La strada

Quando impari che c’è un rosé che ti può piacere, a patto che abbia le bollicine.

Quando pur di arrivare alla fine di un libro scegli di non dormire per una notte intera.

Quando chi c’è c’è e chi non c’è non è un caso che non ci sia.

Quando lo sport non è più schiavitù da endorfine, ma divertimento.

Quando il sentimento diventa una questione tua e solo tua.

Quando tutto si acquieta con Purple Rain e tutto si scatena con Back in Black.

Quando vedi qualcuno parlare di sé in terza persona e ti guardi intorno per capire con chi cazzo sta parlando: e quello se ne accorge.

Quando per prendere una decisione (più o meno importante) la prima riunione che convochi d’urgenza è quella con te stesso.

Quando hai il privilegio di poter scrivere quello che vuoi, ma scrivi quello che è giusto che tu voglia.

Quando gli amici non si contano, ma si pesano.

Quando i programmi dei comici sulla politica sono quelli televisivi e non quelli di governo.

Quando ti decidi a esercitare il tuo diritto al non perdono.

Quando perdoni e non sai bene perché, ma è forse un effetto delle scie chimiche.

Quando hai una minima occasione per esercitare un potere e la prima cosa che ti viene in mente è fare qualcosa che faccia sghignazzare chi ti sta intorno.

Quando magari ti piace essere riconosciuto, ma ancora di più mimetizzarti.

Quando una ruga non è più una rottura di coglioni, ma la cicatrice di un’infinita risata.

Quando le chiamate non risposte non ti danno più ansia.

Quando l’invidia è solo il refuso di un’insalata.

Quando sei pronto per il giro del mondo e manca solo per il mondo che non ti ha ancora proposto un programma compatibile con la tua Millemiglia.

Quando la bontà non è interessante se non c’è una persona debole di mezzo.

Quando l’ex potente che non ti ha mai salutato ti chiede un piccolo favore, e tu glielo fai col sadismo di chi vola alto ma mira al di sotto della cintola.

Quando la migliore parola non è quella che non si dice.

Quando la migliore parola non è quella che si vuol sentire dire.

Quando la libertà prevede una sola eccezione, essere padroni di se stessi…

… allora la strada è quella giusta, questo so.

Buon Natale, cari.

Just the two of us

Ingredienti per rendere divertente una serata monotona.
Un iPod o un qualunque lettore digitale di musica: oddio, va bene anche il walkman se ne tenete un cimelio funzionante.
Un paio di scarpe comode.
Un luogo da esplorare: vanno bene anche un lungomare o un quartiere della vostra città, oppure una zona che conoscete benissimo (e capirete perché).
Una persona amata (con conseguente altro paio di scarpe comode).

Procedimento.
Inserite due paia di auricolari nel lettore. Non usate due iPod diversi perché il bello sta nell’ascoltare la stessa musica, contemporaneamente. Scegliete la playlist giusta e cominciate a camminare. Lasciatevi trasportare dalla musica, ballate se volete, chiudetevi al mondo e apritevi alla vostra visione del mondo. Scoprirete che anche una strada che credevate di conoscere bene – quella che fate per andare al lavoro o fare la spesa – può essere meravigliosa. Vi accorgerete che col beat giusto il tempo si ferma. Consumerete chilometri senza accorgervene e, tornati a casa, vi sentirete più leggeri. Andrete a nanna con la felice, e rara, consapevolezza che i veri chili di troppo non stanno nel girovita, ma nella testa.

Il fascino della strada sbagliata

Da molti anni, quando mi sposto in auto per le vacanze, uso il navigatore. Ultimamente mi è capitato di provare anche l’app Mappe dell’iPad e l’ho trovata molto divertente (in verità l’ha provata mia moglie che riesce tranquillamente a leggere mentre l’auto è in movimento).
Quello che mi chiedo è quanto il divertimento per un oggetto che ti toglie un pensiero (quello di dover stare attento a svincoli e traverse) sfoci in un atteggiamento passivo, di pigrizia e intorpidimento mentale.
Ricordo decine di casi in cui sbagliando strada, ho scoperto nuovi posti, ho apprezzato panorami che non mi aspettavo, mi sono imbattuto in suggestive locande, e così via.
Non voglio fare il solito pippone sulla tecnologia che raffredda le nostre esperienze o su quanto erano belli i tempi in cui la vita era analogica al cento per cento. Sono il primo che si rompe le scatole quando imbocca la traversa sbagliata.
Però penso che di tanto in tanto potremmo usare questo strumento in maniera meno nevrotica, ad esempio chiedendogli di proporci l’itinerario più suggestivo anziché quello più breve. Oppure indugiando un po’ sulle mappe digitali alla ricerca di luoghi poco noti.
Insomma se ormai è difficile sbagliare strada, regaliamoci l’illusione di non vivere in un mondo dove tutto è deciso da un preziosissimo e odiosissimo microchip.

Alla faccia della pubblicità

Oggi pomeriggio, nel cuore di Palermo, i signori della Carrefour hanno attaccato questi cartelli-palette di plastica ai lampioni pubblici. E, peggio ancora, li hanno piazzati ad altezza viso.

Grazie a Giuseppe Giglio.

Pensieri e parole (scritte)

Dall'album su Flickr di Cinzia Zerbini
Da Flickr, foto dell'autrice

di Cinzia Zerbini

Una volta, imbottigliata nel traffico, presi il giornale e iniziai a leggere. Dopo pochi minuti gli automobilisti dietro di me cominciarono a suonare come pazzi inveendo per questa tizia (io) che anziché scattare al minimo spiraglio di strada libera stava con il quotidiano aperto sul volante.
Così mi venne un’idea.
Sarebbe carino, pensai, se pagando anche una piccola cifra ci fossero i “lettori di strada”:  persone che per mestiere leggono accanto a te e ad alta voce nel tragitto casa – lavoro. Sarebbe un po’ il rovesciamento dei ruoli autista – trasportato. In mezz’ora un bravo lettore, anche per tre euro, leggerebbe i titoli e gli articoli più interessanti. Da qui alla lettura del libro nel viaggi più lunghi il passo è breve. Sulla Palermo – Catania, che cito per l’amore che mi lega a questi 190 chilometri, in due ore almeno 60 pagine. Certo, sarebbe preferibile che il lettore non fosse un serial killer e per il suo ritorno ci sarebbero sempre i comodi autobus della Sais. Tutta questa articolata azione potrebbe chiamarsi reading cross.
Un altro pensiero collegato all’idea di cui sopra è  l’house book. Visto che la promozione libraria costa molto, considerato che spesso è difficile organizzare degli incontri nelle librerie, perché non farli nelle case invitando l’autore? E’ un po’ il concetto dell’Avon: dimostrazione, prova, campioncini per testare i nuovi prodotti della casa di cosmetici. In questo caso sarebbe l’autore a fare una vera promozione finalizzata alla vendita o comunque alla diffusione della sua opera.
Poi però penso che molte volte uno scrittore è meglio non conoscerlo perché alla bellezza delle sue parole potrebbero contrapporsi, che ne so, dosi massicce di forfora. Questo però è un pensiero residuo.