We are the robots

L’altro giorno, dopo aver letto questo post, mi è venuta la curiosità di andare a sbirciare in giro tra i file robots.txt di vari siti.
Cosa sono i file robots.txt? Sono muri tirati su dagli amministratori di un sito internet per evitare che i motori di ricerca entrino in alcune stanze del sito stesso. In pratica servono per dire a Google, Yahoo e compagnia bella di non indicizzare (leggi: di non rendere pubbliche) certe pagine.
E per essere più chiaro parto subito con gli esempi.

1) Il Corriere.it ha blindato questa stanzetta.

Disallow:/politica/10_febbraio_05/sabrina_ferilli_non_
sono_la_sora_palin_5d9b4bb8-1224-11df-b50d-00144f02aabe.shtml

Ciò significa che ha sottratto agli spider dei motori di ricerca un articolo (che nel caso specifico è stato anche cancellato) riguardante alcune controverse dichiarazioni di Sabrina Ferilli sulla mancanza di gnocca nel Pd.

2) Nel sito di Repubblica.it la situazione si fa più complessa. Qui i robots.txt blindano la notizia dell’arresto nel 2006 del capogruppo dei Ds nel consiglio regionale della Calabria.

Disallow: /2006/08/sezioni/cronaca/ds-arrestato
/ds-arrestato/ds-arrestato.html

Alzano il muro su un’antica (e per noi siciliani nota) vicenda di cocaina al ministero delle Finanze.

Disallow: /online/cronaca/cocafinanze/interce/interce.html
Disallow: /online/cronaca/cocafinanze/mai/mai.html
Disallow: /online/cronaca/cocafinanze/inte/inte.html
Disallow: /online/cronaca/cocafinanze/interce/interce.html

E cercano di rinchiudere nel dimenticatoio la campagna di stampa sul caso Telekom Serbia.

Disallow: /2003/i/sezioni/politica/telekomserbia3/caso/caso.html
Disallow: /2003/i/sezioni/politica/telekomserbia3/taormina/taormina.html
Disallow: /2003/i/sezioni/politica/telekomserbia3/taormi/taormi.html
Disallow: /2003/i/sezioni/politica/telekomserbia2/dini/dini.html
Disallow: /2003/h/sezioni/politica/telekomserbia/nomi/nomi.html

3) Il sito dell’Ansa non ha troppo a cuore la tecnologia.

Disallow: /iphone/

E mostra una certa allergia verso altri argomenti non proprio secondari.

Disallow: /finanza/
Disallow: /cinema/
Disallow: /elezioni 2008/
Disallow: /ecoenergia/

4) Il Comune di Catania cerca di metter fuorigioco i curiosi.

Disallow: /il_comune/atti-amministrativi/


5) Mentre – dulcis in fundo –  il Comune di Agrigento se ne frega di Brunetta e dà una mazzata alla trasparenza, come se si trattasse di un insulso fenomeno estetico: roba da pizzi e collant insomma.

Disallow: /AGRIGENTO/amministrazione/giunta/
Disallow: /AGRIGENTO/operazione_trasparenza
Disallow: /download/operazione_trasparenza
Disallow: /download/atti_on_line

Questi sono i pochi esempi che ho avuto il tempo di reperire. I tecnici e gli esperti di queste diavolerie informatiche mi perdoneranno per l’uso abusivo di termini specifici. Sono pronto a raccogliere suggerimenti ed eventualmente a correggermi.
Però – ammettetelo – il gioco è istruttivo.
Ah, leggete il primo rigo del robots.txt del sito del ministero delle Finanze.

Se il Sud accelera

La velocità di download in Italia, secondo Speedtest.net.

Un libro non è un telefono

Sono ipersensibile davanti a qualunque innovazione tecnologica che abbia tasti e schermo (a eccezione dei telefonini touch screen che confliggono con le mie zampe da orso).  Se potessi, comprerei quote della Apple solo per il gusto di collaudare prototipi e riempire casa mia di arnesi modernissimi, per farne che non so (del resto il vizio – perché di vizio si tratta – non si alimenta di vantaggi, ma solo di controindicazioni).
Eppure la presentazione dell’iPad mi lascia insoddisfatto per una serie di motivi.
Primo. La tecnologia avanzata per molti di noi snob quasi cinquantenni non è show, bensì élite. Le coreografie e i megascreen vanno bene per le convention del Pdl, non per l’ultimo parto artificiale dell’intelligenza naturale.
Secondo. Se un telefono serve anche per leggere libri e giornali, evidentemente ci sono problemi di dimensioni: i libri non sono fatti per infilarsi nel taschino della giacca e i cellulari non devono essere tenuti necessariamente con due mani.
Terzo. In Italia si dice: “Fare le nozze coi fichi secchi”. Cioè, senza i mezzi necessari non si va da nessuna parte. La Apple si muove, con molte buone ragioni,  in un’ottica anglofona che non tiene conto della realtà del nostro Paese dove è quasi impossibile trovare contenuti di qualità, ben assortiti e soprattutto tricolori, per un lettore multimediale come l’iPad. Corriere e Repubblica si stanno muovendo, ma l’immensa realtà delle aziende editoriali locali (che condiziona in modo determinante l’audience) è ancora guidata da direttori col telefono a disco e il televideo fisso a pagina 101.
Quarto. I costi sono elevati. A parte lo strumento (prezzo minimo 499 dollari per la versione base), resta l’incognita delle connessioni telefoniche legate ai singoli gestori. Il che, con i chiari di luna che ci sono dalle nostre parti, significa che per farsi un arnese del genere bisogna ricorrere alla cessione del quinto dello stipendio.
Insomma sono tentato comunque di lanciarmi nell’acquisto (le famose controindicazioni del vizio…), ma aspetterò. Perché in fondo la debolezza nei confronti della tecnologia non è indice univoco di imprudenza.

Luca vs Ugo

Dice Luca Barbareschi:

Internet in Italia l’ho portato io anni fa insieme a pochissimi altri, lo conosco bene sotto ogni punto di vista.

Che è un po’ come quando Ugo Fantozzi inventa di essere stato azzurro di sci. Con la non minima differenza che uno ammette di aver detto una cazzata, l’altro ne è orgoglioso.

Una lettura

Ve la segnalo perché c’è molto di buono che vi riguarda.

Clic a mano armata

rep schif

Da Repubblica.it

Con le pezze al culo

statistiche_blog_siciliani

Franco Donarelli su BSicilia, a proposito di certi numeri  e di certe polemiche.

Siti e numeri

visite

Alcuni dati di traffico dei principali siti palermitani secondo AdPlanner. Le stime si riferiscono al mese di ottobre 2009.

Dati elaborati da Tony Siino.

La clonazione del Grillo

Beppe Grillo si è arrabbiato con quelli che hanno clonato il suo blog mettendo online beppegrillo.tv e li ha denunciati. Adesso il sito in questione, che in fondo non è altro che un comunissimo aggregatore di notizie di Beppe Grillo con contorno di pubblicità, è bloccato.

Facci, Travaglio e la finta democrazia

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

Avvertenza per i lettori. Questo post è un po’ più lungo del solito: mi scuso.

Nel weekend appena trascorso ho assistito a un singolare fenomeno che ci dice molto del web, dell’informazione e soprattutto dei navigatori (nella fattispecie palermitani).
Sabato ho linkato un articolo di Filippo Facci su “Travaglio e il travaglismo” e non ho aggiunto alcuna opinione personale, anzi ho specificato che preferivo non dare alcun giudizio per non influenzare i lettori.
Il post è stato ripreso da Tony Siino su Rosalio che lo ha accompagnato, maliziosamente, con una nota personale.
Il programma prometteva bene. C’era solo da ragionare sulla teoria di Facci.
Travaglio è vittima di un doppiopesismo che altera la sua visione della cronaca?
Se non si è del Pdl esiste un altro modo di vedere la realtà politica italiana che non debba necessariamente passare attraverso il filtro del suddetto Travaglio?
Bella discussione, tosta, divertente.
Invece niente.
Prima di proseguire è giusto che, per chiarezza nei confronti dei più distratti o di chi si avvicina a questo blog per la prima volta, illustri brevemente la mia posizione sui protagonisti della vicenda.

1) Seguo Marco Travaglio con interesse e ne ho condiviso alcune ragioni.
2) Ritengo che il magistrato Antonio Ingroia svolga un ruolo importante nella lotta contro Cosa nostra.
3) Cerco di non lasciarmi ingannare da tesi precostituite. La migliore domanda, dovrebbero insegnarlo al catechismo, è quella che ancora bisogna porsi.
4) Leggo Filippo Facci pur non condividendo le sue opinioni. Però lo seguo con una certa assiduità perché nella vita non c’è niente di più interessante che indagare il pensiero opposto. Accodarsi comodamente alle opinioni dei sodali è noioso: solo uno come Berlusconi non lo capisce.

Quest’ultimo punto è il più importante nella storia che vi sto raccontando (e una volta tanto non mi riferisco a Berlusconi).
Lasciatemi essere prosaico: leggere e discutere ciò che è lontano (o sta fuori) dal nostro cerchio di opinioni è la migliore occasione di crescita intellettuale che ci sia data. E il miracolo di internet sta proprio nell’amplificare questa possibilità.
Se potessi, leggerei ogni giorno cento, mille articoli di Facci e compagni proprio perché se non è la similitudine a fertilizzare il nostro orticello di idee, sarà il contrappasso a far sì che uno si incazzi, un altro ci pensi su, un altro ancora si cimenti in una teoria concorrente. E’ l’antica magia della discussione, del dibattito ad armi pari, della sana polemica.
Invece niente.
Il link all’articolo in questione si è risolto in una congerie di ruttini anonimi: chi ha linkato? E perchè? E cosa ci sta dietro?
Ve lo dico io chi, perché e cosa ci sta dietro.
Ho linkato io, perché sono un tipaccio curioso e mi piace condividere spunti e provocazioni. Li considero regali. Come un’edicola virtuale: oggi io metto queste pagine, divertitevi pure, incazzatevi, gioite, comunque ragionateci sopra.
Invece niente.
Soltanto in pochi sono riusciti a rimanere in tema, convinti o meno dalle tesi di Facci.
Gli altri, esclusi i ruttatori anonimi di cui si è detto, sono finiti nelle trappole più banali:  chi tocca Travaglio muore per un’esecuzione senza argomentazioni; chi vuol restare comodo critica Facci anche senza leggerlo.
Tutto ciò mi convince sempre più del fatto che il nemico peggiore di internet sia la sua finta democrazia. Finta perché illude che le opinioni e le non opinioni debbano avere tutte lo stesso rilievo.
Non è così.
Nel libero scambio di pareri si devono fissare dei limiti, una sorta di netiquette neuronale,  oltre i quali non è consigliabile andare.
La stupidità è un’emergenza mondiale e non ha nulla a che fare coi confini geografici (anche se ho il tremendo sospetto che dalle mie parti ci sia un carattere dominante aggrappato a un gene molto diffuso).  La stupidità non ha legami di parentela coi titoli di studio, è figlia della codardia (leggi: anonimato) e della supponenza (leggi: avanzare ipotesi offensive).
Il caso Facci-Travaglio  è un esempio che vi invito a ricordare: un’ottima occasione di discussione accesa e feconda ammazzata dall’ignoranza più pericolosa, quella di chi giudica senza (sognarsi di) leggere, sapere.