Google vestito di nuovo

Pare che sia pronta una nuova versione di Google, chiamata Caffeine, con un algoritmo in grado di dare risultati ancora migliori.

Murdoch e la notizia invisibile

Rupert Murdoch ha già da tempo annunciato una crociata contro tutto ciò che è gratis nel web. Adesso pensa di tagliare fuori i motori di ricerca. L’idea è questa: non appena i contenuti dei suoi siti saranno a pagamento, la modifica di un file li renderà inaccessibili e/o invisibili a Google e compagni.
La questione non è da poco.

La verità

L0illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

Quelli di PolitiFact, emanazione diretta del St. Petersburg Times, spendono gran parte delle proprie energie nell’Obameter, un metodo analitico per verificare le promesse del presidente degli Stati Uniti, Barak Obama.
Fatte le dovute proporzioni, anche il giornale per cui lavoravo adottava un sistema lontanamente simile per vagliare le promesse degli amministratori. Solo che alla fine, quando si tiravano le somme, non c’era mai un bocciato: al limite si inscenava una ramanzina, finta quanto bastava per giustificare, il giorno dopo, un’intervista riparatoria.
Se ci fosse stato un campionato delle verifiche senza giudizio, quel giornale avrebbe vinto facendo giocare soltanto le riserve.
La specificità italiana del problema della verità ovviamente non è soltanto del quotidiano nel quale lavoravo, ma di tutta la stampa.
E a leggere la notizia di PolitiFact sale in bocca il sapore amarostico del grottesco.
In America la verità trova comunque una sua unità di misura: c’è ancora modo di dire pubblicamente che quel tale è un bugiardo e deve tornarsene a casa, quell’altro è una carogna ma è sincero, quell’altro ha mentito per un motivo più o meno plausibile, quell’altro ancora è un farabutto e basta. Non ci sono santi (l’America è – al contrario – il diavolo per molti) però non ci sono nemmeno santificazioni per decreto.
Dalle nostre parti è molto diverso. Un Obameter morirebbe per asfissia nel giro di poche ore. Il potere politico preminente inviterebbe il popolo a diffidare di chi misura il valore delle azioni di governo e anzi esorterebbe gli inserzionisti a non finanziare una simile attività sovversiva.
In America invece chi ha un’idea del genere vince il premio Pulitzer.

Oops

repubblica 29-10

Un refuso in linea coi tempi che corrono. Ieri su Repubblica.it.

Via Pazzo per Repubblica.

Il pedigree del politico

monogamia
La vignetta è di Gianni Allegra

Una volta, fino a una quindicina di anni fa, i politici erano trasparenti, pur nella loro opacità. Si sapeva chi rubava, chi era onesto, chi era spalleggiato dalle cosche, chi prometteva bene e chi manteneva male. E la cronaca era ancora il regno della verosimiglianza.
Oggi non c’è certezza neanche di un’opacità deludente. Nella corsa all’ultimo veleno, spioni e gaffeurs fanno a gara a chi alza più veli,  scoperchia più pentole, sfonda più porte, registra clandestinamente, filma di nascosto, trama, tratta, rivende.
Il dubbio è: per offrire adeguate garanzie all’elettorato servirà più un certificato penale o un pedigree?

La dose minima di cronaca

La foto è di Daniela Groppuso
Foto di Daniela Groppuso

La dose di cronaca quotidiana minima consiste, a mio avviso, in due-tre pagine di giornale o, a scelta, in una media porzione di tg delle 13 (quello serale è come i peperoni, per sostanza e orario è a rischio indigestione). Da qualche giorno cerco disperatamente di attenermi a questa prudente posologia, perché lavorando con la scrittura e con il briciolo di creatività di cui la natura mi ha fatto dono, ho notato un certo inaridimento del mio prodotto: più forme geometriche che illusioni, più ragione che cuore, più muscolo che senso.
Con ciò non mi sogno di indicare le geometrie, la ragione e i muscoli come simboli dell’aridità, contrapposti alle fecondità-profondità indiscutibili del cuore, dei sensi e di certe illusioni.
Però mi permetto di indurvi a una riflessione: quanto vi toglie la cronaca?
E’ davvero fondamentale contare i peli ripresi da una telecamera nascosta durante l’amplesso clandestino di un noto esponente politico? O piuttosto può assumere i contorni dell’urgenza il bisogno di storie narrate? Pesa di più un verbale di polizia esclusivo o una pagina di letteratura che può essere letta da chiunque? E’ più nutriente un resoconto giornalistico o una riflessione d’autore?
Certo, messe così, queste domande suscitano una risposta condizionata.
“Cosa preferisci tra un libro e un giornale?”.
“Libro, certo!”. E poi è uno che si addormenta col quotidiano spalmato addosso.
Allora credo che l’unica soluzione sia quella che preveda soltanto la dose minima di cronaca. Cercando di resistere alle deviazioni lisergiche dell’ultimo scandalo della politica italiana e cedendo a quelle suggerite dall’unica persona in grado di toglierci il sonno, scuoterci, ferirci, commuoverci, meritando solo riconoscenza: il nostro scrittore preferito.

Cattiva notizia

Pare che Phil Collins, da quando ha subito un intervento chirurgico alla colonna vertebrale (aprile scorso), non possa suonare la batteria.

Complotto internazionale

Secondo Romina Power, l’influenza suina sarebbe un’arma biologica “deliberatamente utilizzata per la riduzione della popolazione mondiale”.
Insomma c’è la salvezza del pianeta in ballo (del qua qua).

Olimpiadi a Palermo? Strano

Mi ha detto mio cuggino che Palermo si candida alle Olimpiadi del 2020 e mi è andato il boccone di traverso. Poi mi ha detto che per certe notizie ci vuole proprio un assessore strano e ho ricominciato a respirare. Quando mi sono ricordato che Strano è un cognome mi sono ripreso del tutto. E ho detto: ancora vino, per favore.

Appelli e orpelli

L'illustrazione è di Gianni Alllegra
L'illustrazione è di Gianni Alllegra

L’onda degli appelli telematici si scatena a ogni grande evento di cronaca, come uno tsunami che segue tragicamente lo sconquasso di una porzione di crosta terrestre.
Ne parlo con il massimo dell’autocritica. Nel senso che nel recente passato ci sono caduto anch’io, e ciò non vuole rappresentare alcuna attenuante.
Solo che andare appresso a uno sconsiderato che, nonostante il proprio ruolo istituzionale, si lancia con tutta la ruvida maleducazione possibile contro chiunque non la pensi come lui è cosa pericolosa. Quasi quanto il dare luogo a seriali iniziative di protesta che, seppure incanalate, previste, attese, non danno la certezza di successo di pubblico e di critica.
Perché è l’effetto sorpresa delle rivoluzioni pacifiche quello che la storia ha sempre premiato. Perché anziché mandare le foto a Repubblica autocertificandosi come “farabutti” o come “donne offese dal premier” si può scegliere di mandare un messaggio a quelli del Pd (o a un altro ectoplasma di opposizione). Della serie: “Se questo signore mi offende, la colpa è vostra e del vostro ombelichismo perdente” (ombelichismo è un bel rischio, per i sinonimi fate voi). Oppure si può scrivere direttamente  a Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370, 00187 Roma, o a redazione.web@governo.it.
Oppure, per i più pazienti, si può prendere un appunto per le prossime elezioni.
Il lanciarsi a spada tratta in campagne anonime e populiste (ripeto: io ammetto di averlo fatto) non deve illudere: queste adunate virtuali non servono a nulla se non a darci l’illusione che la coscienza si possa lavare col Vetril.
Quando si tratta di firme, persone fisiche, dati certi, le uniche cose che contano sono una carta d’identità e l’uso che se ne fa.
Se poi per sentirsi meglio ci si trastulla con le manifestazioni esibizionistiche allora è segno che quando l’onda è alta c’è chi si riduce a pensare che l’unico modo di sfuggire allo tsunami sia quello di svuotare il mare con paletta e secchiello.