La Raggi non sapeva nulla. Anzi non sa nulla

In questo titolo di Repubblica.it c’è tutto il grottesco di una politica che si è persa ai confini della realtà. La Raggi non molla perché ha la fiducia di Grillo, cioè di un (bravo) uomo di spettacolo che non ha voce in capitolo su un rappresentante del popolo regolarmente eletto. La fiducia ha un peso a seconda del ruolo di chi la dà. La fiducia di vostro marito o di vostra moglie conta in ambito familiare, ma è ininfluente se vi spostate in assemblea condominiale dove persino il parere del portinaio può avere una rilevanza superiore rispetto a quello di chi vi ama. Ecco, qui si è superato il limite tra fantascienza e verosimiglianza.
Quanto a Romeo, l’uomo più generoso dell’era moderna, c’è già una schiera di simpatizzanti con assicurazioni di motorini e cedole scadute da regolare: questo signore a quanto pare elargisce paccate di euro travestite da polizze a seconda del suo livello di endorfine. Un’occhiata dolce, cinquemila. Un sorriso ammiccante, seimila e cinquecento. Pare la versione politically correct di un Bunga Bunga virtuale dove non si premia l’ancheggiamento o chissà cos’altro, ma il velenose bene (magari via chat).
Infine, la chiosa. Lui dichiara: “È solo stima, non sapeva nulla”. Solo stima chissà. Assoluta certezza sulla seconda frase. Con estensione obbligatoria a molto, molto altro.

Elogio di Fabrizio Carrera

Su Fabrizio Carrera, giornalista e molto altro (laddove il molto altro è più di quanto molti altri potrebbero immaginare), potrei scrivere un trattato. La cerchia di amici comuni o meglio dei correi di un giornalismo appassionato e divertente (quindi ontologicamente passato) avrebbe da aggiungere tante di quelle postille da formare un’enciclopedia a parte.
Qui mi limito a riferire che oggi ho assistito al Best in Sicily 2017, decima edizione del premio all’eccellenza dell’enogastronomia e dell’eccellenza siciliana: che in fondo è anche una sorta di the best of Carrera. Ho visto un Teatro Massimo stracolmo, soprattutto di giovani, dove si parlava di economia, di turismo, di cultura del cibo. Ho visto luci sul futuro e orizzonti di speranza. Ho visto un tripudio di buone intenzioni e soprattutto il frutto di tanta fatica. E ho visto lui. Fabrizio Carrera. Il matto col quale io e gli altri correi abbiamo condiviso notti insonni al giornale in attesa dell’intervista impossibile (un esercizio di giornalismo acrobatico in cui Fabrizio si lanciava all’inseguimento di un personaggio inafferrabile, impegnando uno spazio in pagina, e riusciva nell’intento solo quando le rotative stavano per entrare in azione). Perché Fabrizio Carrera vive di asticelle che non temono vertigini, di traguardi che non devono essere tagliati, ma inventati.
Matto è matto. Perché progetta e non pianifica. Inventa e consegna al destino. Pensa e non si cura delle conseguenze del pensiero. Lo chiami al telefono e magari non ti risponde per mesi, ma quando ti risponde ti risarcisce dei mesi passati.
Perché non vive di riflesso e ti fa invidia la sua meravigliosa imperfezione. Non si ferma mai, questa è la sua forza.
Insomma, è bravo e per dirglielo devi metterti a scrivere con la speranza che un giorno ti legga.

Dare (in coro) dell’idiota a chi lo è

Era stata la prima coppia gay di Torino ad unirsi in unione civile. Ieri l’Ansa Piemonte ha dato notizia della morte di uno dei due. Ecco un piccolo estratto del florilegio di commenti su Facebook. Lascio i nomi perché la verità ha sempre nome e cognome. #laveritaprimaditutto

Perché bisogna essere prudenti su Ferrandelli

A volte ritornano. Ancora una volta la cronaca giudiziaria entra a gamba tesa in una competizione elettorale. E ancora una volta ci tocca osservare senza farci tentare dai pregiudizi, ma senza nemmeno fare i pesci in barile. Dopo il caso delle firme false del Movimento 5 Stelle, che ha decimato il parterre di candidati e stremato i pazienti militanti delle truppe grilline, esplode la bomba Ferrandelli. Un collaboratore di giustizia, Giuseppe Tantillo, parla di soldi in cambio di voti nelle Amministrative del 2012, quelle in cui Leoluca Orlando parlò di brogli elettorali. E appunto fa il nome di Fabrizio Ferrandelli, che è in corsa anche in questa competizione, in uno scenario diverso dato lo scacchiere delle alleanze ancora non definito.
Il caso dei 5 Stelle sembra ormai abbastanza definito, a meno del sorgere di un ennesimo complotto tipo la penna corrotta dai poteri forti delle multinazionali dell’inchiostro che firma da sola senza una mano che la accompagni: i periti della Procura di Palermo confermano che almeno duecento delle firme per la presentazione delle liste del 2012 sono false. Chi ha sbagliato paghi. E finiamola coi teatrini dell’informazione e del blabla del neo-politichese in salsa negazionista. Amen.
Il caso Ferrandelli è invece molto più complesso. Perché si basa su dati che ancora devono essere filtrati. Non c’è motivo di mettere in dubbio la genuinità delle indagini della Procura di Palermo, ma – va detto senza remore – la stessa risolutezza va usata nei confronti dell’indagato. Per un paio di semplici motivi che spiego sinteticamente (non è il caso di essere prolissi quando la realtà ci presenta solo una parte del conto).
Il collaboratore che accusa Ferrandelli sino al maggio scorso non aveva una patente di attendibilità, poi la situazione è cambiata. Ci saranno effettivamente buoni motivi che non conosciamo.
Lo stesso collaboratore non ha ancora superato un vaglio di credibilità col puntello di una sentenza. L’atto della Procura, oggi, è un passaggio a garanzia dell’indagato Ferrandelli, ma sarebbe da stolti non rilevare che questa garanzia – dato il momento – si trasforma in qualcosa dall’effetto diametralmente opposto.
D’altro canto a chi parla, il più delle volte strumentalmente, di giustizia a orologeria va ricordato che Tantillo ha finito di dichiarare (cioè di vuotare il sacco) un paio di mesi fa. Quindi i tempi del meccanismo giudiziario coincidono con quelli della cronaca.
Magra consolazione: A volte ritornano: vittime, carnefici, illusioni, disillusioni. Comunque spettri.

AGGIORNAMENTO. Qui il podcast della puntata di oggi de Il giustiziere su Radio Time.

Al cospetto di sua maestà

C’è un luogo a cui penso sempre. E se dico sempre vuol dire che ci penso quando sono triste, quando sono felice, quando sono annoiato, quando sono incasinato, quando sono solo e quando sono in compagnia. Ci penso anche in altre mille situazioni, ma la faccio breve altrimenti il preambolo si aggancia alla palpebra e la tira giù.
Questo luogo è un posto scomodo, quasi ostile, a oltre tremila metri di quota, dove fa sempre freddissimo (stamattina – e c’era il sole – eravamo a meno diciannove). Si ammira da Cime de Caron, in Francia, sulla vetta delle 3 Vallées, il più grande comprensorio sciistico del mondo. Per arrivarci dall’Italia devi masticare centinaia di chilometri di strada e soprattutto affrontare gli ultimi trentacinque, quelli della strada impervia che da Moûtiers parte coraggiosamente all’assalto di montagne meravigliosamente impervie. È un rito al quale mi sottopongo felicemente da 33 anni.
Il luogo a cui penso sempre è questo, cioè quello che vedete dietro di noi. Perché per una volta il vero soggetto sta nello sfondo e visto da Cime de Caron, col freddo che puntualmente ti taglia la faccia, è bellissimo nella sua immutabilità. Lo si ammira, lo si scolpisce nella mente e si tira avanti di memoria per un altro anno.
Signore e signori, sua maestà il Monte Bianco.

Da oggi i podcast del Giustiziere

Siccome da queste parti non ci facciamo mancare niente, da oggi in questo blog c’è anche una sezione dedicata ai podcast. È una selezione di interventi del mio programma su Radio Time, il Giustiziere. Ci troverete cronaca, cazzeggio, provocazioni, musica e qualche incazzatura: insomma un modesto tranche de vie. Se proprio non avete nulla da fare, fate una visitina: e non fate caso alla mia dizione (l’infanzia trascorsa a Padova si sente), ma cercate di entrare in sintonia. Buon ascolto.

Grazie a Giuseppe Giglio e Alex Armao per la consulenza tecnica.

Maniaci di Maniaci

Per la Cnn Pino Maniaci è un giornalista di “vecchia scuola”, uno da cui imparare, un paladino della libera informazione in Italia e nel mondo. Tenuto conto che l’inchiesta su Maniaci è ancora in corso e che la presunzione di innocenza vale anche per i distratti, per quelli che blaterano sporco anche quando parlano di vittime della mafia e per i gradassi che invocano i poteri forti per coprire le proprie debolezze, è bene evitare di affondare il coltello nelle carni del direttore di Tele Jato. Infierire non è giusto.
È giusto invece uscire dal barile se qualcuno vuole affibbiarci la vocazione di pesci. Gli americani saranno pure forti, ma quando discettano di cose di casa nostra dovrebbero informarsi. Scrivere di qualcuno e qualcosa per come il tuo lettore si aspetta di leggere su quel qualcuno e quel qualcosa non è giornalismo, è strategia da supermarket. Con la differenza che almeno al supermarket se trovi merce avariata, ti risarciscono e chiedono scusa. Questi invece ci fanno un volantino promozionale.

Buon Natale e buona memoria

Esperimento. Per via del decimo compleanno di questo blog, ho fatto un’attenta ricognizione nel mio archivio (che poi è anche il vostro, dato che si tratta di cose pubbliche e pubblicate) e ho ripescato le parole seminate in tutti i Natali passati. Ne è venuto fuori un risultato impressionante, almeno per me.
Cose che ho messo qui in vetrina anni fa sembrano pensate oggi. E non per merito mio, ma per l’onestà della cronaca che non ha né padrini né poteri forti che la spalleggiano. Nell’avvertirvi che il post è un po’ lungo, vi assicuro che non c’è alcuna manipolazione. Per questo, ad ogni passaggio troverete un link di riferimento che vi porterà al post originario.
Siamo invecchiati eppure non troppo è cambiato. Non so quanto sia di consolazione. Però siccome sono, come si dice, un inguaribile ottimista penso che è già una cosa meravigliosa ritrovarci (quasi) tutti qui a parlare di noi anziché fare melina coi soliti discorsi sui parvenu della verità acquisita. Insomma ribadisco un concetto antico per chi frequenta queste pagine: noi siamo chi siamo stati.
E così diamo il via alle danze.

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Scio ergo sum

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Su Repubblica racconto brevemente la storia di Piano Battaglia e dei ragazzini che sognarono di diventare sciatori in Sicilia, che è un po’ come aspirare a diventare sommelier nel Sahara. Era la generazione dei Bica, dei D’amico, dei Galletti, degli Speciale, per far giustizia della cronaca. Era anche la mia generazione. 
Qui vi propongo la mia visione più personale.

Negli anni Settanta per noi sciatori in erba (in erba nel vero senso della parola, tenuto conto delle condizioni delle piste della Mufara) Piano Battaglia era evasione e invasione. Evasione dalle famiglie che ci consentivano, spesso incoscientemente, di partire da soli. Invasione dell’Ostello della Gioventù dove si dormiva in cuccette a tre livelli e ci si sfiniva di cioccolata e pigiama party.

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Il buio e il pericolo del Raggismo

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C’è un pericolo all’orizzonte. Ed è un pericolo reale perché mina le fondamenta della nostra ultima felicità, che ritenevamo inscalfibile.
Il pericolo dell’assalto al bello.
Guardate quello che sta accadendo a Roma, dove il Raggismo – che non è il Grillismo, ma un’insopportabile pozione a base di incultura, presunzione e cattivo gusto – sta producendo brutto assoluto con l’alibi del risparmio. L’esempio lampante è l’albero di Natale di piazza Venezia a Roma, un obbrobrio che c’entra con la sobrietà come i cavoli a merenda. L’esempio meno evidente, ma a mio parere altrettanto significativo, è il video della giunta notturna in stile Famiglia Addams dove tutti sono fintamente seri con un indecente sprezzo del ridicolo.
Attenzione. Il mio non è un giudizio politico su Virginia Raggi, per quello ci sarà tempo, ma è molto peggio: è un giudizio culturale che invoca contromisure serie e immediate.
L’assalto al bello da parte dei seguaci del Raggismo rischia di produrre un disastro, come una reazione a catena in cui sindaci e amministratori vari, fulminati dal buio di un’illuminazione nefasta, ritengono che la bellezza abbia un costo e che quindi può essere gestita con operazioni al ribasso. Non è così. E chi lo pensa è un pericoloso incompetente (nel migliore dei casi).