L’emozione degli altri

Anche ieri ho vissuto l’emozione di vivere le emozioni altrui: ho trascorso qualche ora sul traguardo della maratona di Palermo. E’ un appuntamento a cui cerco di non mancare mai perché ogni anno mi ritrovo a sudare da fermo, a sgolarmi appresso a quei coraggiosi che si sono lanciati in una sgroppata di oltre 42 chilometri.
Sono un appassionato di corsa, ma non sono fatto per quelle distanze: la mia biologia mi prescrive un massimo di 21 chilometri (che un tempo percorrevo con un buon passo).
Ieri, assieme a mia moglie che ha fatto delle splendide foto (le trovate qua), abbiamo respirato la sana aria della felice fatica, del puro impegno fisico, delle migliori intenzioni. Abbiamo visto adulti esultare come bambini, giovani sorretti da anziani, donne grintose e uomini piagnucolosi. Abbiamo visto atleti abbandonarsi sull’asfalto e principianti reggere come rocce. Ognuno con la propria soddisfazione, con la propria colonna sonora.
Tagliavano il traguardo, i primi come gli ultimi, e si sentivano fortissimi. Erano belli anche se devastati dalla fatica, maestosi anche se curvi.
Perché, dopo 42 chilometri e 195 metri di sforzo innaturale, a cronometro fermo si rendevano conto di aver vinto la battaglia più difficile. Quella contro se stessi.

Drogati di corsa

Ieri su diPalermo, Giacinto Pipitone ha raccontato la storia di un tale che, d’un tratto, decide di mettere da parte vizi e tran tran e comincia a correre. Non è Forrest Gump, lui corre per arrivare. E deve arrivare lontano. A New York, alla grande maratona.
Quella storia è la sua, di Giacinto, ma è anche quella di migliaia di impiegati, professionisti, pensionati che hanno deciso di rimescolare le carte e tentare la grande giocata.
Corro da decenni, anche se non più con le prestazioni (modeste, ma biologicamente esaltanti) di un tempo. La schiavitù da endorfine la conosco bene: ogni giornata di maltempo è un balcone senza ringhiere sul vuoto del malumore; al contrario, ogni chilometro in più macinato (magari su un paio di nuove Asics Cumulus) è una felice sofferenza.
Chi non ha mai sforato il limite dei 15-20 chilometri non conoscerà mai l’ebbrezza della morfina naturale che, quando le gambe sono ormai ferme, irrora muscoli e cervello dando un motivo di felicità a ciò che per molti non ha un briciolo di senso. Oltre i 30 chilometri c’è qualcosa di cui si occupa la letteratura (vedi Murakami Haruki) quindi non è il caso di discuterne qui.
Correre per la stragrande parte dell’umanità meccanizzata è una tortura, per pochi illusi che si agitano in calzoncini corti dodici mesi all’anno è una necessità.
Gli scienziati raccontano del lavorio di articolazioni e della meravigliosa economia energetica dei mitocondri. I runners si limitano a scandire le singole “monete” di ATP spese per far fronte allo sforzo di dover mettere un piede davanti all’altro, chilometro dopo chilometro.
I Paesi più civili della Terra sanno che dietro alla sofferenza di un maratoneta c’è un rito antico come la macchina di carne e ossa che governa il mondo: per questo le manifestazioni dedicate a questo sport vedono, tra il pubblico, una partecipazione intensa e commovente. Mio fratello, reduce dalla maratona di Amsterdam di domenica scorsa, mi racconta di famiglie di campagnoli che lungo il percorso hanno messo su banchetti estemporanei con biscotti e altri generi alimentari, tutti a disposizione di sconosciuti che passavano, trangugiavano e fuggivano via, come fuorilegge inseguiti da una sceriffo invisibile.
Dalle nostre parti invece una maratona è ancora vista come un intralcio al traffico. Come una noia che appesta le vite dei cittadini automuniti.
Però, vi assicuro, non maleducazione. E’ brutta, intensa ignoranza.

Per i maratoneti drogati di musica

Foto di Daniela Groppuso

Questo blog è letto da molti appassionati di corsa, maratoneti effettivi o in pectore. Dal momento che siamo in pieno “risveglio muscolare” dopo i bagordi estivi o, al contrario per chi sta preparando la maratona di New York, in fase critica, mi pregio di proporvi la mia playlist da allenamento.

Salite

  • Highway to hell -AC/DC
  • To be a lover – Billy Idol
  • Rockit -Herbie Hancock
  • Do it again – Steely Dan
  • Drinking Vinyl (Drinking Everything Mix) – Mikael Delta
  • Stylo – Gorillaz
  • Running in the family – Level 42
  • The way you make me feel – Michael Jackson
  • Cannonball shuffle – Robben Ford
  • Walk this way – Run DMC

Discese

  • Libertango – Astor Piazzolla
  • You should be dancing – Bee Gees
  • Livin’ it up – Bill LaBounty
  • Lessons – Chroma
  • Take it easy – Eagles
  • Blind – Hercules & Love Affair
  • All summer long – Kid Rock
  • Over My shoulder – Mike and the Mechanics
  • Whole Lotta Rosie – Pat Travers
  • Something got me started – Simply Red

Lunghi in pianura

  • Rock around the clock – Bill Haley and the Comets
  • L-O-V-E-U – Brass Construction
  • Viva la vida – Coldplay
  • Lullaby – The Cure
  • Long train runnin’ – Doobie Brothers
  • Scooby Snacks – Fun loving criminals
  • When love comes to town – Herbie Hancock, Johnny Lang & Joss Stone
  • Sun goddess – Earth, Wind and Fire
  • The politic of dancing – The Reflex
  • Start me up – Rolling stones

Ripetute

  • Moments in love – Art of noise
  • Don’t look back – Boston
  • Brick house – Commodores
  • Enjoy the silence (Timo Maas remix)– Depeche mode
  • Rage Hard (Young Person’s Guide Into The 12 Inch Mix) – Frankie goes to Hollywood
  • Tell you what – John Scofield
  • Sweet home Alabama – Lynyrd Skynyrd
  • Another one bites the dust – Queen
  • Black Betty – Tom Jones
  • Everybody have fun tonight – Wang Chung

 

Di corsa ma non di fretta

Il grado di serenità, dalle mie parti, si misura anche col tempo impiegato a scegliere il paio di scarpe adatte alla corsa mattutina. Ovviamente il rapporto è direttamente proporzionale: più tempo ci vuole, più sono sereno.
E’ uno dei vantaggi meno celebrati della corsa. Provateci.

Cose di famiglia

Quest’uomo fino a pochi anni fa pesava quasi novanta chili e fumava come una ciminiera. Un giorno, distrattamente, mi chiese qualcosa sulla corsa. Io, reduce da una mezza maratona a Roma, gli girai le tabelle di allenamento di Pizzolato.
Lui smise di fumare e cominciò a correre. Per anni.
Strada facendo, lui ha perso chili e macinato chilometri senza mai fermarsi. In estate e in inverno, con l’afa e con il gelo.
Domenica scorsa ha corso la sua prima maratona, a Ragusa. Ha chiuso il suo dolce calvario di 42 chilometri e 195 metri in 3 ore e 26 minuti. Un tempo eccezionale, credetemi, e non solo per un esordiente della lunga distanza (lui ha già bruciato qualche “mezza” come se niente fosse).
Ecco, a nome di tutti quelli che corrono senza riuscire, a nome di quelli che ci provano comunque inventandosi un’età con lo sconto, a nome di quelli che ogni mattina incrocio sul lungomare con le facce serenamente stravolte volevo complimentarmi con quest’uomo.
Vai Gabriele!
E fregatevene se è mio fratello.

Il rito millenario e la città insofferente

Foto di Daniela Groppuso
Foto di Daniela Groppuso

In tutte le città del mondo la maratona è una festa.
Nella mia vita ho corso un po’ qua e là e quando mi è capitato di avere l’onore di partecipare a una gara ufficiale – sempre come l’ultimo dei dilettanti – sono rimasto affascinato dal ruolo del pubblico.
Dovunque ti incitano, ti chiamano per nome (il numero di pettorale), ti danno pacche: tutti, quando ti vedono passare, ti trattano come un campione, anche se sei piegato dalla fatica, se piangi per i dolori ai polpacci, se sei ultimo, o vecchio, o grasso, o scoordinato. A New York addirittura ti accompagnano con la musica, diversa per ogni strada che percorri.
La maratona è una gara antica come l’umanità, e però non ha nulla di umano. Il nostro organismo infatti non è stato progettato per sopportare un simile sforzo. Però fa parte dell’indole umana la volontà di sfidare i limiti, di vincere le scommesse più importanti, quelle contro se stessi.
Per questo molti corrono. Corrono fino a sfiancarsi. Per meta hanno un numero: 42,195. I chilometri che consumeranno sperando che le loro scorte di glicogeno durino oltre il fatidico 33esimo chilometro e confidando nel sospiro di un vento favorevole.
La maratona è la corsa dell’uomo verso l’impossibilità di un traguardo valido per tutti. Ogni atleta è una storia a sé, ogni passo è una scommessa, ogni goccia di sudore non è mai sprecata.
Ecco perché in tutte le città del mondo la maratona è una festa.
Ieri a Palermo la corsa silenziosa di quegli uomini che sfidano un rito millenario è stata inquinata dalle urla degli automobilisti imbottigliati agli incroci, dai clacson, dai grugniti di insofferenza e soprattutto dall’indifferenza generale.
Vergogna.

Campioni qualunque

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Un omaggio agli atleti che stamattina hanno corso la maratona di Palermo: le foto di Daniela Groppuso.

Miraggi africani

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Foto di Antonio Ilardo.