Uno stralcio dell’articolo di oggi su la Repubblica.
Dieci anni fa la politica considerava internet uno strumento aggiuntivo di informazione. I primi siti dei partiti erano infarciti con gli stessi comunicati inviati a giornali e agenzie di stampa. Il web era un megafono un po’ più potente, null’altro.
Oggi poco è cambiato e, soprattutto in Sicilia, la politica sembra continuare a ignorare l’importanza della rete nel generare partecipazione, affiatamento.
Il concetto di fondo per comprendere il senso di questa occasione perduta è quello di interattività: il lettore non è più soggetto passivo, ma interviene, suggerisce. Dà i suoi feedback, che dovrebbero essere merce preziosa per la politica: meglio di qualunque indagine statistica.
Invece se andate a cercare il sito personale del sindaco di Palermo, Diego Cammarata, o il suo account di Twitter, non troverete più nulla. Idem per il presidente della Provincia di Palermo, Giovanni Avanti, il cui dominio è tornato ad essere disponibile sul mercato: chiunque lo può acquistare a 5,99 euro più iva su Tophost. Ancora, a cercare l’homepage personale del sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca si arriva a un bivio: un indizio di Wikipedia porta a un binario morto (peppinobuzzanca.it), un sussurro della logica porta invece a una pagina (giuseppebuzzanca.it) di proprietà di un’azienda di marketing messinese. Non va meglio col sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, il cui dominio è ora di proprietà di una società olandese. E se il primo cittadino di Siracusa, Roberto Visentin, ha un sito in perenne lavorazione e una pagina di Facebook aggiornata al luglio del 2010, il suo collega di Caltanissetta, Michele Campisi, ha un canale su Youtube che risale ai tempi della sua elezione (2009) e un rimando a un blog che non risulta essere attivo.
Eppure i siti c’erano, belli e colorati. Ce li ricordiamo durante le campagne elettorali: tutto uno spumeggiare di post, gallerie fotografiche, video. Poi, a elezione avvenuta, il lento distacco dal web, come se i consigli e le istanze dei cittadini si dovessero vagliare solo quando il voto deve ancora arrivare. Quel confronto che il politico cerca quando è nel limbo della candidatura, lo sfugge non appena viene eletto: nella maggior parte dei casi funziona così, e internet pullula di prove.
C’è però chi mostra di accettare il gioco della partecipazione diretta per via telematica, anche se con più di un filtro. (…)