Peppino Impastato, il Che Guevara di Sicilia

L’articolo pubblicato su la Repubblica.

Peppino Impastato può essere considerato l’eroe antimafia più trendy. Non si offendano parenti ed estimatori poiché è proprio questo suo essere icona perfetta, simbolo perenne e mai impolverato, una delle ragioni fondamentali della sua popolarità. E la popolarità fa bene al messaggio.
Impastato è nell’immagine collettiva, anche nel senso fisico di fotografia, un Che Guevara di Sicilia. La sua rivoluzione è stata scandita con le parole giuste (“La mafia è una montagna di merda” è di una semplicità geniale) e con i mezzi più moderni che l’epoca gli ha consentito (del resto la radio è stato il primo vero social network). È per questo che la sua rappresentazione iconografica è così agile. Su Facebook ci sono centinaia di gruppi ispirati a lui, dai circoli politici ai cineforum, dalle biblioteche alle gare sportive. Peppino Impastato è un brand antimafia inscalfibile, che raccoglie consensi a ogni latitudine. Ne approfittò qualche anno fa un’azienda di occhiali, la Glassing, che imbastì una pubblicità con la sua immagine (poi ritirata per le polemiche). In Sicilia sono pochi i comuni che non hanno una via, una piazza, un lungomare o un abbaino intitolato a lui. Nel 2009 un sindaco leghista (of course) di Ponteranica in provincia di Bergamo decise di rimuovere dalla biblioteca pubblica la targa che lo ricordava, “per onorare personalità locali”. Sei anni dopo un’altra amministrazione ci ripensò e gli intitolò un centro giovanile, a conferma che spesso non servono cento passi per raggiungere il cuore del problema, ma ne basta uno solo, giusto.
Oggi l’eredità di Peppino Impastato è di valore inestimabile perché coincide con la genuina perfezione della sua icona, che è messaggio e immagine, simbolo e sostanza.
Servono radici forti per usare bene le ali.

Un sindaco leghista, naturalmente

Il sindaco leghista (il cui nome non conta) di un paesino nei pressi di Bergamo (il cui nome non conta) ha deciso di cambiare nome alla biblioteca comunale “Peppino Impastato”. Secondo il suo volere, dovrebbe essere intitolata al sacerdote bergamasco Giancarlo Baggi: ma siccome la legge prevede che il morto al quale dedicare un edificio deve essere stagionato almeno dieci anni, la procedura di re-intitolazione si è impantanata.
La biblioteca quindi resta, al momento, senza nome. Come il sindaco leghista al quale nessuno oserà mai dedicare neanche un vespasiano: la legge infatti prevede che il morto al quale dedicare qualcosa deve essere stato, in vita, un essere umano pensante.
Almeno, fino al prossimo emendamento della Lega.

Grazie a Raffaella Catalano.

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