Varietà di contenuti

Grazie a Giuseppe Giglio.

Ricomincio da tre

robert-de-niroLa Repubblica dimentica che Robert De Niro ha fatto otto film con Martin Scorsese, nei quali è stato un assassino per ben tre volte: in Taxi driver, in Goodfellas e in Cape Fear.

Da Pazzo per Repubblica.

Il partito del sentimento

berlusconi amore

Ancora una volta la politica italiana cade nella trappola della plateale contrapposizione tra amore e odio, per illustrare cosa e giusto e cosa è sbagliato.
Utilizzare i sentimenti quando c’è in ballo la democrazia – che oltre a essere rispetto dei ruoli è anche rispetto per chi non ce li ha, quei ruoli – è un errore e un atto di slealtà perché è come bruciare oppio spacciandolo per incenso.
Secondo questa teoria dei sentimenti contrapposti, le rivoluzioni sono d’istinto catalogate tra i moti di odio e certe posizioni conservatrici hanno più a che fare con l’amore che con l’interesse di casta. Ma è anche sbagliato – come ho appena fatto – generalizzare. Solo che qualche esempio per non rendere il discorso noioso devo pur farlo.
Le stagioni ad alta tensione che il nostro Paese ha vissuto non hanno nulla a che fare con i diavoli e gli angeli. Molti dei terroristi che hanno sfregiato la vita italiana – e lo dico con tutto il ribrezzo che mi suscita la violenza – non agivano solo per mero odio, ma per triste ideologia. Che è altra cosa, ben più pericolosa.
Il sentimento è personale, l’ideologia è collettiva.
Cercare di addossare, adesso, le colpe del ferimento di Berlusconi a chi ha imbastito una campagna politica e mediatica contro il premier è un’offesa al buon senso degli italiani. Le idee di dissenso, se esposte puntualmente e motivate da un oggettivo disagio pubblico (la Repubblica non è Lotta Continua, Antonio Di Pietro non è Mario Moretti) sono forse sovrapponibili al verbo di Satana? Il partito dell’amore, a parte la parentesi grottesca di Cicciolina, è quello che promette “meno tasse per tutti”?
Forse sarebbe meglio lasciare i sentimenti al dilemma personale di ciascuno di noi e smetterla di inventarsi categorie per recensire ciò che in fondo non si vuol raccontare. Berlusconi è stato vittima di un’orribile aggressione ad opera di un fanatico che adesso si vuol agganciare a qualche formazione (politica? Criminale? Giornalistica?). Berlusconi non è J.F. Kennedy, né Martin Luter King, né (nonostante Apicella) John Lennon. Nessuno di loro era nessun altro. Nessuno di loro è stato schiacciato da un sentimento assoluto, ma da pallottole, follia, interesse, strategia.
Ammiro un solo esempio di Male organizzato per abbattere il Bene assoluto, e vorrei che non si fosse mai estinto. E’ la Spectre dei film di James Bond.
Il resto sono umane miserie.

La zia d’America (latina)

china-brenda

Repubblica.it ha promosso la signorina China (a destra nella foto senza né trucco né parrucco) a zia di Brenda.

Grazie a Raffaella Catalano.

Repubblica non ha fame

sondaggio repubblicaEffettivamente, come fa notare Nino nei commenti di questo post, il sondaggio di Repubblica.it sulla pausa pranzo è da incorniciare. Primo, si chiede una risposta a una domanda inesistente (avete visto un punto interrogativo?). Secondo, tra le “risposte” manca quella più importante, direi fisiologica: mangiare è una necessità dell’essere umano.

Tiritiritu

saviano

Chi deve ritirare la norma? Saviano?

Da Repubblica.it.

Dieci domande posson bastare

image002

Mettetevi nei panni del direttore di un giornale.
Se una vostra iniziativa giornalistica diventerà una moda avrete da gioire perché la trovata ha avuto successo. Al tempo stesso avrete da deprimervi perché la vostra idea è stata degradata a chiacchiericcio, tiritera, ispirerà molte brutte imitazioni.
Accade in questo momento, e da qualche mese, con le dieci domande di Repubblica a Silvio Berlusconi.
Sui giornali e sul web c’è un fiorire di domande, anzi di dieci domande, a chiunque. Anche a chi con mezza risposta potrebbe già raccontare la propria vita, oppure a chi con dieci risposte avrebbe fatto soltanto un passo verso le attenuanti generiche. Da Marrazzo a Franceschini, dall’allenatore del Rimini Calcio a Beppe Grillo, da Fini a Emma Dante, da Augusto Minzolini a Massimo D’Alema, da Dino Boffo a Tom Wolfe, dal sindaco di Bergamo a Giancarlo Abete. In mezzo – è vero – ci sono spunti di satira e tipiche provocazioni internettiane (da salvaguardare), ma a ben leggere c’è anche una certa dose di banalità.
La mia domanda sulle dieci domande è questa: la vogliamo finire di imbastire domande come se fossero comandamenti e torniamo a chiedere quello che ci pare senza che ci sia un format da rispettare?

P.S.
Anche perché poi finisce che se siete il famoso direttore del famoso giornale poi clonate voi stessi e non è una mossa strategicamente furba.

Donne intellettuali

Dice Silvio Berlusconi, rispondendo a una delle dieci domande di Repubblica attraverso Bruno Vespa che gliele ha rigirate e dolcificate per utilizzarle nel suo ultimo libro “Donne di cuori” edito da Mondadori cioè da Berlusconi stesso:

Ho proposto incarichi di responsabilità soltanto a donne con un profilo morale, intellettuale, culturale e professionale di alto livello.

Mara Carfagna è una di queste donne. Ricaviamo allora il suo profilo morale, intellettuale, eccetera, dalla biografia pubblicata sul suo sito.

Sono cresciuta praticando nuoto e studiando danza e pianoforte. Ho partecipato a Miss Italia nel 1997 ed ho lavorato in alcuni programmi RAI e Mediaset, tra i quali Domenica In, Piazza Grande e la Domenica nel Villaggio. Mi sono diplomata presso il Liceo scientifico “Giovanni da Procida” di Salerno e ho conseguito la Laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Salerno con una tesi in Diritto dell’informazione e sistema radiotelevisivo.

Per completezza d’informazione Mara Carfagna ha anche partecipato a trasmissioni di alto profilo culturale come I cervelloni e Vota la voce. Nel 2005 ha posato per un calendario di alto profilo intellettuale per la rivista Max. L’anno seguente, per i suoi meriti professionali, è stata eletta deputato della repubblica nelle fila di Forza Italia e nel 2008 è diventata ministro per le Pari opportunità. E forse solo allora si è rasserenata per aver cancellato dalla sua tesi di laurea un capitolo “ininfluente” come quello sul conflitto di interessi.
Molte altre sono le donne di alto profilo intellettuale, culturale, professionale (accantoniamo quello morale perché si entra in un ambito di arbitrio che è nemico dell’obiettività) sponsorizzate dal premier. Tra queste c’è Barbara Matera, il cui curriculum secondo Wikipedia è questo:

Barbara Matera ha studiato Scienze dell’Educazione e della Formazione all’Università “La Sapienza” di Roma, ha completato tutti gli esami ed è attualmente in attesa di discutere la tesi “Sulla riforma della scuola Media in Italia”.
E’ stata pre-finalista al concorso regionale di Miss Italia 2000. I suoi esordi televisivi sono stati la partecipazione alla trasmissione della Gialappa’s Band Mai dire Domenica come “letteronza”, e in Chiambretti c’è come valletta. Dal 21 settembre 2003 al 2007 è annunciatrice per Rai Uno. Nel 2003 partecipa al film Ma che colpa abbiamo noi con Carlo Verdone. Nel 2007 appare su Raiuno nella miniserie tv La terza verità. Nello stesso anno partecipa alla settima stagione della serie tv Carabinieri (…) Poi arriva Don Matteo 6 (…)

Nella biografia non c’è scritto che la signora Matera è fidanzata di Fabio, figlio di un prefetto amico di Gianni Letta.
Oggi Barbara Matera è europarlamentare per il Popolo della libertà.
E qui, al momento, mi fermo.

Oops

repubblica 29-10

Un refuso in linea coi tempi che corrono. Ieri su Repubblica.it.

Via Pazzo per Repubblica.

Appelli e orpelli

L'illustrazione è di Gianni Alllegra
L'illustrazione è di Gianni Alllegra

L’onda degli appelli telematici si scatena a ogni grande evento di cronaca, come uno tsunami che segue tragicamente lo sconquasso di una porzione di crosta terrestre.
Ne parlo con il massimo dell’autocritica. Nel senso che nel recente passato ci sono caduto anch’io, e ciò non vuole rappresentare alcuna attenuante.
Solo che andare appresso a uno sconsiderato che, nonostante il proprio ruolo istituzionale, si lancia con tutta la ruvida maleducazione possibile contro chiunque non la pensi come lui è cosa pericolosa. Quasi quanto il dare luogo a seriali iniziative di protesta che, seppure incanalate, previste, attese, non danno la certezza di successo di pubblico e di critica.
Perché è l’effetto sorpresa delle rivoluzioni pacifiche quello che la storia ha sempre premiato. Perché anziché mandare le foto a Repubblica autocertificandosi come “farabutti” o come “donne offese dal premier” si può scegliere di mandare un messaggio a quelli del Pd (o a un altro ectoplasma di opposizione). Della serie: “Se questo signore mi offende, la colpa è vostra e del vostro ombelichismo perdente” (ombelichismo è un bel rischio, per i sinonimi fate voi). Oppure si può scrivere direttamente  a Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370, 00187 Roma, o a redazione.web@governo.it.
Oppure, per i più pazienti, si può prendere un appunto per le prossime elezioni.
Il lanciarsi a spada tratta in campagne anonime e populiste (ripeto: io ammetto di averlo fatto) non deve illudere: queste adunate virtuali non servono a nulla se non a darci l’illusione che la coscienza si possa lavare col Vetril.
Quando si tratta di firme, persone fisiche, dati certi, le uniche cose che contano sono una carta d’identità e l’uso che se ne fa.
Se poi per sentirsi meglio ci si trastulla con le manifestazioni esibizionistiche allora è segno che quando l’onda è alta c’è chi si riduce a pensare che l’unico modo di sfuggire allo tsunami sia quello di svuotare il mare con paletta e secchiello.