Ma va?

Raffinatezze

E per concludere, una premessa

Una quindicina di anni fa mi presi la briga di annotare tutte le battute e le minchiate che si sparavano durante la riunione dei capi al giornale. Ne venne fuori una raccolta che strappava più di un sorriso. L’ho riletta ieri e, a parte la malinconia nel constatare che uno dei protagonisti non c’è più, ci ho trovato esattamente ciò che eravamo: un gruppo di giornalisti male assortiti, abbastanza divertiti, molto dediti al mestiere. Eravamo tutte persone che avevano iniziato a lavorare da giovani quindi, pur non essendo anziani, masticavamo senza vergogna abbondanti dosi di cinismo (l’antidoto fondamentale contro il mal di giornalismo).
Le frasi raccolte erano ovviamente tutte vere e verificate, dato che quando ero assente c’era chi le annotava per me. Una delle più divertenti era questa.

Giornalista A: “Abbiamo le prime lettere di licenziamento degli operai della Fiat”.
Giornalista B: “Pubblichiamole, cosa c’è scritto?”
Giornalista A: “Mah, le solite cose: ho il piacere di comunicarle…”

Tutto vero, realmente detto. Come il titolo di questo post (che dava il nome alla raccolta).

Una vecchia novità

Il Giornale di Sicilia dedica oggi il suo titolo principale a una “novità”: le tracce dei temi per la maturità inviate online a tutte le scuole d’Italia. E’ un peccato che la “novità” fosse già nota da più di una settimana.

Praticamente un necrologio

Oggi il  Fatto Quotidiano saluta così Luca Telese.

Un giornale non è una democrazia

l mio primo direttore Orazio Mazzoni (ex Il Mattino) diceva che un giornale non è una democrazia. Assomiglia invece a una caserma. Ci sono generali, colonnelli, capitani, soldati. Se i soldati decidono come fare la guerra, allora è il caos. Nei giornali c’è un direttore, un vicedirettore, i capiservizio, i cronisti. Se il responsabile di una sezione – ad esempio le pagine di Politica – vuole decidere la linea del giornale, allora è il caos. Inoltre, diceva Mazzoni, se i cronisti vogliono decidere quale notizia far uscire, allora il giornale rischia di non andare in edicola.

Enzo Di Frenna spiega in parole semplici perché Luca Telese, che ha lasciato il Fatto quotidiano criticandone la linea editoriale, ha torto.

Le correzioni

La prima pagina de “la Sicilia” di oggi ci racconta chi erano e a cosa servivano i correttori di bozze quando esistevano.

Ho titolato in maniera sublime i pezzi più disperati

Tra le proposte di collaborazione capita anche di ricevere mail come questa, che copio e incollo depurandola dei dati personali e aggiungendo solo il colore rosso per sottolineare i passaggi più appassionanti.

 

Caro collega Gery, mi chiamo (…)
Probabilmente gia’ mi conosci, sono una collega professionista, (…), attualmente direttore del quotidiano (…). Sono stata fino al mese scorso,e per circa 13 anni, anche redattore per (…) ; certamente la migliore giornalista fra altri seppur validi ma sparuti colleghi.
Per renderti conto del mio “valore” puoi collegarti con il mio sito (…). Per il giornale, oltre a scrivere servizi e articoli di vario genere e spessore, ho fatto anche molto lavoro al desk: passando agevolmente e impeccabilbente anche i pezzi piu’ disperati… e titolandoli in maniera “sublime”. Più volte un mio titolo non e’ passato inosservato, ma ha ricevuto inaspettati complimenti anche dai colleghi (…).
Ora, “senza giri di parole”, ti saluto pur dicendoti che non credo mi risponderai… a meno che tu non sia, o che tu non ti creda, migliore di me.
Cordialmente.

 

Contrordine, i lettori del web non sono scemi

Appare sempre più decisivo il ruolo del web nei meccanismi di diffusione della notizia. La recente tornata elettorale ci ha dimostrato – ma non ce n’era bisogno – che la partecipazione diretta dei cittadini alla consultazione e al decrittamento dei dati del voto produce ricchezza informativa. I lettori del web non sono, come qualcuno ormai in minoranza vorrebbe fare credere, meno prudenti di quelli della carta stampata. Sono solo più fortunati perché hanno più mezzi per accedere alle infinite stanze della realtà. Continua a leggere Contrordine, i lettori del web non sono scemi

Altro che maggiordomo, il colpevole è l’economista

Sui media c’è un processo di semplificazione che in questo momento rischia di piallare le notizie rendendole tutte consone a una tesi: la crisi economica è alla base di tutto, omicidi, depressione, sparizioni, atti di follia, incidenti, suicidi.
E’ chiaro che qui nessuno si sogna di sminuire la gravità della situazione finanziaria del Paese e soprattutto delle famiglie italiane, ma il voler ricondurre forzatamente ogni evento straordinario e drammatico a un’unica causa, straordinaria e drammatica anch’essa, non dà ragione alla cronaca.
Stamattina ho visto un titolo emblematico sulla Nuova Sardegna: “Macellaio sparito, gli affari erano in crisi”. Ogni passo fuori misura, ogni comportamento anomalo viene insomma misurato col metro del conto bancario. Se sei in rosso e ti allontani da casa perché tua moglie detesta l’odore dei tuoi calzini, ti descriveranno subito come aspirante suicida. Se invece i soldi ce li hai e ti butti da un ponte perché tua moglie ti tradisce con un commercialista scriveranno che eri ossessionato dalle tasse. Non c’è più spazio per un ingiustificato atto di follia.