Una nazione in una foto


Le foto della megafesta per il compleanno del ministro Rotondi e il conseguente articolo di Filippo Ceccarelli su la Repubblica evocano facili allegorie: il Satyricon, gli ultimi giorni di Pompei, Che la festa cominci di Nicolò Ammaniti. Ma soprattutto suscitano una rabbia che confina con un’inconfessabile invidia.
C’è una classe politica gaudente, che non perde occasione per godere, appunto. Una classe politica che ostenta la sua ricchezza non sempre giustificata, che mostra cosce e muscoli al popolo affamato. C’è un senso grottesco della realtà che rende plausibile l’accoppiata frittatine al tartufo-foto di Falcone e Borsellino sul maxi schermo: la gola e il sangue, la lussuria e il sacrificio.
L’invidia è per quell’incoscienza che rende felici certe femmine che si fregiano del titolo (e dello stipendio) di onorevole, e certi maschi ai quali gli viene duro quando il premier gli mette una mano sulla spalla. Bisogna avere una marcia in più, o qualche chilo di dignità in meno, per non vergognarsi di nuotare nell’oro che non si merita.
Per molto meno, noi umani non dormiamo la notte.

Mangia tranquillo

alberto-sordi

Il ministro per l’Attuazione del programma (cioè il controllore incontrollabile dei controllati) Gianfranco Rotondi blatera – udite udite – contro la pausa pranzo, usando argomenti come: “Io non pranzo da anni”.
Mettendo da parte le metafore grossolane sull’appetito dei politici e sulla loro capacità di mangiare in ambiti ben diversi da quelli culinari, sarebbe opportuno che il primo giornalista che incrocia Rotondi gli chiedesse qualche notizia sul suo reddito, sulla sua qualità di vita e sugli agi di cui gode per svolgere il suo lavoro.
Perché è facile discettare in termini di statistiche europee e di produttività quando l’Europa si invoca solo se è un paragone comodo e si considera che il lavoratore è differente da un limone solo per il colore del succo quando lo spremi.
Il ministro Rotondi, prima di sprecare il suo tempo a rilasciare dichiarazioni fantascientifiche (leggi: cazzate stellari), dovrebbe farsi un paio di anni in un cantiere navale, un altro paio in un call center e un lustro di manovalanza edile.
Poi di certo cambierebbe idea e la finirebbe di sprecare il tempo – pagato da noi – a rilasciare dichiarazioni su ciò che non gli compete.
Ho un sospetto: queste scemenze le ha dette durante la pausa pranzo.

Menzogne istituzionali

Secondo il ministro Gianfranco Rotondi, Silvio Berlusconi “cavalca l’anti­politica alimentata dalla sinistra e dai poteri forti. E’ la sua specialità: gli avversari gli preparano la corda e lui gliela avvolge intorno al collo. Vedrete che anche la doppietta Noemi-Mills elettoralmente farà male a chi l’ha sparata”. L’accatastarsi di due metafore (la corda e la doppietta) in poche righe è nulla in confronto all’affollamento di sigle partitiche che caratterizzano l’anagrafe politica del signor Rotondi: Dc, Ppi, Cdu, Udc, Fi, Cdl, Dca, Pri, Mpa (in ordine sparso dato che per rispettare cronologia sarebbe necessario un doping estremo). Il ministro in questione, titolare del dicastero dell’Attuazione del programma (come dire, un ministero della lubrificazione, della catena di montaggio delle intenzioni, della solidità delle promesse), è famoso per una sua dichiarazione: “Colpire un pm per educarne altri cento”. Un appassionato di gradevoli metafore, insomma.
Ora, davanti alle nuove rivelazioni sui trastulli del suo capo, chissà cosa tirerà fuori. Che la festa di capodanno del signor B. con quaranta ragazzine in Sardegna era un seminario di autocoscienza politica. Che le telefonate private del signor B. con una minorenne erano un espediente per stare a contatto col mondo dei giovani. Che l’interesse del signor B. per il discinto book fotografico di una giovincella qualunque era alimentato da sincero altruismo.
Però – lo capisco – queste non sarebbero metafore, bensì semplici, umanissime bugie. E Gianfranco Rotondi infatti non scende nei dettagli. Mica fesso: per le menzogne istituzionali ci vuole ben altro che un ministro alla lubrificazione.