Un (cruciale) indovinello sulla verità

Una volta, molti anni fa, mi capitò di ascoltare un indovinello alla radio. Erano gli anni ’70 e ancora non esisteva l’on demand, la possibilità di riascoltare, il podcast e altre diavolerie moderne che tolgono tempo alla scansione del tempo.
L’indovinello era questo.

Siete in una cella blindata che ha due porte, una rossa e una nera: una di queste vi dà la possibilità di uscire, l’altra invece no, è una porta finta. Le porte sono identiche e ovviamente voi nulla potete intuire guardandole. Accanto a ognuna di queste porte c’è un guardiano. Quindi due guardiani su cui avete un’informazione cruciale: uno dei due mente sempre, l’altro dice la verità. Ma voi non sapete quale dei due è un mentitore.
Avete la possibilità di uscire dalla cella facendo una sola domanda a uno dei due guardiani: solo così avrete la certezza matematica di sapere qual è la porta giusta, quella che vi conduce alla libertà.
Qual è la domanda?

A quei tempi accadde una cosa incredibile: al momento di svelare la risposta, la trasmissione si interruppe. Ebbene, rimasi a pensarci per anni. Non c’era internet, non c’era la possibilità di scambiare su scala globale informazioni (anche banali come quelle sulla risposta a un indovinello).
La soluzione – lo giuro – mi arrivò una notte insonne di 25 anni dopo, come un’illuminazione. Non ve la dico, magari ci pensate anche voi o chissà googlate pigramente.
Però vi rivelo quale fu il principio che mi condusse al traguardo: la verità è fatta anche di bugie.
A quest’indovinello ho ripensato oggi dopo che, in una chiacchiera oziosa, si evocava l’antico rito del gioco della verità. Che, se ci pensate, è il gioco più fuorviante che esista giacché pretende di inserire in un ambito ludico il concetto meno ludico che esista. C’è una meravigliosa serie tv di qualche anno fa, Big Little Lies, che mette le mani a forza (e con immensa arte) nelle acque torbide delle verità illusorie e delle bugie salvifiche.
Il gioco della verità anche quando non è un gioco e quando si trasforma nel “ti dico tutto in faccia perché io sono così” diventa il più grande alibi per la peggiore delle ipocrisie. Quella in cui credi di guardarti allo specchio dinanzi al quale hai piazzato la tua controfigura.

P.S.
A proposito di
Big Little Lies mi piace linkare qui la canzone che accompagna il finale (meraviglioso) della seconda e ultima stagione.

Berlusconi e i miracoli in Sicilia

Berlusconi a Lampedusa

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Datemi un’emergenza e vi stupirò. L’arte di Berlusconi è sempre stata quella di apparire come un messia nel momento immediatamente precedente al disastro e di esibirsi non in un normale salvataggio, ma come minimo in un miracolo. Per elementare conseguenza la Sicilia, che di miracoli si è sempre vanamente alimentata, è stata il suo tempio preferito, il luogo in cui celebrare il rito della promessa salvifica: né pani né pesci da moltiplicare, ma milioni di euro da far piovere dal cielo. E dopo decenni di dominio incontrastato sulla terra che le emergenze se proprio non le trova se le inventa, si può essere certi che non sarà una condanna seppur definitiva a cancellare la memoria di certi prodigi del Berlusconi più siculo dei siculi, camaleontico per furba sintonia coi problemi altrui. Continua a leggere Berlusconi e i miracoli in Sicilia

Un losco figuro

Berlusconi torna per l’ennesima volta con le sue promesse. Laddove non bastasse il buon senso per evitare di dar conto a questo losco figuro, mi permetto di segnalarvi due video, datati ma sempre istruttivi (ne abbiamo parlato abbondantemente su questo blog, anni fa).
Il primo è ormai mitico.

Il secondo, molto più modesto, è un prodotto artigianale di casa Palazzotto.

La nipote di Pinocchio

In questo breve elenco di bugie dette da Ruby o a lei attribuite nel processo in corso a Milano ce n’è una che ho aggiunto arbitrariamente. Scoprite qual è.

Non gradiva le serate a casa di Berlusconi.
E’ nipote di Mubarak.
Sua madre è una cantante egiziana.
Suo padre è  un diplomatico brasiliano.
Suo padre è un manager della Yamamay.
Non era una prostituta.
Era fidanzata con Marco Borriello.
Era fidanzata con Cristiano Ronaldo.
Brad Pitt voleva adottarla.
Non era ricca, ora lo è.

Le bugie che ci mancano

sarkozyFb

C’è una divertente bugia del presidente francese Nicolas Sarcozy che sta infiammando il web d’oltralpe. Lui ha fatto intendere di essere stato testimone diretto della caduta del muro di Berlino, mentre a quanto pare è arrivato sul posto solo qualche giorno dopo. La bugia è divertente perché non è stata seguita da piccate smentite ufficiali, da ipotesi di complotto comunista, da decreti legge per limitare la circolazione delle notizie non concordate. Sarkozy ha fatto probabilmente lo spaccone e in Francia si divertono a prenderlo in giro.
Non risultano ancora querele: benedetti francesi!

Menzogne istituzionali

Secondo il ministro Gianfranco Rotondi, Silvio Berlusconi “cavalca l’anti­politica alimentata dalla sinistra e dai poteri forti. E’ la sua specialità: gli avversari gli preparano la corda e lui gliela avvolge intorno al collo. Vedrete che anche la doppietta Noemi-Mills elettoralmente farà male a chi l’ha sparata”. L’accatastarsi di due metafore (la corda e la doppietta) in poche righe è nulla in confronto all’affollamento di sigle partitiche che caratterizzano l’anagrafe politica del signor Rotondi: Dc, Ppi, Cdu, Udc, Fi, Cdl, Dca, Pri, Mpa (in ordine sparso dato che per rispettare cronologia sarebbe necessario un doping estremo). Il ministro in questione, titolare del dicastero dell’Attuazione del programma (come dire, un ministero della lubrificazione, della catena di montaggio delle intenzioni, della solidità delle promesse), è famoso per una sua dichiarazione: “Colpire un pm per educarne altri cento”. Un appassionato di gradevoli metafore, insomma.
Ora, davanti alle nuove rivelazioni sui trastulli del suo capo, chissà cosa tirerà fuori. Che la festa di capodanno del signor B. con quaranta ragazzine in Sardegna era un seminario di autocoscienza politica. Che le telefonate private del signor B. con una minorenne erano un espediente per stare a contatto col mondo dei giovani. Che l’interesse del signor B. per il discinto book fotografico di una giovincella qualunque era alimentato da sincero altruismo.
Però – lo capisco – queste non sarebbero metafore, bensì semplici, umanissime bugie. E Gianfranco Rotondi infatti non scende nei dettagli. Mica fesso: per le menzogne istituzionali ci vuole ben altro che un ministro alla lubrificazione.

Un cosa giusta…

…la Federazione nazionale della stampa l’ha detta, legittimando così la sua esistenza.

“Le domande dei giornalisti per quanto scomode non sono assimilabili ne considerabili come militanza politica. Chi è investito di pubbliche responsabilità è chiamato a rispondere. Se non lo fa, la pubblica opinione deve averne conto e fare anche su questo liberamente le sue considerazioni”.
‘A giudizio della Fnsi – prosegue la nota – e’ stupefacente inoltre che il capo del governo oltre a non rispondere, replichi con insulti e allusioni. Invocando una sorta di potere supplementare, che non gli appartiene, per indirizzare messaggi a giornalisti e a un editore, in questo caso quello di Repubblica, assumendo il criterio che le loro funzioni in un giornale siano la stessa cosa. Evidentemente l’abitudine a vivere un permanente enorme conflitto di interessi, lo porta fuori strada”.

Da Repubblica.it

Scacco in dieci mosse

Quella di Berluconi-Papi non è, come si vuol far credere, una storiella privata.

P.S.
Alla luce degli ultimi avvenimenti è forse utile ripassare questo video.

Aggiornamento: ecco le risposte (di Roberto Torta)