Giochi (tristi) di parole

la-rep

Comunque mescoliate le parole di questo titolo, il senso non cambia.

Esempio:
Metro, posti riservati a Franceschini
I milanesi: ecco i razzisti

Oppure:
In Libia Franceschini, Maroni felice
I migranti: ecco i razzisti

Oppure ancora:
Libia, posti riservati a Maroni
I razzisti: ecco i migranti
In metro i milanesi: Franceschini felice

Mainstreaming

tombstone-netscapeNon sono un pioniere di internet, ma neanche un novellino. Bazzico il web da poco più di dieci anni e ho fatto i gradini uno per volta: Altavista, i modem “a carbone”, Netscape, Icq, Napster, i primi blog bicromatici…
Ciò che mi ha subito affascinato della Rete è stata la vastità di argomenti a me sconosciuti. Navigare o, come si diceva un tempo, surfare era come muoversi con un aratro in un terreno sconosciuto: non sapevi mai quello che veniva fuori tra le zolle e l’unico effetto garantito era quello della sorpresa.
Nel tempo, com’è normale, le cose sono cambiate.
I giornali più illuminati hanno capito che internet non era il Grande Nemico, quelli più gretti hanno tentato di far finta che non esistesse. La tv ha messo su il baraccone della multimedialità spacciando per nuovi, contenuti riciclati e affidandosi a un’interattività zoppa (cioè con tempi di risposta da piccione viaggiatore).
E il web?
Da dispensatore di chicche, dritte, pareri originali, invenzioni, è diventato un figliastro che si nutre delle carni della matrigna. Sempre più spesso – e lo scrivo con seria autocritica – i blog, cioè l’espressione più promettente della circolazione di idee alternative, riciclano materiale dei giornali e delle tv che viene riaddentato dai media tradizionali per finire nuovamente tra le fauci dei consumatori di bit e così via. La conseguenza è il mainstreaming delle voci fuori dal coro.
I blog sono un’ottima vetrina di opinioni. Pensate: in quest’ambito non valgono le spintarelle, le amicizie, il valore della testata. Valgono solo gli autori dei post e dei commenti. Non c’è mediazione, non ci sono trattative prima di andare in stampa. C’è un contenuto, c’è il suo gradimento, ci sono le reazioni.
Eppure, se ci guardiamo attorno, abbonda la pigrizia e scarseggia l’inventiva.
Il mio timore è che i blog sostituiscano i giornali solo perché gli assomigliano sempre più.

Chi?

corriere-it

Il dodicenne (o il Telefono Azzurro)?

Da Corriere.it

Cattivelli

Alcuni fanno notare la strana coincidenza tra la presentazione del nuovo direttore de La stampa, Mario Calabresi, e il black-out che ha paralizzato il sito della testata per molte ore.  Cattivelli.

L’impegno e l’umiltà

palermo-in-tascaEsattamente un anno fa dedicai un post spietato a “Palermo in tasca”, un mensile gratuito che si stampa nella mia città. Andai giù duro contro quello che ritenevo fosse un giornaletto sgrammaticato e realizzato senza alcun criterio professionale.
Ai primi di giugno mi arrivò una e-mail dall’editore del periodico. Cominciai a leggerla con la rassegnazione di dovermi sorbire una buona dose di ingiurie. Invece, riga dopo riga, mi sorpresi a leggere frasi come “non possiamo darle torto, siamo nuovissimi e inesperti nel campo del giornalismo” e “anzi questa è per noi un’ottima occasione, se riuscissimo a metterci in contatto, per poter finalmente parlare con qualcuno che possa darci dei validi consigli”. La e-mail si concludeva con uno spiazzante “la ringraziamo di aver prestato attenzione alla nostra rivista”.
Ieri, mentre mi accingevo a iniziare la presentazione di un libro, un signore e un ragazzo si sono avvicinati. In mano avevano due copie di “Palermo in tasca”.
Erano l’editore e suo figlio (che lavora con lui).
“Finalmente ci conosciamo. Siamo venuti per farle vedere che il giornale è migliorato. Guardi, guardi qui…”, hanno detto.
Mi piace pensare che queste persone abbiano lavorato un anno per quel momento: il momento di raccogliere il minimo frutto del consenso di un loro censore, di strappare un cenno di premio per il loro amor proprio, di sentirsi sorretti da chi aveva mirato alle loro gambe.
“Palermo in tasca” ha ancora molta strada da fare per migliorarsi. Ma – lo ammetto – l’impegno e l’umiltà dei suoi editori valgono più di un mio giudizio.
Chapeau.