Guardare Minzolini per Fede


Ieri sera mi sono reso conto di un fenomeno imbarazzante che mi riguarda. Da qualche tempo alle 20 vado automaticamente su Raiuno, per vedere il Tg di Minzolini.
Per anni, anche a causa del mestiere, a quell’ora ho guardato in contemporanea il Tg5 e il Tg1 con la curiosità di mettere a confronto le due versioni.
Ora non è più così.
In quegli anni di zapping forsennato ho seguito compulsivamente anche il telegiornale di Emilio Fede, quasi ogni sera per almeno una decina di minuti: la massima dose consentita dal mio fisico. Oggi so che ero attratto dalla sua capacità di sorprendere con giochi di prestigio e cronache fantascientifiche.
Ecco, adesso guardo il Tg1 come ieri guardavo il Tg4. Solo che ieri ci ridevo su.

Gli specialisti

Ieri Minzolini, per il Tg1 delle 20, ha fatto commentare l’autodifesa di Fini alla redazione online. Che è come affidare la telecronaca del Gran premio di Imola a un gommista, o il commento di un comizio di Bossi a un logopedista.

Pregiudicato per disinformazione

L’aspetto della nuova uscita di Minzolini che dovrebbe destare scandalo (e anche un po’ d’allarme) è quello legato alla reiterazione. Cioè – ma è lo stesso Garimberti a farlo trasparire nella sua lettera al direttore della Rai Masi – il fatto di essere un “pregiudicato” della disinformazione.
E’ chiaro anche ai bambini, anche a quelli incolpevolmente berlusconiani, che un direttore può dire la sua su qualunque tema politico, auspicare elezioni anticipate o fare il pesce in barile, ma se quel direttore non perde occasione per tirare la volata al partito di maggioranza allora abbiamo un problema.
Anche perché vale sempre la pena di ricordare al mondo intero il Tg che Minzolini dirige è parte di un costosissimo servizio pubblico che spesso è troppo al servizio e poco pubblico.

Il Tg1, Bossi, il ponte sullo Stretto

Ogni sera, nel torpore agostano di un Tg1 che in quel torpore sguazza felice e realizzato, c’è un servizio su Bossi che biascica dittonghi senza esito e parla di un’entità geografica che non esiste, la Padania. Eppure, lui che è ministro per il Federalismo dovrebbe stare attento a rimanere all’interno dei confini del geograficamente plausibile.
Poi ieri sera è andato in onda un servizio dal titolo: “Ponte sullo stretto, un’opera che divide” (lo trovate qui, al minuto 25,39, dopo una gaffe tecnica che mostra una demolizione militare al posto della costruenda opera). L’ho visto con curiosità. L’ho anche rivisto su internet, per essere certo di aver capito bene.
Un’opera che divide? Nel servizio, a parte due frame, non c’è voce discordante rispetto al progetto del governo: un altro errore da matita blu per Augusto Minzolini, soprattutto tenendo conto del titolo fuorviante. Eppure, lui che è direttore del Tg1 dovrebbe stare attento a rimanere all’interno dei confini del giornalisticamente corretto.
A proposito di confini. Tra Bossi che invoca la supremazia della Padania e Berlusconi che vuole gettare ponti verso le propaggini dell’impero, io sono a favore del primo. Si dia ai padani quel che è dei padani. Ma si lasci agli isolani – che vivono da sempre di mare a nord, sud, est e ovest – la possibilità di essere lontani, difficili, isolati.
Quanto al ponte, non mi stanco di citare il meraviglioso articolo di Gesualdo Bufalino su la Repubblica del 19 settembre 1985. Che così si concludeva:

Con tutto ciò, come negare l’ esistenza del tumore Sicilia e delle sue minacciose metastasi d’esportazione? E’ un morbo vecchio di secoli, ma non saranno nè la segregazione nè l’ aggregazione a salvarcene: nè una chirurgia che ci amputi, nè un ponte che ci concilii. Occorrono cure diverse, e io dico timidamente: libri e acqua, libri e strade, libri e case, libri e occupazione. Libri.

Se cade un Petruni

E’ accaduto ieri.  In tutti i collegamenti in diretta e con compulsività patologica, Susanna Petruni nella sua trivalente veste di inviata a Siena, di vicedirettore del Tg1, di berlusconista osservante (e purtroppo praticante), ci ha ricordato come la tragica morte del turista francese alla vigilia del Palio non sia la conseguenza di qualche magagna umana, dell’incuria pubblica o di un cedimento strutturale, ma di una strana maledizione.
Va bene la nota di colore, va meno bene l’inseguire la superstizione sino a farla diventare elemento fondante della cronaca.
Il male che viene dall’alto (anche se sotto forma di pezzo di cornicione) nella logica della trivalente Petruni, ha ragioni che vanno cercate nella cabala, nei colori dei gonfaloni, o chissà nei fondi di caffé.
Non c’è mai una ragione razionale, a certe latitudini di ragionamento, per le sventure di noi umani. Del resto il partito dell’amore, nei cui confronti la Petruni non nasconde devozione, ha vietato ogni legame di casualità con quel che normalmente accade. Se viene giù un palazzo o il mibtel, ci sarà un motivo: odio o sfiga. Mai una responsabilità personale.

Più Tg1 per tutti

La conseguenza più drammatica del mancato via libera ai talk show in tv rischia di sfuggire alla maggior parte degli italiani.
La vera emergenza, in un’Italia socialmente lobotomizzata, non è il fatto che un qualsiasi programma di informazione debba passare al vaglio del governo (roba che neanche in Congo…), ma che il vuoto informativo sia alla fine colmato dal sottovuoto disinformativo: si è deciso che il Tg1 di Minzolini sarà più lungo proprio per dirci cosa ci siamo persi della politica italiana. Che è un po’ come  cercare di risolvere il problema di un non vedente assicurandogli una fornitura rafforzata di occhiali da sole.
Nel migliore dei casi, una carognata.

Quello che Minzolini non vi ha detto

Dubito che tra i lettori di questo blog ci siano persone che usano come fonte esclusiva di informazione il Tg1 (neanche a Palazzo Grazioli se ne trovano, dato che lì si ci si intrattiene anche davanti al Tg4 e a Studio Aperto), però è bene essere prudenti e raccontare brevemente quello che il direttore del Tg1 Augusto Minzolini non ha detto ieri e, poltrona natural durante, non dirà mai.

Dell’Utri non è stato assolto, ma condannato in appello a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Reato grave.

I giudici hanno ritenuto provato che il senatore del Pdl ha intrattenuto stretti rapporti con la mafia di Stefano Bontade e con gli uomini di Totò Riina e di Bernardo Provenzano, criminali sanguinari.

Stando così le cose, Dell’Utri potrebbe scontare almeno due anni di carcere veri. Cioè in cella: sbarre e sole a scacchi.

La testimonianza di Massimo Ciancimino, che avrebbe affossato il senatore, non è stata accettata dalla Corte d’Appello perché il figlio dell’ex sindaco mafioso non è stato reputato attendibile. Peccato che il Tribunale di Palermo, nella sentenza contro l’ex deputato di Forza Italia Giovanni Mercadante, lo abbia giudicato in modo diametralmente opposto.

Uno degli accusatori di Marcello Dell’Utri, il pentito Gaspare Spatuzza, ha motivo di temere più lo Stato che la mafia. Infatti se Cosa nostra gliel’ha giurata per motivi, per così dire, fisiologici (uno che tradisce gli uomini d’onore non può sperare nell’applauso dei suoi correi), il governo italiano ha deciso che costui non merita la protezione e che quindi può essere ammazzato tranquillamente. Motivo ufficiale: non ha rispettato il limite dei 180 giorni per dire tutto quello che sa. Scempiaggine colossale per chi conosce la legge, come i procuratori e i magistrati che hanno richiesto la sua protezione. (Nota: non ho alcuna simpatia per Spatuzza e per gli ex mafiosi, però ne ho ancora di meno per i delinquenti ancora in corsa, in carriera)

Lo Stato, mai come prima, ha fatto pressioni inaudite su questo processo. Basti pensare alla porta sbattuta in faccia dal governo a Spatuzza. Governo il cui premier – non è un dettaglio – è accusato dallo stesso Spatuzza.
Cos’è questo se non un conflittone di interessoni?

Uno che dice di un mafioso conclamato “per me è un eroe” va internato. Uno che lo ripete a distanza di mesi va chiuso in galera. Se poi è un parlamentare, in cella ci deve finire a calcioni. E i primi a darglieli dovrebbero essere i suoi compagni di partito.

Scoop di Minzolini: assolto Dell’Utri

Là dove la fantasia si ferma, Minzolini spicca il volo. Il servizio di oggi sulla condanna di Marcello Dell’Utri è stato infatti un capolavoro di equilibrismi e acrobazie.

Qualità

Hanno premiato Minzolini. Meritatamente.

Grazie a Raffaella Catalano.

Mestieri diversi

Che il Tg1 di Minzolini sia il peggiore dell’era moderna, non ho dubbi. Che le epurazioni dei giornalisti siano una pratica barbara, idem. Ma che si debba fare una battaglia per riportare una professionista (pur seria e preparata) come Tiziana Ferrario alla conduzione di un telegiornale, mi pare troppo. Un direttore avrà pur diritto di provare volti nuovi. E la brava Ferrario avrà pure la possibilità di esercitare il suo mestiere scrivendo, viaggiando, raccontando.
In fondo, un mezzobusto è la versione seduta di un bravo presentatore. Quello del bravo giornalista è un altro mestiere.