La famiglia che piace a Giovanardi

Visto qui.

Ikea, missione compiuta


Missione compiuta. Ieri siamo stati all’Ikea di Catania e siamo riusciti a spendere una cifra per soddisfare la nostra sete/fame di meraviglioso superfluo.
La strategia di attacco, come tutto il resto (movimenti, strumentazione, tabella oraria), era stata stabilita da mia moglie nel corso di un lungo briefing mattutino.
Alle 12,40 siamo arrivati davanti al colosso blu e giallo. In auto, mentre cercavamo un parcheggio, l’occhio esperto della condottiera ha registrato più casino del previsto. Subito c’è stato un aggiornamento del piano: “Si va a pranzo adesso, così evitiamo la ressa delle 13,30”, questo l’ordine.
Quindi abbiamo mangiato a Catania a un orario altoatesino e con un menù svedese. Mia moglie si è avventata sulle polpette servite con una specie di marmellatina e le ha divorate insieme con un piatto di patatine fritte (vi ricordo che non erano neanche le 13). Io mi sono aggrappato a un piatto di gnocchi al pesto e a uno sformato di verdure che sapeva di pane (svedese).
Poco dopo eravamo in pista o, se preferite, sul campo di battaglia.
La condottiera ha fatto scorta di matite e foglietti per appunti, nonostante avesse una sorta di mappa del tesoro vergata in occasione del nostro pellegrinaggio all’Ikea di Ginevra, un mese fa. Non si sa mai, qualche folgorazione davanti a un tappeto da 59 euro e 90 può sempre arrivare ed è meglio non farsi cogliere impreparati.
L’ho vista girare felice tra bicchieri Pokal e sgabelli Dalfred, confusa e felice tra fiori finti che sembravano veri, e fiori veri che, secondo me, erano finti. Si è mossa con sicurezza tra candele e tappeti, piatti e strani accessori da cucina di cui (ha giurato) mi dirà le possibilità d’impiego. Non si è mai mostrata infastidita per la folla, lei che come me è allergica a qualunque tipo di ressa.
L’Ikea è un’esperienza mistica per chi crede in un modello di coccole aziendali. Un modello in cui persino i cartelli che spuntano ad ogni angolo ti spiegano perché distruggerti le dita a montare i tuoi mobili è giusto e bello, perché è meraviglioso che ti debba rompere la schiena nel portarti a casa con le tue zampe un armadio a otto ante, perché non devi impressionarti se la poltrona che hai appena acquistato ti viene consegnata legno per legno in una confezione che pare liofilizzata.
Il ritiro delle merci è il momento cruciale della riconciliazione tra sogno e realtà. Se avete comprato un tavolo non dovete pensare a come lo farete entrare nella vostra utilitaria, dovete solo cercare di immaginare il peso specifico dell’imballo. Inoltre è probabile che la stanza da letto che avete appena acquistato vi sia fornita all’uscita in comode scatole che entrano nel vano posteriore di una Punto. E non importa se ognuna di quelle scatole pesa 800 chili.
Il vero miracolo dell’Ikea è questo: comprimere i solidi, rendere la realtà a misura di bagagliaio.

Io, mia moglie, l’Ikea

 

C’è qualcosa che sta prima di me e che mi sopravviverà nella mente e nel cuore di mia moglie. Lo so da prima di sposarla e lei non me l’ha confessato, ha lasciato che lo scoprissi con meno traumi possibili.
Quel qualcosa è la passione per Ikea.
Sino a ieri ho ignorato colpevolmente una delle maggiori soddisfazioni che avrei potuto regalare alla mia consorte: portarla all’inaugurazione di Catania. L’ho fatto per pigrizia e per una orgogliosa (presunta) lungimiranza: perché affannarsi quando tra qualche settimana non ci sarà più l’assalto dei visitatori?
Lei ha taciuto sull’argomento più scottante, quello dell’emozione. L’ho vista raggiante, un mese fa a Ginevra, mentre facevamo il nostro pellegrinaggio alla sede svizzera della multinazionale: girava tra i reparti annotando, stilava la lista ecumenica dei desiderata, si lanciava in paragoni tra varie sedi. Sembrava una bambina felice in quel paese delle meraviglie dove un divano si chiama come il personaggio di un romanzo di Stieg Larsson e dove il fai-da-te è molto vicino alla masturbazione mentale (se non lo sapete, Ikea ha forse il migliore sito internet commerciale del mondo).
Comunque so che mia moglie mi avrebbe detto: “Apre Ikea a Catania e io devo esserci!”
Non l’ha fatto perché è di una delicatezza deliziosa e perché sa che l’avrei accontentata con una litania intollerabile di brontolii.
Ovviamente tutto ha un prezzo e io conosco il mio destino.
La prossima settimana, missione catanese con licenza di acquisto illimitata (l’Ikea è l’unico posto al mondo in cui si rischia la bancarotta con le banconote di piccolo taglio) e pranzo compreso: mia moglie ha già studiato il menù.

P.S.
Vi racconterò.

Il tempo che scorre da fermo

Mi era sfuggito questo splendido cortometraggio della Philips (credo per pubblicizzare gli schermi 21:9). Altra roba rispetto agli esperimenti della Dream Kitchen dell’Ikea (esplorate bene le pagine per capire di cosa parliamo).

Via Twitter.

Innocenti evasioni

Provate a fare qualche domanda ad Anna dell’Ikea…