La perfezione del cretino

Post poco natalizio. Ma in fondo cos’è Natale se non una parentesi? E allora usciamo dalle parentesi giusto il tempo di parlare di tale Eleonora Leoncini, consigliera comunale di San Casciano, in Toscana, responsabile della Lega nel Chianti. Questa geniale creatura di perfetta forgia leghista ha recentemente dichiarato che i morti di Covid a Bergamo erano una fake news e, dall’alto del suo scranno, ha messo in dubbio l’importanza del vaccino che proprio in queste ore arriva in Italia.

C’è un equivoco, nel quale sguazziamo da anni, in tema di libertà di opinione e cioè che ognuno possa dire la sua su ogni argomento e in qualsiasi momento. Come se ambiti, opportunità, ruoli e competenze non esistessero o fossero accessori di un giochino social tipo “che fiore sei”. Ebbene, ci si rassegni. L’impunità di sparare cazzate non è garantita da nessuna carta costituzionale, soprattutto se dalle tue propalazioni discendono azioni politiche, scelte sociali, movimenti di opinione. È il punto cruciale sul quale “l’uno vale uno” che ha portato al successo il Movimento 5 Stelle mostra tutta la sua vacua pericolosità. Lo so, vi sembrano polemiche stantie, ma l’onda lunga del disastro della deresponsabilizzazione, del trionfo dell’imbecille, della nobilitazione della minchiata non ha ancora finito la sua corsa devastante.

Quindi servono carta e penna, due strumenti antichi, per mettere nero su bianco cosa rischia di avvelenare il nostro futuro. Io lo faccio da decenni, qui e altrove: almeno prima di precipitare nel baratro potrò sciorinare una serie di nomi e link per ricordare ai sopravvissuti che il mio innato senso di inutilità ha prodotto qualche eccezione.

Scriveteli, certi nomi. Così come abbiamo fatto ai tempi di Craxi e delle grandi mangiate sul desco della Repubblica, ai tempi dell’antimafia fabbrica di carriere, ai tempi di Berlusconi e del conflitto di sex-interessi, ai tempi della baggianata dell’uomo qualunque al potere, ai tempi del Salvinismo e della scimmietta del Duce. Segnatevi tutto. Persino tale Eleonora Leoncini. Perché la perfezione esiste, anche nelle sue forme deteriori. Insomma una cretina perfetta val bene un segno sul bloc notes.     

La storia che sghignazza

C’è un mondo alla rovescia che potrà essere sanato (o salvato?) solo da una misericordia divina possibilmente centrista e post-democristiana. O al limite smemorata. La storia dell’uomo che entra in coma a Bergamo e si risveglia a Palermo è un romanzo che dovrà essere narrato alle generazione future, con la calma e la risolutezza dei nonni che diventerete (io sono fuori gioco).

Complicato spiegare a un fanciullo nato nel ventre di Facebook che la tomba del federalismo è stata proprio quell’Italia che, per sua fortuna, si è rivelata diseguale nel momento cruciale, cioè quando un virus che voleva essere livella (vedi Totò) si è ritrovato fregato da determinanti increspature orografiche e culturali. Impossibile conciliare, ai suoi occhi ingenui, le posizioni grottesche di analfabeti che brandivano un sapere scientifico non loro con l’evidenza di un universo ben confinato che per salvarsi deve fidarsi di una classe di studiosi che non è cresciuta sui social ma nelle antiche e desuete università. Divertente raccontargli che i concittadini di quell’uomo, e magari lui stesso chissà, qualche tempo fa ritenevano i terroni peggio dei negri (cit.) contando sulla peggiore delle sensazioni, quella indotta per ignoranza e per sentito dire.

Insomma la storia del bergamasco salvato dal Coronavirus a Palermo, in quello che lui sino a un paio di mesi fa probabilmente non avrebbe esitato a definire come il buco del culo del mondo, è la testimonianza che Fidel Castro sbagliava: la storia non sempre assolve. Molto spesso sghignazza.         

Gli onanisti della politica

La serata televisiva di ieri è stata monopolizzata dagli speciali sul raduno della Lega a Bergamo con dirette, interviste, ospitate in studio, retroscena e analisi di costume. Tutti a seguire il grande evento di un piccolo partito come se si trattasse di un passo determinante nella storia italiana.
A bocce ferme vale la pena di fare alcune considerazioni per cercare di tarare l’asse della logica di un Paese allo sbando.

Continua a leggere Gli onanisti della politica

Il colpevole perfetto/1

Il colpevole dell’omicidio della povera Yara c’era, era perfetto, marocchino e povero, il carnefice ideale in un Bergamasco che già si rivoltava contro quegli immigrati di merda che corrompono l’aria col solo respiro, violentano le fanciulle per sport e rubano il lavoro agli operosi lombardi, però il colpevole perfetto se lo sono lasciati sfuggire perché qualcuno ha scoperto che la frase incriminata, quella che aveva fatto saltare sulla sedia gli investigatori che lo intercettavano, in realtà il marocchino non l’aveva mai pronunciata e che le poche parole registrate sul nastro della polizia erano state tradotte male e, come se non bastasse, tutto quel che era seguito, l’allarme per la fuga, l’inseguimento in mare, il coraggioso testacoda del capitano della nave che si era scostato dalle acque internazionali per far sì che il pericoloso colpevole perfetto finisse in manette in territorio italiano e il conseguente fermo dell’assassino predestinato, erano stati frames di un’illusione in un macabro gioco del gatto col topo in cui il gatto è rimasto a bocca asciutta e il topo, quello vero, non si è ancora visto.

Yara e la prudenza che serve

di Alfred Breitman

Fidiamoci delle autorità, ma dati i tempi che corrono, vigiliamo sugli esiti delle indagini legate al caso della tredicenne Yara, scomparsa da Brembate Sopra (Bergamo) il 26 novembre scorso e già data per morta assassinata dagli inquirenti. Un testimone – vicino di casa di Yara – che ha dichiarato di averla vista insieme a due uomini adulti nei pressi dell’abitazione della giovane e che ha affermato di aver notato nelle vicinanze una citroen rossa ammaccata non solo non è stato creduto, ma è anche stato denunciato per procurato allarme e falso. Se vi sono altri testimoni di quello stesso evento, dopo la sorte toccata al primo, di certo non si faranno avanti. Successivamente sono scattate, in tempi record, intercettazioni nei confronti di un giovane operaio tunisino, che è stato bloccato mentre si trovava a bordo di un traghetto e accusato di omicidio. Pare che in una telefonata abbia detto: “Che Allah mi perdoni, ma non l’ho uccisa io”. Un’espressione che fa pensare che il giovane temesse di essere sospettato del crimine, magari – chissà? – dopo essere stato avvicinato da qualcuno che l’abbia spaventato comunicandogli tale ipotesi. Non ha detto: “L’ho uccisa io,” ma “non l’ho uccisa io!”. Vi sono attinenze con casi del passato: dal caso Romulus Mailat (il romeno, dopo la condanna in Cassazione è ricorso presso la Corte europea dei Diritti Umani) al caso Racz e Lojos, fino a quello della giovane Rom Angelica, che attende il giudizio in Cassazione riguardo al “tentato rapimento” di Ponticelli. Fidiamoci delle autorità, ma aiutiamole a seguire in ogni momento piste corrette, valutando gli alibi del tunisino e garantendo che i suoi diritti umani, durante gli interrogatori, siano sempre rispettati. Forse Yara è morta. Forse l’ha uccisa il tunisino. Forse i due uomini con la Citroen rossa esistono e forse no. Tuttavia, evitiamo che questo caso termini con un colpevole in galera a vita, ma con una coda di domande e dubbi senza risposta. E nuove ondate di xenofobia che agevolano solo le carriere di politici intolleranti e l’ascesa a un potere sempre più forte da parte dei movimenti razzisti.

Un sindaco leghista, naturalmente

Il sindaco leghista (il cui nome non conta) di un paesino nei pressi di Bergamo (il cui nome non conta) ha deciso di cambiare nome alla biblioteca comunale “Peppino Impastato”. Secondo il suo volere, dovrebbe essere intitolata al sacerdote bergamasco Giancarlo Baggi: ma siccome la legge prevede che il morto al quale dedicare un edificio deve essere stagionato almeno dieci anni, la procedura di re-intitolazione si è impantanata.
La biblioteca quindi resta, al momento, senza nome. Come il sindaco leghista al quale nessuno oserà mai dedicare neanche un vespasiano: la legge infatti prevede che il morto al quale dedicare qualcosa deve essere stato, in vita, un essere umano pensante.
Almeno, fino al prossimo emendamento della Lega.

Grazie a Raffaella Catalano.