Un po’ più di Unità

In controtendenza con altri quotidiani italiani, l’Unità vende di più (25% di incremento a giugno 2009 rispetto a un anno prima). Un dato incoraggiante anche se quel che pesa maggiormente nei conti di un giornale è la pubblicità.

Da Pazzo per Repubblica e www.giornalismoblog.it.

Blogger e giornalisti

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La sovrapposizione è quasi completa. Blogger e giornalisti hanno, nel campo dell’informazione, pari peso. E anzi l’anzianità di una testata spesso non dà sufficiente garanzia di qualità quanto l’indipendenza del testimone che racconta. In altre parole: ci sono casi in cui si tende a dar più fiducia a un piccolo blog, libero e responsabile, che a un giornale (o telegiornale) grande e condizionabile.
Il potere di una forma di comunicazione di massa forte e penetrante come quella della tv sembrava eterno fino a qualche anno fa. L’evento, qualsiasi e di qualsiasi entità, non esisteva se non veniva legittimato dalla televisione. Oggi ci sono altri equilibri e gli angoli bui del mondo – quelli giornalisticamente più stimolanti – sono illuminati dalle candele di non-giornalisti che attraverso le loro pagine web raccontano storie di cui altrimenti nessuno saprebbe nulla. Il caso più eclatante riguarda le cronache dell’Iran, ai giorni nostri.
Il monopolio dei giornali è stato demolito da una manciata di byte. Ed è una fortuna.
Faccio un esempio classico. Prima se un artista organizzava una presentazione delle sue opere (libri, dischi, dipinti, sculture, navi in bottiglia) doveva singhiozzare presso il quotidiano della sua città per ottenere tre righe di annuncio. E queste non sempre arrivavano e non sempre, se arrivavano, erano corrette. Adesso basta far circolare la notizia tra blog, social network e semplici e-mail per raggiungere lo stesso bacino di pubblico senza dover per forza andare a inginocchiarsi davanti a un giornalista panzuto che da dietro una scrivania ti guarda con l’aria di chi pensa che l’arte sia l’alibi dei perditempo.
E’ tutto più semplice. Ma fino a un certo punto. Perchè se la circolazione delle notizie si è moltiplicata, lo stesso fenomeno si è verificato con i giudizi. Insomma, se prima rischiavi una stroncatura su carta (che durava un giorno, il tempo di permanenza del quotidiano nelle mani dei lettori), adesso rischi cento stroncature telematiche (che sono perenni, legate al tuo nome, da qualsiasi motore di ricerca ci si arrivi).
Come nei giornali, anche nel web c’è molta improvvisazione, ne abbiamo parlato. Quindi non è scientificamente dimostrato che questo new deal di “informazione allargata” sia conveniente sotto il profilo della qualità. Però c’è un vantaggio certo: poca sabbia per nascondere.
I giornali hanno molto da imparare dagli scribacchini del web: per rapidità d’esecuzione, per ramificazione di fonti, per varietà di significati, per originalità. Devono solo ammettere uno stato di minorità, armarsi di una buona dose di umiltà e chiedere a un brufoloso blogger di Teheran: scusa, ci spieghi la strategia di Ahmadinejad?

Chi lo ha detto?

Pino Maniaci dice che la mafia ha deciso di ammazzarlo. Conosco i miei polli e so come hanno reagito alla notizia molti colleghi giornalisti. Facendosi una domanda cruciale: “Si vabbè e chi lo ha detto?”.
Io, che da tempo mi sono isolato dalla categoria, questa domanda non me la sono posta: credo a Maniaci e basta.
In certi casi l’arte di spaccare il capello è un ottimo modo per affettare la verità.

Uno straccio raffinato

Mi era sfuggita questa perla di Paolo Liguori. Per fortuna l’ha raccolta Giamo.

La satira di Libero

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Titolo di apertura di Libero di oggi: “Censurato Berlusconi”. Questa sì che è satira.

I nani dell’informazione

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In tempi di “minziate” (cioè di stupidaggini dette e/o fatte da Augusto Minzolini) è utile ricordare la storiella di un’altra colonna (si fa per dire) del Tg1.
Nel 2002 il giornalista Francesco Giorgino si rifiutò di ricevere un premio, l’Oscar degli Angeli, a Monte Sant’Angelo, in Puglia, perché a consegnarglielo sul palco doveva essere Vladimir Luxuria.
L’anchorman fu premiato lo stesso con tutti gli onori. E Luxuria relegato nel parterre.

Grazie a Raffaella Catalano.
L’immagine è tratta dal blog di Salvo Toscano.

Messina a Palermo

Pare che da settembre Sebastiano Messina sostituirà Enzo D’Antona come capo della redazione di Repubblica-Palermo.

Difesa di lusso

Il Corriere della Sera affida oggi la difesa di Berlusconi a un tunisino che vive a Parigi, amico di Murdoch e, strano ma vero, anche del nostro tromba-premier, rappresentante dei francesi in Mediobanca, socio dei miliardari di mezzo mondo, in affari con Mel Gibson e Steven Spielberg e nipote di Bourghiba. Si chiama Tarak Ben Ammar e, rassicurano da via del Solferino, non ha alcuna parentela diretta con Dio.

Schiaccia la notizia

Di Minzolini abbiamo già parlato. Temo che il direttore del Tg1 diventerà un nostro affezionato cliente…

Fino a qualche tempo fa

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Fino a qualche tempo fa  non nutrivo un’eccessiva simpatia per Michele Santoro. Lo trovavo  istrionicamente fazioso.
Fino a qualche tempo fa non nutrivo un’entusiasmante simpatia per il quotidiano “la Repubblica”. Pur avendo a lungo collaborato con l’edizione palermitana dello stesso giornale (o forse proprio per questo), lo trovavo snobisticamente fazioso.
Fino a qualche tempo fa giuravo a me stesso che non sarei mai stato fazioso. Mi sembrava un atteggiamento da ragazzino dei centri sociali (luogo che ho spesso frequentato), legato a slogan facili e digiuno di senso critico indipendente.
Fino a qualche tempo fa non avrei mai creduto che essere faziosi potesse diventare, nel nostro paese, qualcosa di più che una posa, ovvero un’esigenza, un’urgenza, una necessità.
Fino a qualche tempo fa, non avrei mai sognato, nemmeno nei miei incubi peggiori, di sentire la voce critica del mio paese ridotta a pochi solisti testardi (e, visti i tempi, coraggiosi o incoscienti). Tra questi un giornalista televisivo, un giornalista-saggista, un vignettista satirico e una sola, agguerrita testata di giornale.
Da qualche tempo sono fazioso, ricompro “la Repubblica” e non mi perdo una puntata di Annozero.