Piedi

Da Comillas a Colombres.

Stamattina il Cammino era davvero “affollato”, ho incrociato almeno una dozzina di persone sulla strada per San Vincente de la Barquera, un paese che è una specie di Mondello al cubo con una ristorantopoli che ha un solo pregio: i prezzi very popular. E, dapprima non confessandomelo poi liberandomi come in una seduta di autocoscienza, ho cominciato guardare la loro appendice cruciale: i piedi. Sapete che i piedi sono un argomento dirimente del Cammino giacché sono la parte del corpo più esposta a traumi e usura: per questo c’è tutta una letteratura di precauzioni, dalla vaselina al burro di karitè, dal ghiaccio al bicarbonato. Per non parlare delle scarpe. Io ho optato, data la mia formazione sportiva, per un paio da running di tipo A4 ben ammortizzate e soprattutto collaudate: mi hanno dato qualche pensiero nel fango e nel fuoristrada spinto, ma dato che il percorso del Cammino del Nord è per quasi due terzi su asfalto e con temperature che in questo periodo possono essere alte, ho scommesso su qualcosa di più leggero rispetto a una scarpa da trekking, impermeabile e più corazzata. Comunque lasciamo da parte i tecnicismi e andiamo al mio voyeurismo. Ho visto piedi con conseguenti scarpe che voi umani…  Insomma stamattina in questo raptus di socialità ho collezionato i tre esemplari più ricercati in tal senso.

Primo, l’uomo col sandalo e il calzino. Che io il sandalo purtroppo ce l’ho (e tornato a casa lo brucerò in una cerimonia pubblica) perché la sera sarebbe un suicidio camminare con le scarpe chiuse dopo una giornata interminabile, ma usarlo col calzino, se non sei tedesco, significa giocarsi al Bingo il senso del ridicolo.

Secondo, l’uomo in tappine (cioè in infradito, per i non siciliani). Ho beccato uno, stamattina, che quasi sanguinava consumando gomma e alluci sull’asfalto. Sopravviveva drammaticamente, tipo pesce preso a strascico, ma testimoniava l’incombenza di una fine imminente.

Terzo, la donna del cellophane (e qui ho un drammatico documento che vedete sopra). Signora in evidente sovrappeso che non riesce nemmeno a entrare in un paio di scarpe di misura a sua scelta e che s’inventa la più complicata delle sofisticazioni: il sandalo rinforzato coi sacchetti di plastica. Non so se arriverà a Santiago, di certo so che lo sapremo tutti nel prossimo Anno Santo.

P.S.
Questo post è stato scritto in un infrequentabile bar di Unquera (non vi date pena di cercarla sulle mappe, esiste solo per me e la mia stratega di viaggio) affacciato su un fiume che cova zanzare tipo Cocoon e in cui si servono solo cerveza gelata e pizza surgelata.
L’unica garanzia è che il suo autore era a piedi nudi.

(14 – continua)

Dove ha perso le scarpe il Signore

foto

Via Roma, Palermo.

Foto di Lorenzo Matassa.

La domanda sull’abbigliamento/2

Per dovere di cronaca registro un’importante variante a proposito della famosa domanda sull’abbigliamento di cui abbiamo parlato qualche tempo fa da queste parti.
Stessa scena.
Mia moglie si presenta a me con due scarpe spaiate e chiede: quale ti piace di più?
Io la guardo con la solita apprensione perché so che ho il 50 per cento di probabilità di dare la risposta sbagliata.
“Quella”, dico indicando la scarpa di sinistra.
E lei se ne esce con un colpo di teatro, chiedendo: “Perché?”.
Ecco, la richiesta di motivazioni ufficiali dinanzi a un giudizio estetico è per me una rivoluzione copernicana.

La domanda sull’abbigliamento

La vita è fatta di lampi.
L’altra sera mia moglie mi si presenta con due stivali spaiati. “Qual è meglio?”, chiede.
Io rispondo: “Quello di sinistra”, senza alcun sottotesto politico.
Lei sollevata: “Bravo!”.
In quel momento ho percepito la solidità di un sospetto che nutrivo da tempo. Quando le nostre mogli\compagne\fidanzate ci chiedono un consiglio che riguarda l’abbigliamento o, in generale, il look (che termine desueto, eh!), in realtà ci stanno sottoponendo a un quiz. Non è un parere quello che ci viene richiesto, ma una domanda secca. La risposta può essere esatta o, purtroppo, sbagliata.

Di corsa ma non di fretta

Il grado di serenità, dalle mie parti, si misura anche col tempo impiegato a scegliere il paio di scarpe adatte alla corsa mattutina. Ovviamente il rapporto è direttamente proporzionale: più tempo ci vuole, più sono sereno.
E’ uno dei vantaggi meno celebrati della corsa. Provateci.

Tranquillo, so cosa mettermi

ballata 4
L'illustrazione è di Gianni Allegra

Avete finito di lavorare e siete a casa. Stasera avete un appuntamento.
Gli amici vi aspettano, mettiamo, per le 20,30.
Sono le 20.
La vostra compagna/moglie ha giurato (o, purtroppo, ribadito) che il suo tempo di preparazione è di 30 minuti. Ciò significa che in 1.800 secondi lei sarà in grado di:
– fare doccia e shampoo;
– rispondere, gocciolante, alla telefonata dell’amica che non sente da mesi;
– imporsi un trattamento con creme, emollienti e affini;
– effettuare un primo passaggio di phon;
– lavarsi i denti;
– sostare per una pausa di riflessione davanti al cassetto della biancheria intima;
– passare in rassegna il settore calzature;
– sciacquarsi la bocca con un quarto di litro di collutorio;
– effettuare un secondo passaggio di phon;
– lamentarsi perché il collutorio è troppo forte;
– rispondere all’sms dell’amica di prima che si complimenta per averla sentita felice;
– chiudere il cassetto della biancheria intima;
– cercare il telefonino;
– girare nuda per casa lamentandosi del freddo che fa;
– confutare l’evidenza imposta dal termostato che segna 25 gradi: “Vabbé, è scassato”;
– indossare una maglia civetta che serve soltanto a creare l’illusione che finalmente ci si avvii verso la vestizione;
– chiedere di chiamarla al telefonino per capire dov’è finito il suo cellulare;
– riaprire il cassetto della biancheria intima;
– recuperare il telefonino adagiato tra le mutande;
– effettuare un terzo passaggio di phon perché i capelli non vanno proprio;
– argomentare che al 16° giorno del ciclo una convergenza tra Giove, la finale di X-Factor e il progesterone crea un buco nero nella struttura pilifera femminile con conseguenze tricologiche che meriterebbero uno studio del Cnr;
– togliersi la maglietta civetta e indossare l’abito prescelto;
– sostare davanti allo specchio;
– calzare due scarpe diverse;
– sostare ancora davanti allo specchio;
– chiedere: “Sta meglio il tacco 12 o l’anfibio?”;
– respingere ogni forma di risposta;
– affliggersi: “Non ho nulla da mettermi”;
– eludere la domanda: “Da metterti ai piedi o addosso?”;
– ignorare la piramide di calzature e la selva di vestiti nelle quali si è persa l’ultima donna di servizio (la cercano ancora due inviati di Chi l’ha visto? e i carabinieri dell’Aspromonte);
– lasciarsi consolare, con occhio attento allo specchio;
– scoprire che l’abito può andar bene se il capospalla è adeguato;
– lanciarsi alla conquista di un capospalla adeguato;
– rispondere alla telefonata degli amici, che aspettano già da 20 minuti, dicendo: “Stiamo arrivando”;
– chiedere (a chiamata conclusa): “Sta meglio la giacca nera o quella nera-nera?”;
– apprezzare il grugnito di risposta come segno d’amore;
– tirare le somme ed apparire, come sempre, bella e impeccabile mentre si dà l’ultima mandata alla porta di casa;
– far finta di dimenticare la frase con cui vi ha tranquillizzato, ore prima: “Tranquillo, tanto so cosa mettermi”.

Borsa valori e scarpe vecchie

Nella baraonda di dati sullo stato dell’economia, mi colpisce la leggerezza con la quale si somministrano le cifre, che dell’economia sono il dna. Milano + 6,5 per cento, Francoforte +7,63, Parigi con +8,68, Londra +6,19, il Dow Jones a +3, il Nasdaq a +3,2. E’ la teoria del “colpo di spugna”, utile per certi mascalzoni che si annidano nella politica italiana, inutile per gli equilibri monetari del pianeta. Basta un attimo e tutto si aggiusta. Et voilà.
La rondine solitaria che annuncia la primavera generalmente muore di polmonite: una cosa è saper volare, un’altra è saper mantenere i piedi per terra. E proprio i piedi mi hanno dato prova di quanto le cifre contino. Quest’anno ho deciso di non acquistare scarpe nuove, ne ho di vecchie che possono ancora macinare chilometri. Sono andato da un calzolaio con tre paia di Clarks e gli ho chiesto di pulirmele. Sapete quanto mi ha chiesto? Venti euro a paio. Praticamente il 15 per cento del loro valore. Per una pulizia, mica per una riparazione. Ovviamente l’ho mandato a quel paese.
Se la rondine improvvida dovesse passare dalle mie parti, spero che cada sulla testa di quell’uomo. Magari con un bel paio di scarponcini di nabuk sulle zampe.