Uno spara una cazzata

Uno spara una cazzata.
Un altro gli va appresso e si tira dietro i ritardatari della cazzata.
Un altro gli va appresso e si tira dietro i ritardatari della cazzata.
La folla dei propalatori della cazzata si ingrandisce.
E soprattutto si arricchisce ad ogni passaggio di nuovi germogli di cazzate che originando da una cazzata non possono che generare cazzate ancora peggiori. Cazzate che non hanno neanche un minimo di riferimento con la realtà, dato che la cazzata primigenia almeno ha (spesso) un attaglio di cronaca.
Risultato: un florilegio di cazzate di cui si perde persino il gusto becero di affacciarsi al balcone delle maldicenze e godersi lo spettacolo: sicurezza è sapere che non interrogano te.

Contrariamente a quel che si pensa, questo non è un fenomeno esclusivo dei social. È sempre esistita la catena di Sant’Antonio delle cazzate con la sua pianta che cresce informe. Solo che prima cresceva in un vaso, oggi non bastano ettari.

Cazzate e antidoti, un podcast

Come annunciato, il tenutario di questo blog ha messo su un podcast. Tutto gratis, e questo è contro i miei principi: ma vabbè, se una community sana e curiosa cresce è già una bella ricompensa.
Comunque su un tema già dibattuto oggi c’è un’altra via di discussione. Faticosa per chi la deve organizzare (tipo il sottoscritto), semplice per chi ne può usufruire.

Un podcast è scaricabile, dilazionabile. Lo potete ascoltare a rate, quando volete: mentre cucinate, correte, siete in auto, avete le mani impegnate e lo sguardo altrove. Soprattutto un podcast toglie ogni alibi ai superficiali: non ha controindicazioni, limitazioni di fruizione. Bello, no?
Comunque non devo vendervi niente. L’intento è solo quello di condividere idee, spunti e molti dubbi: se ci facessimo più domande avremmo molte più risposte, è una certezza.

Siate clementi per queste prime puntate. Sono un tecnologico teorico, mica un tecnico o uno smanettone. Quindi un grazie preventivo vi suoni pure come un “per favore non infierite” o, se siete miei amici, come un “non mi scassate la minchia”, almeno adesso.

Buon ascolto.

Qui tutti gli altri podcast.

Gery Palazzotto
Gery Palazzotto
Cazzate e antidoti, un podcast
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La chemioterapia, l’Imu e il cancro della stupidità

In Sicilia la candidata montiana Gea Planeta Schirò ha paragonato l’Imu alla chemioterapia, inanellando una cazzata dietro l’altra. Se ne scrive con chiarezza su diPalermo, ma qui mi sembra necessaria un’appendice di provocazione che neutralizzi spero definitivamente questa scemenza.
La Planeta Schirò non ha una colpa originale, tutta sua, ma ha semplicemente mutuato il linguaggio della vecchia politica che lei stessa vorrebbe combattere. La lingua delle estremizzazioni, dell’ostentazione dei diti medi, delle toccate di culo, dei membri eretti e delle pallottole per i giudici non allineati.
Probabilmente la candidata non sa, o ha dimenticato, che il Paese si è rotto le scatole di queste esibizioni, non già perché bacchettone e parrinaro, ma perché stanco di essere preso in giro da guitti che si credono maestri di vita. La volgarità è l’esercizio più facile che esista: basta non riflettere, non progettare, non rispettare. E i politici che si esibiscono nei turpiloqui, metaforici o esplici, non meritano pernacchie né pomodori in faccia. Meritano l’omologazione con l’oggetto dei loro pensieri mefitici, meritano di vedersi – in uno specchio virtuale – come loro vedono gli altri.
Cioè così.


Spararle grosse

Non sono profeti né maghi, eppure sul web imperversano come se fossero bocche della verità. Sono gli aspiranti “indiscrezionisti”, giornalistucoli o orecchianti della notizia che sparano previsioni e anticipazioni su tutto e tutti. Candidature, alleanze politiche, movimenti aziendali, campagne pubblicitarie, strategie. Scrivono rinviando sempre a “fonti ben informate” e ammiccano al lettore con frasi del tipo “ne vedremo delle belle”.
Ce lo siamo detti molte volte, il problema dell’informazione condivisa, estremamente condivisa, del nuovo giornalismo popular, estremamente popular, è che aumentando il volume delle notizie, diminuisce la qualità degli autori. L’altro giorno c’era uno in tv che si professava giornalista pur non avendo mai avuto a che fare con un giornale, a parte quattro cartelle di deliri incautamente pubblicati da un correo.
Però non è così difficile difendersi dagli impostori: questi tipi non riferiscono indiscrezioni – che, come sappiamo, possono anche non essere confermate, altrimenti non sarebbero indiscrezioni – scrivono proprio cazzate, senza né capo né coda. Scrivono storie inventate travestite da riflessioni, raccontano incubi travestiti da ammonimenti. Insomma, sono Uri Geller del giornalismo: mistificatori, millantatori, truffatori.  Io ne conosco almeno una decina e ogni volta che mi imbatto in un loro scritto, mi sforzo di andare oltre. Poi non ce la faccio… e leggo. Ma questo è un mio grave difetto: ho un debole per il trash.