Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.
Ce lo chiede l’Ars. L’assessore comunale alla mobilità Giusto Catania giustifica così l’esilarante teatrino di parcheggi che scompaiono e riappaiono in piazza del Parlamento. E in questa giustificazione figlia dei tempi che corrono, anzi che arrancano, c’è tutta una filosofia governativa che dal “ce lo chiede l’Europa” al “ce lo chiedi tu” rinvia sempre ad altre mani quel che scotta.
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Prendete la commessa di un negozio del centro e chiedetele come fa col parcheggio, dato che nella zona in cui si spacca la schiena dalla mattina alla sera trovare un posto di lavoro è già difficilissimo, ma trovare un posto per l’auto è impossibile. Vi risponderà che usa i mezzi pubblici, o va in motorino, o si fa dare un passaggio dalle sue scarpe, come tutti gli altri lavoratori del mondo moderno. Tutti, tranne i deputati regionali e i dipendenti dell’Ars che hanno bisogno del parcheggio accanto alla scrivania: gente che se esistesse il teletrasporto riuscirebbe a far passare una leggina di privilegio fotonico.
Ormai non servono commissari dell’Unesco per misurare il nostro grado di civiltà urbanistica, servono commissari di pubblica sicurezza che misurino il grado di malcontento popolare. Tutti questi mesi di studio matto e disperatissimo (più matto, a dire il vero) per mettere un paio di cartelli di divieto di sosta in piazza del Parlamento dovrebbero giustificare, secondo le cronache, un provvedimento che andrà avanti per step. Solo che in fatto di auto invadenti, una città moderna dovrebbe concedersi meno step e più stop. Ce lo chiede la commessa del centro.