Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.
Chiariamo un punto fondamentale: alla Rap il braccio di ferro non è tra sindacati e azienda, ma tra sindacati e cittadini. E anzi manco di braccio di ferro si tratta poiché i cittadini non hanno nessun modo di far valere la propria forza. Il che derubrica la protesta pasquale dei netturbini palermitani a sopruso bello e buono. Lo scenario apocalittico, con una Palermo che rischia di trovarsi stracolma di immondizia proprio nel momento in cui arrivano migliaia di turisti, suggerisce una chiave di lettura che nulla ha a che fare col sindacalese biascicato da certi caporioni dell’azienda per la raccolta dei rifiuti: solo chi odia una città può decidere di usare una vertenza come un’arma impropria. I cassonetti che rigurgitano sacchetti puzzolenti sotto il primo sole di Pasqua sono infatti una coltellata all’immagine della città. (…) La sporcizia pubblica, nell’era della civiltà interconnessa, della rivoluzione social, del tutto ora e adesso, è ontologicamente contro quella che anticamente si chiamava evoluzione, poi si chiamò progresso e oggi si chiama sviluppo sostenibile. A questi signori della Rap, che di certo avranno i loro buoni motivi per protestare ma che, usando un metodo pessimo, ce li rendono drasticamente irrisori, andrebbe spiegato che il loro lavoro, umile e faticoso, è in realtà preziosissimo. Una città pulita è una città più soddisfatta. Un marciapiede lindo può essere la pista di atterraggio di mille sentimenti, di grandi idee, di piccole felicità. Invece c’è chi lo vuole sporco, ridotto a un campo di battaglia dove una parte combatte e l’altra rimane indifesa e attonita.