Il coccodrillo come fa?

Giuseppe Giglio mi invia questo foto con allegata spiegazione.

“Quello che vedete è un grande cartello pubblicitario esposto all’aeroporto dell’isola di Langkawi, in Malesia.
Reclamizza una crocodile farm ovvero una sorta di zoo-fattoria, dove si possono amminare i coccodrilli.
Naturalmente, come ogni sito turistico che si rispetti, è incluso nel tour dei padiglioni lo spettacolino  e… la boutique di souvenir. Che, per l’appunto, è stato ritenuto opportuno pubblicizzare nel medesimo cartello, in alto a destra”.

Il Tg1, Bossi, il ponte sullo Stretto

Ogni sera, nel torpore agostano di un Tg1 che in quel torpore sguazza felice e realizzato, c’è un servizio su Bossi che biascica dittonghi senza esito e parla di un’entità geografica che non esiste, la Padania. Eppure, lui che è ministro per il Federalismo dovrebbe stare attento a rimanere all’interno dei confini del geograficamente plausibile.
Poi ieri sera è andato in onda un servizio dal titolo: “Ponte sullo stretto, un’opera che divide” (lo trovate qui, al minuto 25,39, dopo una gaffe tecnica che mostra una demolizione militare al posto della costruenda opera). L’ho visto con curiosità. L’ho anche rivisto su internet, per essere certo di aver capito bene.
Un’opera che divide? Nel servizio, a parte due frame, non c’è voce discordante rispetto al progetto del governo: un altro errore da matita blu per Augusto Minzolini, soprattutto tenendo conto del titolo fuorviante. Eppure, lui che è direttore del Tg1 dovrebbe stare attento a rimanere all’interno dei confini del giornalisticamente corretto.
A proposito di confini. Tra Bossi che invoca la supremazia della Padania e Berlusconi che vuole gettare ponti verso le propaggini dell’impero, io sono a favore del primo. Si dia ai padani quel che è dei padani. Ma si lasci agli isolani – che vivono da sempre di mare a nord, sud, est e ovest – la possibilità di essere lontani, difficili, isolati.
Quanto al ponte, non mi stanco di citare il meraviglioso articolo di Gesualdo Bufalino su la Repubblica del 19 settembre 1985. Che così si concludeva:

Con tutto ciò, come negare l’ esistenza del tumore Sicilia e delle sue minacciose metastasi d’esportazione? E’ un morbo vecchio di secoli, ma non saranno nè la segregazione nè l’ aggregazione a salvarcene: nè una chirurgia che ci amputi, nè un ponte che ci concilii. Occorrono cure diverse, e io dico timidamente: libri e acqua, libri e strade, libri e case, libri e occupazione. Libri.

(Quasi) tutti al mare

Foto di Paolo Beccari

Italiani in vacanza secondo il ministro Brambilla: 30.000.000
Secondo l’Oservatorio Europcar di Doxa: 29.000.000
Secondo Federconsumatori: 25.000.000
Secondo Assoedilizia: 39.000.000

Italiani che vanno al mare secondo il ministro Brambilla, in percentuale: 62
Secondo Federalberghi: 74
Secondo Assoedilizia: 55

Fonte: il Venerdì di Repubblica, Doxa, Federconsumatori, Assoedilizia

Roulette russa

Le lettere-testamento recapitate ieri alle quattro principali autorità dello Stato, Francesco Cossiga le scrisse nel settembre del 2007. L’unica che è andata a segno è quella al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che già allora era al Quirinale.
Le altre, ironia della sorte, sono finite agli antipodi. Quella scritta mentre il premier in carica era Romano Prodi è stata consegnata a Silvio Berlusconi. Quella per il presidente del Senato, anziché trovare Franco Marini ha beccato Renato Schifani. Quella per il presidente della Camera è stata ricevuta da Gianfranco Fini anziché da Fausto Bertinotti.
Non so perché, ma piuttosto che agli incroci del destino in questi casi mi viene da pensare alla roulette russa.

Rettifica: è morto

de La Contessa

Viene da rimpiangere l’ipocrisia democristiana. O le allusioni maliziose di Cossiga, che per fortuna sta un po’ meglio.

Aldo Cazzullo sul Corriere (e sul corriere.it ancora oggi).

Se cade un Petruni

E’ accaduto ieri.  In tutti i collegamenti in diretta e con compulsività patologica, Susanna Petruni nella sua trivalente veste di inviata a Siena, di vicedirettore del Tg1, di berlusconista osservante (e purtroppo praticante), ci ha ricordato come la tragica morte del turista francese alla vigilia del Palio non sia la conseguenza di qualche magagna umana, dell’incuria pubblica o di un cedimento strutturale, ma di una strana maledizione.
Va bene la nota di colore, va meno bene l’inseguire la superstizione sino a farla diventare elemento fondante della cronaca.
Il male che viene dall’alto (anche se sotto forma di pezzo di cornicione) nella logica della trivalente Petruni, ha ragioni che vanno cercate nella cabala, nei colori dei gonfaloni, o chissà nei fondi di caffé.
Non c’è mai una ragione razionale, a certe latitudini di ragionamento, per le sventure di noi umani. Del resto il partito dell’amore, nei cui confronti la Petruni non nasconde devozione, ha vietato ogni legame di casualità con quel che normalmente accade. Se viene giù un palazzo o il mibtel, ci sarà un motivo: odio o sfiga. Mai una responsabilità personale.

Malignità

de La contessa

Che altro lido poteva mai scegliere la Tulliani?

Da Repubblica.it.

Il destino ineluttabile del coatto

Come era tristemente prevedibile, Debora e Romina, meglio note come le coatte di Ostia, sono diventate un fenomeno dell’estate.
Se non fosse imbarazzante da pronunciare, la parola che più potrebbe dare un’idea della loro situazione sarebbe: successo.
Le due ragazzine che – ricordiamolo – sono diventate un fenomeno mediatico per aver risposto a domande fesse in modo ancora più fesso (in una lingua che traveste gli strafalcioni da espressione dialettale), adesso hanno addirittura un agente che seleziona per loro proposte televisive, cinematografiche, eccetera.
E’ il destino ineluttabile del coatto che, per fortuna o altro, riesce a guadagnarsi un minuto davanti alle telecamere. Il premio immeritato che non sorprende più nessuno al di fuori del premiato.
In un capovolgimento di mare e cielo, di sapienza e ignoranza, di meraviglioso e orribile, le coatte di Ostia non hanno alcuna colpa se non il compiacersi della propria feconda ignoranza.
Andranno lontano e, quel che è peggio, non smetteranno di parlare quello slang bullesco che – loro non lo sanno – toglie freschezza alla loro giovinezza.
D’altro canto il giorno in cui impareranno la consecutio temporum, sarà la loro fine.

Sentirsi frigo

Guardate dentro il vostro frigo, in questi giorni di agosto. Scommetto che, nella stragrande maggioranza dei casi, lo troverete semivuoto o comunque non pieno.
Se, come si dice, siamo quel che mangiamo, il nostro frigo è lo specchio delle nostre intenzioni. Chi non è in vacanza, in questo periodo ha poca voglia di trastullarsi tra i fornelli e chi invece è in giro sarebbe uno stupido se lasciasse la roba a invecchiare in frigo.
Questo per dire che, ad agosto, pur essendo un tirchio (che ormai vive ritirato) mi piace andare a mangiare fuori e sentirmi quasi normale.

Vietato commentare

Cartello appeso in via Alloro, a Palermo.

Foto di Paolo Beccari.