgo dice invece che il portale è pienamente responsabile, specialmente in quei siti in cui è attiva la moderazione dei commenti. Ciò ci consegna il seguente paradosso: più controlli, più sei colpevole, perché ti assumi la responsabilità di ciò che hai lasciato passare. Se invece te ne freghi, vivi felice.

Diluvio o Porto Cervo?

diluvio universale

Dunque se Berlusconi fosse condannato in modo definitivo sarebbe un disastro non solo per l’ex premier ma per l’intero Paese. Silvio infatti non si accontenterebbe di un esilio dorato tipo Craxi, ma preferirebbe finire in galera in modo da martirizzarsi a puntino. Immolandosi, darebbe così il la alla sinfonia di proteste che culminerebbe nelle dimissioni in massa dei 200 parlamentari del Pdl. A catena, crisi politica e diluvio universale.

Se invece la Cassazione lo liberasse dall’infamia di una (una?) condanna ingiusta, il sole sorgerebbe più splendente che mai, i ristoranti tornerebbero a riempirsi e il Pd vivrebbe felice e contento votando, governando e patteggiando fraternamente col centrodestra. A catena, fallimento dell’azienda Italia, suicidi di massa, ma almeno niente punizioni bibliche. L’Arca resterebbe ormeggiata a Porto Cervo.

Ottimismo

denise-pipitone-scomparsa-nel-2004

Quando rapirono Denise Pipitone, a parte l’angoscia per la scomparsa di una bambina di quattro anni, mi colpì l’ottimismo dell’allora procuratore capo di Marsala, Antonio Silvio Sciuto, che coordinava le indagini.
Denise fu rapita il primo settembre del 2004. Cinque giorni dopo il magistrato annunciò: “La bambina è viva e si trova a Mazara, vittima di un ricatto, di una punizione da parte di un conoscente della famiglia” (la Repubblica 7 settembre). E addirittura si sbilanciò ottimisticamente: “Confidiamo in un passo falso di chi tiene segregata la bambina” (Corriere della Sera, 7 settembre).
Poi il nulla. Sino a oggi quando questo nulla ha trovato la sua certificazione processuale.

Direttore non responsabile

C’è una sentenza della Cassazione molto interessante. C’è scritto, tra l’altro, che il direttore di una testata online non è responsabile dei commenti dei lettori. E che tra l’online e la stampa cartacea c’è differenza.

(…)

Siccome c’è un’odiosa sentenza che mette in dubbio la libertà di chi, come me, scrive con assiduità su un blog, preferisco tacere per oggi. Tanto per togliere elementi a chi vorrebbe accusarci di stampa clandestina.