Ricomincio da tre

robert-de-niroLa Repubblica dimentica che Robert De Niro ha fatto otto film con Martin Scorsese, nei quali è stato un assassino per ben tre volte: in Taxi driver, in Goodfellas e in Cape Fear.

Da Pazzo per Repubblica.

La cultura del cinepanettone

Me ne sono accorto in ritardo, ma c’è una notizia che merita una pausa di riflessione.
La Commissione cinema del ministero dei Beni culturali (quello del poeta Bondi, sì) ha riconosciuto l’interesse culturale del film “Natale a Beverly Hills”  di Neri Parenti. Ripeto: interesse culturale.

Prendete nota

Sabato scorso ho scoperto che a Palermo è possibile cenare in un palazzo del Settecento, assistere a un’originale lezione su Cartesio condita da inserti cinematografici, pagare poco e non avere fretta di tornare a casa.
Il progetto in cui mi sono imbattuto si chiama Cinematocasa ed è molto di più di un ristorante-cinema con pochi, preziosissimi, posti. E’ soprattutto un’iniziativa che va sostenuta con le uniche monete che servono in questi casi: la curiosità e il passaparola.
Prendete nota.

Per “Viola” non si è al verde

Viola di Mare

Oggi a Roma, si presenta il film “Viola di mare“, prodotto dalla messinese Maria Grazia Cucinotta. La Regione, che ha finanziato l’opera, ha invitato i giornalisti siciliani nella Capitale pagando spese di viaggio, vitto e alloggio.
Sarebbe stato un miracolo se la Regione avesse colto l’occasione per risparmiare qualche euro, magari evitando di cacciar fuori moneta per ospitare quelli che devono giudicare il prodotto (che godono regolarmente di uno stipendio e lavorano per aziende che possono consentirsi di pagare trasferte, sempre che ne valga la pena). Anche perché dopodomani l’opera sarà presentata a Palermo dal regista e dagli attori: evidentemente alla Regione le manifestazioni a chilometro zero non piacciono.

Location

Mettiamoci d’accordo sulla location dello scambio, per usare una terminologia noir a te cara.

Frase scritta qualche giorno fa da una persona che lavora nel cinema e che ha studiato cinematografia.

Urgerebbe curriculum

Lucilla Agosti
L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

E va bene. Passino (con ricorso a un robusto digestivo e nonostante i rumori convulsi dalle tombe di Huston, Ford e Fellini) Capossela in prima fila e Ligabue “giurato”. Facciamo pure il callo ad Alberoni “autorità del cinema”. Ma qualcuno, per l’amor del cielo, può spiegarmi che c’entra LUCILLA AGOSTI col tappeto rosso del sessantaseiesimo festival di Venezia? Si accettano le risposte più ingegnose.  Tranne una: “Ha fatto teatro”.

 

Un film “de paura”

videocracy
L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Sono stato a vedere Videocracy, il documentario su non-vita, morte e miracoli della “telecrazia” berlusconiana che Rai e Mediaset mi hanno fatto il favore di ignorare (c’è chi ha usato un altro termine: censurare. Niente trailer e poco più che qualche notiziola sfrecciante sulla proiezione dell’opera a Venezia). Dico “favore” perché io sono come i bambini: più cerchi di nascondermi le cose – e più sono “certi” personaggi, a nascondermele – più corro a curiosare. Tra l’altro, mi vanto di aver sempre pensato (dai tempi spensierati di Drive-in) che i danni culturali inferti dalla Berlusconeide al nostro paese non siano secondi a quelli istituzionali. Mi dico: una serata al cinema che fa per me.  Così, eccomi alla prima della pellicola di Erik Gandini, italiano naturalizzato svedese. Tralascio le notazioni di colore (atmosfera divertente, pubblico ciarliero, quattro gatti in sala. Molti in sandali e calzoni rossi. Qualcuno persino scalzo: esiste anche il trucco e parrucco di cripto-sinistra, ahimé). Primi fotogrammi, e penso: Gandini ci ha azzeccato. Fotografia livida, colonna sonora “cardiaca”, tutta battiti, bassi e suggestioni à la Bernard Hermann di Taxi Driver. Insomma, se Videocracy non è proprio un film dell’orrore, ci andiamo vicini. Con punte di splatter nel bagno di Fabrizio Corona che si specchia nudo, a pisello sciolto, dopo la doccia, e nei primi piani di un Lele Mora-zombie, di bianco vestito ma con l’anima di un Darth Vader (non vi levo la sorpresa di scoprire che cosa suona nel suo blackberry).
Dilemma: c’era altro modo per raccontare quello che è andato storto nelle teste (e negli occhi e nelle anime) di moltissimi italiani negli ultimi vent’anni di storia? Secondo me no. Scena da ricordare: quella finale, del gruppo laocoontico di aspiranti veline che balla al ralenty su un palchetto arrangiato in un centro commerciale. Musica che non va d’accordo con i loro sorrisi e le loro contorsioni, montaggio in parallelo con Silvio e la sua truppa che marcia in grande spolvero tra due ali di folla. L’effetto è raggelante. Una notazione negativa (ma indipendente dalle qualità del regista): ho l’impressione che qualunque film sul fenomeno Berlusconi sia già vecchio prima ancora di essere proiettato, tanto la cronaca sopravanza la riflessione, la possibilità di storicizzare in modo efficace.
D’altronde, è una regola dello spettacolo anche questa: un colpo di scena al giorno leva la consapevolezza di torno.

Il capitalismo secondo Moore

Il trailer del nuovo film di Michael Moore sul capitalismo, la crisi economica e le colpe delle banche.

P.S. Io adoro Michael Moore.

Eppure a Palermo…

Un aperitivo con musica a Villa Filippina, un’oasi ritrovata nel cuore della città. Poi una capatina al bar Massaro di via Ernesto Basile (dove fanno le migliori arancine del mondo) per l’inaugurazione di una sala cinematografica: sì, un vero cinema-bar.
Ieri sera non sembrava neanche di essere a Palermo.

Merda d’artista

gerard depardieu

Dice Gerard Depardieu: “Il cinema? Me ne frego, non mi sono mai battuto per fare un film. Ne ho fatti duecento, centocinquanta dei quali sono merda“.