Cosí, per dire (e ricordare)

Renzi Berlusconi

Era solo il 30 agosto 2013.

Sbadigli

Scampoli di informazione che filtrano nell’eremo di una vacanza. Tg3 delle 19: il povero Bersani colto da malore e liquidato in un paio di minuti, poi servizio con immagini di Renzi sorridente che ironizza su Fassina (e ce ne vuole a ironizzare su uno come Fassina, più facile ridere di un tronco di quercia arrostito da un fulmine), Fassina che replica a Renzi con immagini di Renzi in bicicletta (o Renzi pedala più di Gimondi o l’archivio del Tg3 è in piena sindrome da loop), Letta che risponde a Renzi con immagini di Renzi con e senza Letta (Renzi è comunque sorridente come da contratto con gli incolpevoli sostenitori che brillano di sorriso riflesso). Morale da estemporaneo eremita: ai tempi di Berlusconi i Tg procuravano solenni incazzature, oggi ai tempi di Renzi e del neo edonismo sinistrorso, i Tg procurano noia.

Forche, forconi e forchette

movimento forconi

Ho ascoltato/letto le rivendicazioni del cosiddetto movimento dei Forconi. Meno tasse, più aiuti alle imprese, più tutela dei lavoratori. Praticamente quello che chiede ogni cittadino onesto di questa nazione, se non è evasore o comunque un latitante.
Che ci si debba inventare un movimento, un embrione di partito o una culla rivoluzionaria per portare avanti istanze talmente legittime da risultare banali, è un segno dei tempi. Infatti, rincoglioniti da vent’anni di fiction berlusconiana, ci ritroviamo tutti un po’ smarriti quando un contadino, un camionista o una casalinga si mobilitano per ragioni elementari come un pasto da garantire ai figli ancor prima che ai coccodrilli di Montecitorio. Il problema, cari miei, è che ci siamo persi per strada, tra gli stipendi del Trota e le note spese di Lusi, tra le competenze della Minetti e il curriculum della Carfagna. Siamo stati colpevolmente distratti perché gli scandali, passata la fiammata, alla fine annoiano come l’ennesimo panorama descritto da Wilbur Smith.
Io non ho un’epidermica simpatia per i Forconi, non mi piacciono quelli che per combattere una battaglia di libertà per i cittadini rompono i coglioni innanzitutto ai cittadini. E riconosco che le loro ragioni sono giuste, ma hanno un problema di locomozione: pretendono di muoversi bloccando il movimento, in una sorta di ossimoro sociale.
Al netto delle emergenze e del blabla politico tipo l’incoronazione di Renzi, celebrata come se fosse un giubileo della Fortuna Collettiva, questo è forse quello che ci meritiamo per non aver mai indetto delle primarie del buonsenso, dell’onestà, della coerenza.

Amnesie

Festa per Berlusconi decaduto

Il Giornale, in nome e per conto delle truppe berlusconiane, stigmatizza oggi “l’odio della sinistra che diventa esultanza”. E parla di “brindisi per il nemico decaduto dal Senato… scene di giubilo, spumante e sfottò su Internet”.

Però dimentica, accidentalmente, le chilate di mortadella divorate in parlamento e in piazza per festeggiare la caduta del nemico Prodi.
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Biancofiore, anche il cognome mentiva

michaela biancofiore

Dopo aver visto Micaela Biancofiore a “Piazza pulita” mi sono reso conto di aver commesso un errore clamoroso. Non è stato per quel suo modo di gracchiare ragioni insensate, travestite da argomentazioni congrue. Né per quella imbarazzante coincidenza tra fedeltà al capo e cecità al mondo. Né per la concatenazione di frasi tristemente illogiche, tipo quella sulle donne, “la maggioranza”, che davanti al ricco e potente perdono la testa. Non è stato nemmeno per il suo memorabile senso della dismisura, secondo il quale se la legge sta stretta a Berlusconi non è lui che deve dimagrire, ma la legge che va ricalibrata.
No, non è stato per le bugie consapevoli e per le verità inconfessabili, né per quel suo rappresentare un’Italia talmente altra, da essere ormai aliena, estranea, nemica.
E’ stato per un dettaglio che si può raccogliere solo quando il tempo avanza e i compleanni si accumulano, un errore gravissimo: farmi rubare il tempo. Un’ora di cazzate si sopporta, un’ora di bugie ti intossica.
E Biancofiore è una che mente sin dal suo cognome.

“D’Urso, Carfagna, Yespica, Rodriguez e altre che non ricordo…”

D'Urso, Carfagna, Yespica che si masturbavano

La testimonianza di Ruby, ovvero Karima El Mahroug, inserita nelle motivazioni della sentenza di primo grado che condanna Silvio Berlusconi a sette anni per concussione e prostituzione minorile.

AGGIORNAMENTO. Barbara D’Urso ha diffuso questa nota in cui dichiara la sua estraneità rispetto al Rubygate.

Tutto il suo padrone

Dudù è un cane presidenziale ma anche un cane molto verace: si butta in giardino, si butta nel fango, non bada molto alla forma. Non è un cane con la puzza sotto al naso, è un epicureo.

Gabriella Giammanco, deputata PDL, a “Un Giorno da Pecora”.

 

Caccia alla verità

Tra queste frasi, una sola è stata pronunciata realmente da Berlusconi. Indovinate quale.
Un suggerimento: è la più sconclusionata e, per certi versi, esilarante.

 

I miei figli dritti come i piedi di Aldo Cerantola.

I miei figli appassionati come in un romanzo di Fabio Volo.

I miei figli strapazzati come una canzone di Pupo.

I miei figli apprezzati come il gulash a Ferragosto.

I miei figli incompresi come Giuseppe Cruciani in tv.

I miei figli allegri come Allegri al Milan.

I miei figli raffinati come Giulianone Ferrara truccato da Giulianona Stinco Lungo.

I miei figli tirati a lucido più della testa di Sallusti.

I miei figli tirati e basta più di Miccichè.

I miei figli perseguitati come gli ebrei sotto Hitler.

La triste vita del multimiliardario

silvio_berlusconi-triste

Poteva godersi la vecchiaia, senza il problema di una pensione da ritirare ogni mese alle Poste, circondato dall’affetto di figli e nipoti. Poteva uscire di scena con dignità, riscattare una vita di rischi con un declino sereno e sicuro. Poteva accettare la sconfitta senza impuntarsi o impuntarsi sino alle soglie della sconfitta e poi mollare, com’è giusto che sia. Poteva crogiolarsi in una vita divertente, con amici illustri, amiche disponibili, amicizie ramificate. Poteva dimostrare che un aspirante statista se non lascia il segno con le sue opere, non potrà farlo certo con le sue opere annunciate e mai realizzate. Poteva capire in tempo che se alle gambe delle bugie metti le protesi, avrai bugie artefatte ma sempre bugie rimarranno. Poteva dare ai soldi e alla ricchezza una parvenza plausibile di felicità, e non farli diventare il paradigma della decadenza di un’epoca. Poteva ammettere l’errore, poteva comprarsi un abito nuovo, poteva regalare a chi aveva davvero bisogno, poteva fare la storia e non la storiella.
Invece ha fatto di tutto per rendersi la vita infelice, come un qualunque delinquente che non se la racconta giusta nemmeno nel buio di una cella e nella solitudine delle amicizie a convenienza.
Triste la vita del multimiliardario Silvio Berlusconi.

I fagiolini e la gara delle cazzate

Oggi l’Italia si è svegliata con un nuovo dubbio: chi racconta più cazzate, Francesca Pascale o i cuochi di Berlusconi?
La questione è quella, avvicente, del prezzo dei fagiolini che entrano a Palazzo Grazioli. Secondo la Pascale venivano pagati 80 euro al chilo, manco fossero aragoste. Per darvi un’idea dell’enormità della questione – a parte la drammaticità del dubbio iniziale – ecco qualche cifra ufficiale.

fagiolini