Maledetto figlio di puttana

Una volta, quando lo intervistai, Michel Petrucciani mi disse: “Sono stufo di essere descritto a mezza voce come uno sgorbio che suona da maledetto figlio di puttana, io sono uno sgorbio che suona come un maledetto figlio di puttana”.
Ci pensavo ieri, mentre riascoltavo per l’ennesima volta She Did It Again. Ascoltatela anche voi alzate il volume e, se non lo avete mai sentito prima, fatevi un’idea di come volava sul pianoforte quest’omino sgraziato a cui la natura aveva tolto centimetri corporei e donato le ali dell’arte più sublime.

C’era una volta la new wave (coi suoi eroi)

Mistero...

Indovinate chi è questo distinto signore? Un aiutino, negli anni ’80 era il leader di gruppo musicale bello tosto. La risposta (e qualche altra sorpresa) la trovate qui.

Caro Enzo Avitabile, quanto è bella “Dolce sweet M”…

Enzo Avitabile

Conobbi Enzo Avitabile ai primi degli anni Ottanta, lavoravo alla radio e lui venne a promuovere uno dei suoi primi album da solista, credo fosse “Meglio Soul”.
Tra noi scattò un’estemporanea amicizia, ci scambiammo qualche lettera, qualche telefonata. Lui stava scalando il mondo della musica italiana, che in quel periodo aveva in Napoli il suo baricentro. Io ero un giovane giornalista appassionato di musica e strapazzavo la mia Fender Stratocaster in un paio di rock band di Palermo.
Ogni volta che Enzo Avitabile veniva in città, io lo andavo a trovare, ascoltavo la sua musica e rimanevo incantato dalla sua capacità di coniugare la magia del soul con la gradevolezza un po’ ruffiana della canzonetta.
Un giorno il Giornale di Sicilia, del quale ero diventato critico musicale, mi mandò a recensire un suo concerto. Ero felice.
Ma lo spettacolo fu un disastro, non so che problemi avesse Avitabile: cantò male, il gruppo era slegato, l’amplificazione disastrosa. Ovviamente lo scrissi nella mia cronaca, seppur con la morte nel cuore.
Da quel giorno lui mi tolse il saluto, mi mandò a dire le peggiori cose, un comune conoscente mi incontrò per strada e quasi mi alzò le mani. Fine dell’estemporanea amicizia.
Ieri ho acquistato una raccolta di vecchi brani di Enzo Avitabile e mi è venuta alla mente questa storia.
Lui oggi ha il successo che merita, addirittura Jonathan Demme gli ha cucito addosso un docu-film che racconta la sua musica. Ho visto qualche intervista in tv e su internet e ho trovato un musicista maturo, solido e ben più sereno di trent’anni fa.
Ieri, mentre ascoltavo la sua “Un amico”, ho pensato che dovevo mettere nero su bianco un concetto elementare: non serve l’amicizia per giudicare un artista, serve solo la libertà di poterlo criticare quando sbaglia e di lodarlo quando lo merita. Tutto qui.

P.S.
Enzo, ma quanto è bella “Dolce sweet M”…

 

Play it again, Laura

laura pausini

Ieri il Tg1 in prima serata ha dedicato un titolo (con relativo servizione) all’ultimo album di Laura Pausini. Nulla di strano se non si trattasse di un greatest hits, cioè di una raccolta di brani già pubblicati, ascoltati, digeriti.
Di certo la Pausini è una delle colonne della nostra musica d’esportazione. E di certo la ultra promozione di un album che è rimasticatura d’autore, ma sempre rimasticatura è, sa un po’ di beffa in un Paese in cui lo spazio per i nuovi artisti è interamente confinato ai talent. Che sono sempre più simili ai circhi, con partecipanti in gabbia, giudici domatori e tanta, tanta finzione.
E poi i greatest hits che senso hanno, ormai, in un’epoca in cui i brani sono sempre disponibili sui web store, acquistabili singolarmente e per giunta con lo sconto? La raccolta, come la conosciamo noi ex ragazzi degli anni Settanta, aveva senso quando anziché comprare l’intera discografia di un autore che ci piaceva, potevamo scegliere un condensato dei suoi pezzi più celebri senza svenarci economicamente. E, pensate, il Tg1 non ne parlava ancora.

Chi fermerà la musica (e chi la pagherà)

trombone

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Forse da oggi non ci saranno più gli impresari dietro la porta dell’assessore regionale al Turismo Michela Stancheris. Forse da oggi la Regione metterà finalmente mano al groviglio di contributi elargiti a piccoli e grandi organizzatori di concerti. Di certo l’operazione non è semplice e priva di rischi, perché ridurre le spese non è come chiudere un rubinetto. In più c’è di mezzo la musica “pubblica”, quella che ha vissuto grazie alle mammelle istituzionali, che è campo ricco di luoghi comuni e povero di trasparenza. E soprattutto c’è il pentolone della crisi all’interno del quale vengono cacciate istanze, materie, necessità diverse e bollite tutte allo stesso modo, seguendo cioè la ricetta del risparmio a ogni costo: un metodo che non tiene conto dei diversi ingredienti e che generalmente non produce niente di buono.
Materia complessa, la gestione della musica in Sicilia. Per cercare di capirci qualcosa può essere utile tornare indietro nel tempo. Continua a leggere Chi fermerà la musica (e chi la pagherà)

Band of bandits


Da appassionato di musica mi sono chiesto: se, con la massima libertà, dovessi paragonare una formazione politica a una band, come mi comporterei? Ci ho dormito su un paio di notti e poi dal taccuino accanto al comodino sono venuti fuori questi accoppiamenti.
Giudicate voi.

PdlDuran Duran: in fondo c’è un brano per ogni stagione.
Pd Simon & Garfunkel: si sta sempre un passo indietro rispetto all’entusiasmo.
Movimento 5 stelleMuse: la tecnologia aiuta, eccome.
Lega NordStatus Quo: l’ignoranza purtroppo non è un freno.
Udc Gipsy King: ne esistono in giro una decina di versioni ufficiali.
Fli Lynyrd Skynyrd: la fortuna sta nella loro disgrazia.
Agenda Monti per l’ItaliaSteve Miller Band: il solista si è fatto banda, e non è finita…
Rivoluzione Civile Art of Noise: poca musica, molto noise.
Italia dei valori Steely Dan: uno solo suonava, gli altri a scrocco.

I dischi più venduti (nuova classifica)

1. Michael Jackson, Thriller: 66.200.000 di copie

2. Soundtrack, Grease: 44.700.000

3. Pink Floyd, The Dark Side of the Moon: 44.200.000

4. Whitney Houston e altri, The Bodyguard: 38.600.000

5. The Bee Gees e altri, Saturday Night Fever: 37.200.000

6. The Eagles, Their Greatest Hits 1971-1975: 36.900.000

7. Bob Marley, Legend: 36.800.000

8. Led Zeppelin, IV: 35.700.000

9. AC/DC, Back in Black: 35.700.000

10. Shania Twain, Come on Over: 35.400.000

Questa la top ten aggiornata, al netto di arrotondamenti e svarioni storici, dei dischi più venduti di sempre (fonte Il Post): li ho quasi tutti, mi manca solo Whitney Houston per la quale non ho mai avuto grande passione.
Come nota personale aggiungo che Thriller appare inscalfibile, mentre mi sorprende il sorpasso di Grease su La febbre del sabato sera. Di Shania Twain ho sempre ascoltato solo Man, I Feel Like a Woman!, degli AC/DC conosco ogni accordo, di The Dark Side of the Moon non finisco mai di stupirmi.
Se siete appassionati di musica e numeri date un’occhiata alle precedenti classifiche di vendita e divertitevi a sottolineare le enormi differenze.

Dica 33

Serata con amici musicisti. Si ascoltano vecchi brani, senza cedere alla nostalgia: per noi la musica del passato ha un tasso qualitativo innegabilmente superiore rispetto a quella che si ascolta per ora, quindi siamo serenamente rassegnati.
Poi qualcuno mette mano ai dischi. Sì, proprio quelli: i vinili. Si tirano fuori gli album, i 33 giri o long playing come si chiamavano. E sembra che il tempo si accoccoli accanto a noi.
Un’immagine mi colpisce, tanto che la blocco con uno scatto fotografico: il disco di Nat King Cole tra le mani del mio amico Gaetano sembra enorme, innaturalmente grande.
E – lo capisco – non è l’abitudine alla maneggevolezza del cd, ma la lente di ingrandimento del tempo. Che almeno in questi casi non è passato invano.

L’esperimento

Esperimento. Accendete il televisore e azzerate il volume. Accendete il computer e azzerate il volume. Poi accendete la vostra musica e alzate il volume.
Le notizie, le immagini, gli stimoli ordinari avranno un impatto molto diverso. Se non l’avete già provato, fatelo. E’ l’atto di autodifesa più civile che conosca.
Poi se volete qualche consiglio per la compilation non avete che da chiedere…

Il momento zero dei malati di musica

Come tutti gli appassionati, anzi i malati, di musica ho il mio momento zero. Che non è la canzone più antica che ricordo o il primo motivetto che ho canticchiato, ma l’attimo in cui ascoltando una canzone tutto è cambiato. E’ quell’esperienza unica che si prova quando la musica si impadronisce di te e della tua vita. Da allora in poi se sarai triste, allegro, occupato, pigro, annoiato, iperattivo, radioso, prossimo al suicidio, felice, debole, risoluto, da solo o in compagnia, ci sarà sempre – dico sempre – una colonna sonora tutta tua. Se sarai fortunato troverai con chi condividerla, ma la maggior parte delle volte le uniche compagne di ascolto saranno le tue orecchie.
Io ringrazio il cielo perché il mio momento zero è arrivato presto, a dieci anni. Un pomeriggio, un amico che abitava di fronte casa mia mi telefonò: “C’è una cosa che devi ascoltare”, disse riferendosi a un nuovo ellepì che aveva acquistato, come si usava allora, d’importazione (cioè pagandolo più del dovuto). Io chiesi il permesso ai miei genitori e andai: dovevo solo scendere le scale, attraversare una stradina poco trafficata ed entrare in un portone.
Non lo dimenticherò mai: era un tardo pomeriggio invernale.
Il mio amico mi accolse con una segretezza teatrale e mentre percorrevamo un piccolo corridoio incrociò lo sguardo di sua madre con un lampo di intesa. Era come se avesse concordato con lei qualcosa, prima del mio arrivo.
Una volta dentro la sua stanzetta, lui mi disse: “Questi qui sono troppo forti!”. E brandì la copertina variopinta di un long playing, con una bocca in primo piano.
Poi mise il disco sul piatto e alzò il volume (ecco spiegato il cenno d’intesa con la madre).
E arrivò il mio momento zero.