Pronti alla guerra civile.
Giuliano Ferrara fa scorta di fagioli e lenticchie.
La Santanché si occuperà dello sbarco in costa Smeralda.
Brunetta si infiltrerà tra i tacchi del nemico.
La Pascale non ha ancora deciso cosa mettersi.
Prime crepe nel Pdl: La Russa si oppone al coprifuoco per l’ora dell’aperitivo.
L’Olgettina dichiarata zona militare.
Alfano ordina di attendere ordini.
Il Pd prepara il documento di resa.
Bersani rispolvera la sua collezione di bandiere bianche.
Fede e Mora ricostituiscono la Giovine Italia, solo un po’ più giovane.
Tag: condanna
“Date gli indirizzi delle tre puttane”
Sul sito del Giornale di Berlusconi sbocciano commenti sulla sentenza di condanna, anzi sui giudici che hanno emesso la sentenza. Eccone alcuni, non sono riuscito a leggerne altri perché non ho più lo stomaco per certe porcherie.
Giudici corrotti. In galera, viste anche le facce che si ritrovano
Una vergognosa e continua esuberanza dei Magistrati. Bene. Ora, che hanno raggiunto l’orgasmo politico di essere “prime donne”, BUTTIAMOLE VIA!
Queste tre str..aordinarie, mer..avigliose donnine hanno lavorato per ben 7 ore in camera di coniglio per emettere una vergognosa sentenza già scritta da tempo. Come avranno impiegato quelle ore? Spettegolando, suggerisce una mia conoscente, o programmando le rispettive vacanze che io auguro loro serene e riposanti!
complimenti a quelle tre donne che hanno scritto una delle pagine più brutte della storia. (…)queste tre e tutti quelli come loro meritano solo sputi.
Questa sentenza ha dell’incredibile. Come si può condannare un uomo che si prende cura di povere ragazze pagando loro casa e stipendiandole? Chissà quanti altri poveri cristi nelle stesse condizioni!!!
Una giustizia Bulgara amministrata da pm e giudici donne in evidente stato di “aviocarenza”…si consiglia l’effettuazione di alcuni trattamenti a base di Siffredyn ed una robusta completa rivisitazione della giustizia italiana.
Che foto! Altro che donne, c’era più femminilità nei fratelli Gibbs.
questo è un processo mafioso, giudici uguali a capi clan….
Non vorrei sembrare omofobo, ma secondo voi è corretto che il magistrato fosse una donna e che il collegio giudicante fosse composto da 3 donne?
La foto delle uniche 3 puttane è evidente. Date i loro indirizzi, le loro frequentazioni, fate in modo che possano sentire il calore di chi le vuole ringraziare!
Ma come sono belle, è proprio una bella troika.
Uguale uguale
A Silvio
Dell’Utri il furbo
Non sono per le manette a Marcello Dell’Utri, sono per una giustizia che non faccia sconti a furbi e protetti.
Mi dispiace, non siamo tutti Sallusti
Il tam tam internettiano in difesa di Alessandro Sallusti ha toccato picchi di ipocrisia e superficialità da Guinnes dei primati. Ieri ho letto migliaia di messaggi deliranti sulla vicenda del direttore del Giornale che, lo dico apertamente, non merita di finire in carcere vivendo in un paese in cui in carcere non ci stanno più neanche i corruttori e gli assassini.
Su Twitter impazzava l’hashtag #siamotuttisallusti, e bastava scorrere i commenti per avere la prova dell’effetto deleterio delle catene di Sant’Antonio: quando si diffondono parole senza senso, la ragione vaga come una barca senza timone.
La panzana più grottesca (e purtroppo più frequente) ieri era basata sull’equivalenza tra il caso Sallusti e la libertà di stampa. Caso da manuale in cui si confonde il mestolo con la minestra: operazione che non solo è da stupidi, ma che fa anche male alla salute (provate a ingoiare un mestolo e vedrete quanto ve ne frega poi della minestra).
Il problema del direttore del Giornale è quello di aver violato la legge, legge che può piacere o meno ma questo è un altro discorso. La libertà di stampa non c’entra un tubo perché il giornalista non può mai avere garanzia di impunità per ciò che scrive, per di più sbagliando. La libertà di stampa insomma non è uno scudo contro l’irresponsabilità, ma una necessità dello stato democratico, cioé qualcosa di sideralmente distante dal privilegio di casta.
Sallusti non merita il carcere per la sopra citata questione di congruità (prima in cella ci vadano e ci restino i delinquenti, poi – ma proprio poi – si penserà ai diffamatori), ma evitiamo di fare le fiaccolate per uno che con la buona informazione, quella non asservita alle esigenze del padrone, quella che non insegue gli asini che volano, non c’entra niente.
Il caso Boffo non vi dice niente?
Il giudice alla lavagna
La Cassazione ha bollato definitivamente come colpevole l’insegnante Giuseppina Valido che fece scrivere “sono un deficiente” a un alunno che aveva dato, sprezzante, del gay a un compagno. Sulla sentenza ci sarebbe da contro-argomentare a valanga e non certo per attaccare i giudici, ma per celebrare una sempiterna affezione alla ragione. Capovolgere la realtà, cioè sancire che il colpevole è vittima e che chi ha esercitato perfettamente il controllo invece lo ha fatto male, è un gioco molto pericoloso.
Ma, come si dice, le sentenze si rispettano, eccetera. Tuttavia, lavorando di immaginazione, una cosa mi piacerebbe. Che i giudici della Cassazione scrivessero dieci volte alla lavagna la loro sentenza.
Due anni e la noia
Due anni fa scrivevamo in queste pagine della vicenda Amia e del senatore Enzo Galioto. Oggi questo signore è stato condannato per falso in bilancio e false comunicazioni sociali e se la farà franca perché come avevamo previsto, sempre due anni fa, colui il quale doveva denunciarlo come parte lesa era un suo compare di partito e, peggio ancora, era anche colui che lo aveva piazzato in quel posto chiave. Quindi niente denuncia e vai con la prescrizione.
Il dramma è che un tempo cresceva l’indignazione, oggi sale solo la noia.
A Cesare quel che è di Cesare
Quello che sta accadendo per il caso di Cesare Battisti è un tipico esempio di ubriacatura da superficialità collettiva. Che produce errori da una parte e dall’altra, col risultato di estremizzare sempre più le posizioni.
Infatti se andate a vedere chi sono i protagonisti più agguerriti dello scontro vi accorgerete che non c’è spazio per un moderato ragionamento tra i finto-giustizialisti più agguerriti e gli pseudo-intellettuali più radicali. I primi brandiscono la clava di una linea dura che riguarda tutti tranne che il loro capo (uno che le leggi se le fa fare su misura, come gli abiti). Gli altri si agitano sui sentieri del ragionamento evitando di fare i conti con le strettoie del diritto.
Quel che, mi pare, manchi è quel pizzico di logica che, come sempre, riconcilia i furori con la ragione.
Battisti ha condanne in contumacia all’ergastolo per quattro omicidi. In almeno un paio di casi – a dire degli innocentisti – c’è qualche ombra nella ricostruzione giudiziaria. Attenzione: siamo davanti a sentenze definitive, quindi vagliate da decine di giudici.
Due considerazioni.
Se anche in un caso – il delitto Torreggiani – ci fossero dubbi sul reale coinvolgimento del condannato, rimarrebbero gli altri omicidi a giustificare la pena da scontare.
Se anche in un caso – il delitto Torreggiani o qualsiasi degli altri – si fosse verificato un errore giudiziario, bassissima (se non inesistente) sarebbe la possibilità di una ripetizione ossessiva dello stesso errore.
La tesi degli innocentisti porta, senza mai nominarla apertamente, alla congiura. A una sorta di ordine di Stato per incastrare Cesare Battisti. Tesi sconclusionata data la caratura del personaggio. Se proprio si fosse voluto prendere un capro espiatorio non si sarebbe scelto un delinquentello rapinatore conclamato. Si sarebbe puntato decisamente più in alto.
La tesi dei giustizialisti è viziata da un peccato originale: quello di un doppiopesismo ridicolo, con una legge che deve essere dura per alcuni e impalpabile per pochi altri.
In realtà – ne avevamo parlato un paio d’anni fa – ci sarebbe solo da mandare ognuno al proprio posto: Battisti in galera, perché, se anche fosse un perseguitato, di quattro omicidi ne avrebbe commesso almeno uno (e non parliamo di bruscolini); gli intellettuali (o pseudotali) fuori dall’arena; i politicanti fuori dalle scatole.
Insomma ci sarebbe da dare a Cesare quel che è di Cesare.