A volte risorgono

Il blog è stato offline per più di 24 ore a causa di un grave problema del server (e, una volta tanto,  il sottoscritto non ha alcuna responsabilità). Pardon.

Febbre alta e piccoli primati

Da quattro giorni un’influenza mette K.O. me, in quanto ammalato, e mia moglie, in quanto vittima delle mie fobie capricciose.
Per questo sono stato poco presente, e mi scuso.

Colgo l’occasione per dirvi che ieri 1.400 utenti hanno leggiucchiato questo blog, regalandomi un nuovo piccolo primato. A tutti un ringraziamento caloroso (38° possono bastare?).

22.222

Per gli amanti dei numeri. Siamo a 22.222 commenti approvati su questo blog (dato riferito al commento di Verbena delle 21,13) e, contemporaneamente, a 9.999 commenti di spam bloccati.

Quattro anni

In quattro anni un bambino ha già imparato a camminare e a parlare, un vino è diventato bello tosto (o avariato), un partito può essere scomparso (o rinato), un computer può essere antico, un telefonino decrepito.
Io quattro anni fa scrivevo il mio primo post su questo blog. Non immaginavo che, anche grazie a questo mezzo, la mia vita professionale sarebbe cambiata in modo così radicale. Avevo qualche sospetto, sì, però non riuscivo a scacciare la diffidenza: mi concedevo questo piccolo svago e stavo attento a non innamorarmene.

C’era un’altra aria nel web. Non si era ancora sopita la spinta pionieristica che nella mia città rendeva simili agli extraterrestri certe creature che affidavano ai diari online le loro confidenze, fregandosene di quello che avrebbero pensato gli amici del bar o i colleghi di lavoro. Lavoravo in un giornale che, pur avendo spento il suo sito dopo la delusione della bolla del Duemila, attingeva a piene mani da internet, immaginando un tipo di comunicazione più rapida, immediata. Seguivo, da lettore avido e silenzioso, i blog più affermati e prendevo appunti soprattutto quando leggevo qualcosa che non mi piaceva: ho sempre avuto la pulsione perversa di annotare cosa non si fa piuttosto che segnarmi come si fa (ma magari ne parleremo in un post apposito).

Dicevo, c’era un’altra aria. Pochi effetti speciali e molta sostanza, anche in termini di idee. Un certo snobismo spingeva molti di noi a riempire le pagine web di parole, le migliori che potevamo trovare, e ci distraeva dalle immagini, che – lo avremmo scoperto molto tempo dopo – sono un importante veicolo di traffico.
Non era ancora conclamata dalle nostre parti la “globalizzazione” di internet. Al massimo ti leggevano il parente, il collega, e il colpo di fortuna che ti poteva capitare era di ricollegarti virtualmente un amico di infanzia emigrato in Australia (non c’era ancora Facebook a spegnere le sorprese) che ti chiedeva se ti eri sposato e quanti figli avevi sfornato.

Quattro anni sono passati. A pensarci bene la vita nel web non è poi così diversa da quella reale: i nickname passano, come i falsi amici (in fondo sempre di finzione si tratta); i concetti restano, come alcuni post che – ti accorgi – sono stati rilanciati, tradotti, nei quattro angoli del pianeta.
C’è un solo momento in cui, credo, sia lecita l’autocelebrazione, ed è quello di un anniversario. Da queste pagine sono passate centinaia e centinaia di migliaia di persone, un’infinità per un piccolo blog. In molti hanno lasciato un contributo, la maggior parte ha letto senza manifestarsi. Sarò stato fazioso, presuntuoso, noioso, avrò sbagliato di certo tono e registro ogni tanto, non mi sarò sincronizzato con l’umore corrente e magari avrò pure toppato l’aggettivo, avrò fallito il bersaglio e sarò stato eccessivo, mi sarò lasciato andare con filippiche fuori misura e avrò celebrato troppo il mio ombelico. Però spero di non aver mai tradito il patto di fiducia col lettore: 2.012 post in 1.460 giorni, cioè 1,3 post al giorno per tutti i giorni che il Signore manda in terra, Natale, Capodanno, Pasqua, Ferragosto, ferie, malattie e cazzi propri compresi.

Tutto questo per dire grazie a tutti voi che ogni mattina vi prendete la briga di leggere le mie righe e magari vi incazzate, e magari mi scrivete privatamente,  e magari mi perdonate se siete l’oggetto del post in un giorno in cui non avevo di meglio da fare, e magari mi telefonate per progettare una cena insieme, e magari mi inviate una cosa che avete scritto, e magari dite peste e corna alle mie spalle, e magari…
In quattro anni accadono molte cose e infinite sono le cose di cui perdiamo memoria. Io ho la presunzione di dire che difficilmente dimentico torti e ragioni. E il blog mi aiuta in questo proposito dissennato.
Grazie a tutti.

A proposito di blog, politica e pseudopolitici

Molti politici ormai hanno un blog. Pochi lo tengono aggiornato. Molti pseudopolitici hanno un blog. E sono quelli che si curano più degli altri dell’aggiornamento.
Il blog è stato di moda cinque-sei (anche più) anni fa.  Il boom fu intorno alla prima metà degli anni Duemila, insomma. Non c’era neanche la necessità di registrare un dominio, c’erano mille maniere di metter su un diario elettronico senza spendere una lira.
Da allora il tempo ha avuto modo di mettere alla prova la costanza degli autori. Tenere un blog comporta un considerevole consumo di tempo e fatica, costa anche economicamente.
Risultato. Le esperienze istituzionali sono naufragate, quelle più caserecce hanno sfidato e vinto il tempo.
Perché?
Perché la motivazione a dar conto ogni giorno del proprio operato, dei propri pensieri, delle proprie intenzioni o di chissà cos’altro ha bisogno di un impegno genuino.
Non bastano la puntualità di un ghostwriter (e ve lo dice uno che di mestiere fa il ghostwriter, anche se non per i politici), né l’abnegazione di un addetto stampa tesserato e inglobato nel partito.
No, per tenere su un blog, nel 2010, ci vuole motivazione. Quella che molti pseudo hanno e che dimenticheranno non appena conquisteranno il ruolo di titolari. Per fortuna.

Manchette, machette, marchette

Le manchette sono un problema per BlogSicilia. Un po’ machette, che richiamano l’idea di una pubblicità molto tagliente…

…un po’ marchette, che è un tipo di pubblicità sulla quale è meglio tacere.

Successi personali

Uno cerca di impegnarsi, di scrivere cose più o meno sensate, di documentarsi per offrire qualcosa in più, di tenere alto il livello del blog. Insomma uno lavora per il proprio buon nome.
Poi si accorge che una sua importante fonte di traffico è legata all’impresa di due coatte di Ostia e non gli resta altro che tentare il suicidio con ctrl alt canc.

Signor sindaco, pensi a governare

Diego Cammarata, in un’intervista al Giornale di Sicilia, dice che a Palermo c’è una campagna di odio contro di lui o i suoi accoliti orchestrata da “certi blog”.
La sua dichiarazione stimola due riflessioni (ed è già un bel record se si tiene conto che solitamente il suo verbo è un antidoto prezioso contro l’insonnia).

Il ricorso alla scusa dell’odio, come più volte abbiamo scritto, è un escamotage per non darsi la pena di argomentare. Il sentimento che si fa ragione sociale è un totem alla scarsezza della politica: quando non si sa cosa dire, si dice che c’è il male, che il diavolo esiste e che se le cose non vanno bene la colpa è dei cattivi.
L’odio delle lotte di classe, l’odio che arma il simile contro il meno simile è un’altra cosa, appartiene a un’altra (brutta) epoca e ha un’orribile caratteristica: fa solo vittime collaterali. In ogni caso, quindi, se mai esistesse il sentimento sociale di cui blatera Cammarata, lui dovrebbe ritenersi salvo e i più preoccupati dovremmo essere noi.

Il secondo punto su cui vi invito a riflettere è questo: il sindaco di Palermo identifica in “certi blog” (chissà quali…) l’origine di tanto odio. Anche questo è un tema di cui abbiamo discusso nel corso degli anni. C’è nelle comunità internettiane una componente particolarmente aggressiva e anche un po’ vigliacca che usa termini violenti, che non conosce argomentazioni civili e che si crede forte solo in virtù di un presunto anonimato. Ma è un gruppo di minoranza che è quasi sempre bannato dai blog seri. Quindi ha un peso irrilevante nella genuinità delle opinioni che circolano online.
Perché allora Cammarata accusa i blog? Badate bene, credo che sia la prima volta che il sindaco di Palermo ci additi pubblicamente come i veri colpevoli di chissà cosa.
Cammarata sa che ormai non può più contare sull’appoggio della stampa ufficiale, da sempre addomesticata alle esigenze del Palazzo, ed è costretto a rispondere alle crescenti lamentele, alle contestazioni, alle proteste. Una bella fatica. Però, siccome le critiche più puntuali gli arrivano dal web, l’unica arma che gli è rimasta per difendersi è quella della delegittimazione della sola forza di opposizione seria che esiste in questa città: quella dei blog.

Signor sindaco, qui nessuno ha fatto e farà nulla di male. Il dissenso non c’entra col codice penale e ancora meno coi sentimenti. I blog sono una risorsa, non l’inferno.
Vada avanti e governi serenamente con la trasparenza che la caratterizza.
Trasparenza fisica, intendo.

20.000

Per gli amanti dei numeri: siamo arrivati al commento numero 20.000, su un totale di 1.750 articoli. Ciò significa che ogni post ha in media 11,5 commenti.

Depressione

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