In Sicilia la candidata montiana Gea Planeta Schirò ha paragonato l’Imu alla chemioterapia, inanellando una cazzata dietro l’altra. Se ne scrive con chiarezza su diPalermo, ma qui mi sembra necessaria un’appendice di provocazione che neutralizzi spero definitivamente questa scemenza.
La Planeta Schirò non ha una colpa originale, tutta sua, ma ha semplicemente mutuato il linguaggio della vecchia politica che lei stessa vorrebbe combattere. La lingua delle estremizzazioni, dell’ostentazione dei diti medi, delle toccate di culo, dei membri eretti e delle pallottole per i giudici non allineati.
Probabilmente la candidata non sa, o ha dimenticato, che il Paese si è rotto le scatole di queste esibizioni, non già perché bacchettone e parrinaro, ma perché stanco di essere preso in giro da guitti che si credono maestri di vita. La volgarità è l’esercizio più facile che esista: basta non riflettere, non progettare, non rispettare. E i politici che si esibiscono nei turpiloqui, metaforici o esplici, non meritano pernacchie né pomodori in faccia. Meritano l’omologazione con l’oggetto dei loro pensieri mefitici, meritano di vedersi – in uno specchio virtuale – come loro vedono gli altri.
Cioè così.
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