Sono molto sensibile, per questioni personali e professionali, alle notizie sulla strage di Ustica del 1980 (anche se – ripeto – con Ustica quell’omicidio di massa non ha nulla a che fare). Le ultime parole del pilota, che ho ascoltato per la prima volta oggi, mi danno l’idea di una tragedia ancora più grande: il colpo alle spalle, il tradimento, la menzogna di massa, roba da lama islamica e invece no, questione dietro l’angolo, casa nostra, insopportabile merda istituzionale. Ogni volta che leggo qualcosa sull’abbattimento di quel Dc9 dell’Itavia, sono catturato da un senso di inaudita impotenza che genera in me sussulti qualunquisti tipo: ma se Sabina Guzzanti invece di sparare cazzate atomiche su Riina e Provenzano, si fosse presa la briga di manifestare vicinanza nei confronti delle vittime oneste delle bugie istituzionali (con annessi traditori) non ci avrebbe fatto una figura migliore? Forse il vero problema del successo è che dà talmente alla testa, che la disconnette.
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Questi radical chic
di Verbena
Non confondeteli con gli snob. Sono un’altra cosa. I radical chic hanno le loro regole e si guardano bene dal confessarselo a vicenda. Hanno la loro cucina, la loro musica, i loro tic. I loro accenti tonici e acuti, il loro sesso e la loro castità. Pure i loro vizietti hanno, i radical chic. Mi dicono che io sia una di loro. Ma non ne sono poi così convinta.
I radical chic…
Il logo della Apple, anche incollato sulla Moleskine.
Sofri padre, Sofri figlio, Gassman nipote.
La bella scrittura, la sana frittura, la tv iattura.
Mai provato il miele di acacia sul pecorino di fossa?
Fazio, Littizzetto, il Comunicattivo.
No alle griffe, si al vintage (di lusso).
Il pilates e il tantra (lo yogi si è formato in India).
Truffaut, Corto Maltese, gli Abba.
No al fondotinta satinato, si al kajal verdeblu.
Mai provato lo spezzatino di seitan?
Hemingway, Murakami, i poeti francesi.
Il cavatappi Alessi e la macchina del pane.
L’erba buona, il vino buono, il sesso buono.
Scalfari, Mina, Guzzanti (Sabina).
Cuoio, seta, cachemire.
Sushi, sashimi e tofu.
I senza dio, la frutta bio.
Le Cannes di Bondi
L’attimino fuggente
di Giacomo Cacciatore
Al festival del cinema di Cannes 2010 spiccheranno due assenze. Una è quella dell’attuale ministro della cultura Sandro Bondi (l’autore delle poesie a Silvio, sì, proprio lui) che contesta – anzi deplora – il film “Draquila” di Sabina Guzzanti, a suo dire lesivo della dignità dell’Italia all’estero. L’altra riguarda il regista Jafar Panahi. Involontaria: l’hanno ammanettato a Teheran perché preparava una pellicola contro il regime.
Da un lato, chi promuove la censura. Dall’altro, chi la subisce malamente. In mezzo, qualcosa che non andrebbe toccata da nessuno, pena il ridicolo per non dir di peggio. Cioè la libera espressione artistica.
Inutile chiedersi chi, tra i due assenti, complici le circostanze, stia facendo una figura barbina internazionale che si ingrossa ogni giorno di più. Mettendo fianco a fianco le ragioni di Bondi e quelle di Panahi, almeno il destino non se n’è stato con le mani in mano. Oltre che cinico e baro, deve essere anche comunista.
Il salvatore salvato dalle macerie
Il trailer promette bene.