Il nuovo piano per “democraticizzare” la Rai prevede la rotazione dei conduttori, una prima serata a quello di sinistra, una a quello di destra, uno a quello di centro e così via.
Il concetto che passa è quello dell’equilibrio, ma in realtà dovrebbe essere quello dell’equilibrismo. Da abbonato Rai non me ne frega niente della patente politica del giornalista o del presentatore. A me interessa la qualità di un programma, nient’altro. Vedere in tv gente moderata che non sa che caspita dire davanti a una telecamera (basta fare un po’ di zapping nel pomeriggio) è umiliante. A certi trombonazzi della politica importa solo che sia rispettata la par condicio, ma se poi si uccide la professionalità non accade nulla di grave. C’era un famoso giornale, specializzato in figure ridicole, che più di una volta attaccava i suoi articoli con la replica a un’accusa che ancora il lettore non conosceva. Ecco, la Rai di domani sarà così: piena di anti-Santoro che infarciranno il palinsesto di anti-Annozero e che non diranno nulla di particolare, ma lo faranno con grande equilibrio.
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Cari lettori, non siamo fessi
Sembra che il dato rilevante di queste elezioni sia la scarsissima affluenza alle urne.
Se fossi il direttore di un giornale proibirei di titolare su questo elemento (mentre vedrete che oggi i quotidiani lo porranno in evidenza) a meno che non ci fosse una postilla in prima pagina: “Cari lettori, non siamo fessi”.
Perché stupirsi (quindi farne una notizia) di un evento abbondantemente annunciato è un po’ da ingenuotti.
Se tu non spieghi alle persone cosa accade se vanno a votare – ergo se non dai modo ai candidati di esporre i programmi – perché mai le suddette persone dovrebbero andare a votare?
Se il premier evita qualsiasi confronto diretto con il capo dell’opposizione sui temi cruciali della competizione elettorale e poi, previo blocco dei programmi sgraditi, fa un comizio a poche ore dal voto sui principali telegiornali nazionali, perché mai un cittadino dovrebbe appassionarsi a una storia già scritta, una musica già suonata, un film già vecchio?
La scarsa affluenza alle urne – ma potrei sbagliare – è il risultato aritmetico dei colpevoli menefreghismi (endemici) e di un’ignoranza endemica (colpevole).
Tutto previsto, tutto noto, come marzo pazzo, come trenta dì conta novembre e come natale con i tuoi.
Solo che a Capodanno con chi vuoi i giornali non dedicano il titolo di apertura, senza opportuna postilla che spieghi (non so come): “Cari lettori, non siamo fessi”.
Chiuso per ferie elettorali
L’attimino fuggente
di Giacomo Cacciatore
In Italia si dice: “ciurlare nel manico”. A Palermo, “andarci con la minutidda”. In entrambi i casi, il significato è pressappoco questo: cercare di ottenere qualcosa in modo subdolo, con piccole mosse strategiche, meglio se invisibili, senza dichiarare la sostanza del proprio intento.
Ho l’impressione che l’ultima trovata del governo e commissioni di sorveglianza accluse in materia di “par condicio” Rai siano proprio questo: un modo di ciurlare nel manico. O di “andarci con la minutidda”. L’obiettivo non dichiarato ma immaginabile? A mio parere, quello di creare un precedente. E si sa, dal precedente al permanente il passo è spesso breve. Sarà dietrologia, ma penso che se oggi si può inibire l’aspetto informativo di trasmissioni come “Annozero”, “Report”, “Ballarò” e persino “A sua immagine” (scandaloso il caso della commemorazione di Bachelet che non andrà in onda) in nome di una fantomatica equidistanza e in vista delle elezioni regionali, non è detto che il cartello “momentaneamente chiuso” per le ferie elettorali non resti appeso anche domani. E per sempre.