E gira e gira

corsa ustica

La maratona-farsa di Palermo

Il fotomontaggio di Giuseppe Giglio per diPalermo.it
Il fotomontaggio di Giuseppe Giglio per diPalermo.it

Della maratona-farsa di Palermo avevo scritto qualche giorno fa, oggi Giacinto Pipitone su diPalermo torna sull’argomento. Aggiungendo un dettaglio non di poco conto: se uno la “mezza” non la finirà entro due ore e mezza, potrà essere tranquillamente arrotato dalle auto. Questo dice il regolamento. Speriamo che dalla farsa non si passi alla tragedia.

Maratoneti

foto

La maratona è democratica. In strada con scarpette e pantaloncini siamo davvero tutti uguali in termini di diritti. Quanto ai risultati, vi sottopongo un quiz: presi questi due maratoneti, da sinistra Giacinto e Ciccio, secondo voi chi dei due è il più forte?

Frementi di gloria

La foto Giacinto Pipitone pubblicata su Runner’s World

C’è qualcosa di inspiegabile nei circuiti mentali di un runner se la sua scala di valori viene sovvertita, via via, coi chilometri macinati in una vita di corsa.
Passi per la fatica, dapprima vista come oggettivo fastidio ma poi vissuta come premio. Passi per la visione utilitaristica della meteorologia: meglio il freddo del caldo, meglio il vento della pioggia, eccetera. Passi per l’adattamento degli itinerari turistici che trasforma una città mediocre in una meta imperdibile se ospita una bella maratona. Insomma passi per tutti quegli atteggiamenti maniacali che fanno del runner un esemplare che vive da solo, o con una compagna molto paziente (o addirittura runner pure lei), e che si muove in branco solo se c’è da sgambettare.
Ma è davanti alle foto e alla loro destinazione d’uso che il runner si perde in un imperdonabile black-out di desideri, aspirazioni, ambizioni. Balbetta, torna bambino, si emoziona quasi quanto davanti al traguardo. Il mio amico Giacinto Pipitone, ad esempio, fa il cronista parlamentare e non gli mancano le soddisfazioni. Tuttavia se potesse scegliere tra uno scoop in prima pagina su un quotidiano a scelta e una foto con scarpette e calzoncini pubblicata in penultima posizione su Runner’s World, non avrebbe dubbi.
Anzi non ha dubbi, visto che adesso è al settimo cielo perché questo mese lo hanno premiato per il migliore scatto dei lettori. Pensate, gli hanno regalato addirittura una maglietta.

Se non corri che vita è?

Su I love Sicilia di questo mese.

Corro da sempre. E corro per svariati motivi, ma non per fare una maratona. Qualcuno potrebbe chiedere: e allora perché? Semplice, perché se si è sani e in forze non esiste un solo motivo per non farlo.
Sin da bambino mi sono cimentato in vari sport in cui era fondamentale essere leggeri. Per mantenersi in peso, quale migliore attività della corsa?  Insomma, correvo per necessità.
Col passare degli anni però ho imparato a concedermi la felice schiavitù delle endorfine, quelle deliziose droghe naturali che si diffondono nel corpo dopo un intenso sforzo fisico.
La mia misura ideale è la mezza maratona. A quasi cinquant’anni mi diverto a correrla con mia moglie, e funziona così: io parlo per 21,097 km, lei finge di sopportarmi ma in realtà mi usa come anti-loop cerebrale. Perché il vero problema della corsa prolungata è prendere il comando dei pensieri ed evitarne l’avvitamento, la ripetitività. C’è chi ci riesce subito, chi invece ci prova inutilmente per anni. Io sono stato fortunato, probabilmente perché ho neuroni di marca cavallo. Correndo ho scritto un paio di romanzi, una mezza dozzina di racconti, migliaia di post, ho cantato a squarciagola, ho risolto problemi, ho apprezzato in audiolibro Edgar Allan Poe, ho progettato viaggi, ho sognato, ho indagato i sentimenti, sono persino guarito. E poi ho contagiato questa passione a decine di amici e parenti. Quante tabelle di Pizzolato mi sono ritrovato a fotocopiare, quando ancora non bastava un clic per condividere una passione.
Mi capita spesso, nell’ombra del parco della Favorita o sul lungomare ventoso della Mondello invernale, di essere superato – talvolta bruciato – da qualcuno di questi nuovi runner: ieri erano grassi e catarrosi di tabacco, oggi sono veloci e leggeri e macinano chilometri come se dovessero recuperare il tempo perduto.
Ne parlavo qualche giorno fa con uno di loro.
Lui diceva: “Vedi, noi corriamo da quattro anni. Tu da trenta e rotti. Siamo più riposati”.
E io: “Sì, ma in quei trent’anni ve la siete goduta la vita, eh!”.
E lui serio: “Gery, se non corri che vita è?”
Già, che vita è?

Un trionfo familiare

E’ finita in una sorta di trionfo. Con lei che taglia il traguardo con le braccia alzate, io accanto a farle l’inchino, gli amici lì ad abbracciarla, e i keniani dietro che ancora devono arrivare (dopo aver fatto un giro doppio, però).
La prova delle prove, in termini di resa sportiva, misura della forza di volontà e soprattutto di verifica della tenuta familiare, finisce in archivio come un successo.
Mia moglie, non solo ha corso per intero la prima mezza maratona della sua vita, ma lo ha fatto amministrando le forze come una veterana, nonostante avesse nelle gambe una storia breve di chilometri macinati. Certo, è sempre stata una sportiva e questo conta. Ma è anche una che due anni fa si è rotta un legamento del ginocchio e che solo tre mesi fa ha deciso di correre per una distanza superiore ai cinque chilometri.
A me di quei 21 chilometri e 97 metri resta, a parte la raucedine per aver parlato ininterrottamente dalla partenza al traguardo, la gioia di aver vissuto una bella e sana celebrazione della forza di volontà di un gruppo che, in qualche modo, ho contribuito a far nascere: Paolo e Vincenzo hanno fatto un tempo strepitoso se si pensa che un anno fa pesavano una quindicina di chili in più a testa; ottima prova anche quella di Simona, che però non aveva chili da perdere ma gambe da allenare.
Ora Dani sta studiando la classifica e mi chiede “venticinquesima di categoria non è male, vero?”.
Il suo momento di gloria è come un calumet, va condiviso, amministrato, centellinato.
I keniani arrivano, vincono, incassano il premio e vanno a casa. Noi abbiamo un “dopo” che se fosse monetizzabile ci renderebbe ricchi a vita.
E in effetti oggi Dani mi ha reso un po’ più ricco.

Ammazza che pettorali!

Pacchi gara ritirati, pettorali pronti (li vedete), carboidrati introitati (e ancora non è finita). Stamattina breve ricognizione di una parte del percorso e abbozzo di calcolo delle pendenze (la mia signora detesta le salite, vedi un po’). Nella dotazione fornita dagli organizzatori, oltre a un succo di frutta e a una tavoletta di cioccolato c’è anche una bustina. “Ah, l’integratore energetico. Ottimo!”. Per fortuna che ho dato un’occhiata sulle istruzioni. Crema per massaggi, antidolorifica.

La maratona e l’orgoglio

Ieri, seguendo in tv la cronaca della maratona di New York, pensavo al potere di contagio di uno sport così faticoso. E lo facevo riferendomi ad alcuni esempi che mi riguardano da vicino.
Corro, anzi corricchio, da molti anni e della corsa mi ha sempre colpito la sua capacità di stimolare pensieri. Macinando chilometri ho scritto un paio di libri e migliaia di post, ho posto rimedio a molti problemi, ho messo ordine su qualche scaffale della mia mente. Quando parlo con una persona che mi comunica un dilemma o mi confessa di vivere un periodo difficile, due volte su tre consiglio di acquistare un paio di scarpette da running e, il giorno dopo, invio via e-mail una tabella di allenamento soft. Continua a leggere La maratona e l’orgoglio