Intanto vaffanculo

miccoli in lacrime

Mi hanno colpito le lacrime di Fabrizio Miccoli, il mio capitano, l’idolo che ha tradito la mia fiducia. Forse lo perdonerò, forse no.
Intanto vaffanculo.

Gli italiani in minoranza

Domenica, invece, saranno solo due gli italiani nello schieramento titolare, Donati e Brienza. L’InternazionalPalermo sarà poi composto da un albanese, due svizzeri, un paraguaiano, due sloveni e tre argentini.
Così Alessandro Amato su diPalermo.

Perché vengo messo in discussione?

Ho 33 anni, ma sto bene, non ho saltato un allenamento e ho tanta voglia di giocare. Non sono dispiaciuto per le due panchine consecutive, a me dispiace che ogni anno debba sempre ripartire da zero. Non mi piace che gli altri mi dicono che sono vecchio e che posso giocare trenta minuti. Io ho sempre avuto le motivazioni giuste per scendere in campo, solo che sono state fatte delle scelte.  Perché vengo messo in discussione?

Fabrizio Miccoli, inopinato panchinaro e autore di tre reti e mezzo nel primo match vinto dal Palermo nel campionato 2012-13.

Iu scpero di grandi stasgioni

Dura la vita estiva dei giornalisti sportivi. A parte i più fortunati, che si fanno la vacanza pagata nelle località montane in cui le squadre di calcio sono in ritiro, tutti gli altri devono impastare e cuocere le dichiarazioni di ragazzotti appena sbarcati in Italia e imbandire pagine e pagine su concetti gonfi d’aria come un pallone. “Iu scpero di grandi stasgioni e moltissima gol”, diceva ieri in tv un aspirante goleador importato dal sudamerica da non so quale società. E il concetto è fotocopiato, e fotocopiabile, in ogni intervista di ogni calciatore di ogni nazione (gli italiani parlano anche peggio di un centravanti serbo che non ha mai messo piede nel nostro Paese).

1) Siamo qui per vincere.

2) Abbiamo fiducia nel mister.

3) Serve coesione.

4) Darò il massimo per il mio pubblico.

E’ così da sempre. O almeno da quando il calcio ha monopolizzato i neuroni dell’italiano medio in vacanza. Per fortuna oggi iniziano le olimpiadi e le parole torneranno a valere per quello che sono. Aria fritta. E pure male.

La vergogna di Radio Padania

La vergogna non sta nel fatto che questi quattro poveracci, nati inopinatamente in Italia, pensino di vivere in una regione/nazione che non esiste. Ma che da quello Stato che offendono giorno dopo giorno succhino circa 700 mila euro all’anno.

Via @pecalc su Twitter.

Raffinatezze

Perché Balotelli non mi piace

La frase è: “Bravo, ma insopportabile”. Che spesso si traduce in: “E’ un talento sprecato”. Mario Balotelli è bravo ma insopportabile e via dicendo.
La sua fragilità nervosa rompe spesso la concentrazione di tutta la squadra. E non bastano i suoi gol a fare da collante.
Ho una smodata ammirazione per i grandi solisti, e lui non lo è. Né grande né solista: troppo volubile, troppo debole nelle intenzioni.
Un campione non si può basare solo sulla prestanza fisica, perché quella gli è stata prestata dalla natura. E Balotelli non ci mette niente di suo, a parte qualche gesto di intolleranza.

Ognuno parli di ciò che sa

Il problema di Antonio Cassano non è la frase sugli omosessuali né la sguaiataggine mentale di uno che di mestiere ha sempre tirato calci a un pallone, ma il circo nel quale si esibisce.
Il mondo del calcio si occupa sempre meno di calcio e sempre più di altro. E dire che quel mondo era nato come realtà parallela per distrarsi dal resto, cioè per non pensare ad altro. Invece le nefandezze dalle quali fuggivamo per quei benedetti novanta minuti a settimana (prima si giocava come si andava a messa, una volta ogni sette giorni) ora ce le ritroviamo ogni giorno, dentro e fuori dai campi da gioco, prima e dopo il fischio d’inizio, con o senza scie giudiziarie.
Antonio Cassano è un campione nel suo sport, il che non fa di lui automaticamente un maestro di pensiero. Ha tutti i numeri per parlare di dribbling e falli in area, ma non ha gli strumenti culturali per discettare d’altro. E’ notoriamente un ignorante quindi non gli si può piazzare davanti alla bocca un microfono in eurovisione e farlo rispondere a ruota libera. E’ questo l’errore che si commette nel circo del calcio: far ruggire chi non è tigre, far danzare chi non è ballerino.
Non è la moratoria proposta da Monti la soluzione più idonea per raddrizzare le gambe storte di un mostro miliardario, ma forse un passo (indietro) di prudenza.
Ognuno parli di ciò che sa, il resto è tassativamente vietato. Per contratto.

Un Paese senza calcio

Pur essendo un tifoso, non mi sconvolge la provocazione di Monti che ipotizza uno stop generale del calcio italiano per un paio d’anni, il tempo di azzerare scandali e viziacci. Potrei essere anche d’accordo a patto che quello proposto dal premier sia un modello.
Azzeriamo pure tutti i consessi, le organizzazioni, i sodalizi, gli organi elettivi, i vertici, le società che non funzionano. Fermiamoli e aspettiamo che il motore si raffreddi prima di cambiare gli ingranaggi consunti. Verifichiamone in tal modo il reale peso sulla società: niente niente si scopre che si può far a meno di qualcosa di costoso e che ciò che sembrava necessario è invece superfluo.
Un Paese senza calcio può vivere benissimo. A patto che non ci si illuda che il calcio ne incarni in toto i vizi e i difetti.

Interisti e perdenti

Sapevo – giuro che lo sapevo – che quegli anni di successi ingordi sarebbero stati una parentesi e che presto o tardi saremmo tornati alla nostra rassicurante dimensione da nobile decaduta, seppur fiera e altera.

Francesco Massaro racconta meravigliosamente la sua fede interista.