Ricordare è celebrare. Trent”anni fa ero un ragazzo. Quando uccisero il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ero con gli amici a fare baldoria. La notizia arrivò non so come, mentre eravamo stravaccati sui vespini parcheggiati in una strada di Mondello. Molti di noi nemmeno sapevano chi era Dalla Chiesa.
Un paio di giorni dopo mi capitò di passare dal luogo della strage e mi colpi quel cartello che sarebbe entrato nella storia delle grandi tragedie italiane. Non ho mai dimenticato quelle parole, e in principio le ho ritenute più che fondate. Col tempo ho riacquistato la speranza, ma credo che sia giusto tenere sempre a mente quella frase di disperazione. Per capire da dove proveniamo. E ricordare.
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Uno che certa gente…
La proprietaria di un negozio di abiti da sposa dell’Aquila si rivolge a Forum su Canale 5 per dirimere una vicenda economica con l’ex marito che non le vuole dare un euro perché dice che l’Aquila è una città disastrata e che nessuno si vuole più sposare ma la donna ribatte che invece hanno riaperto tutti i negozi grazie a Berlusconi che cita come fulgido esempio di governante e grazie a Bertolaso che va ringraziato sempre e comunque come un santo in terra e infatti il pubblico applaude e la conduttrice Rita Dalla Chiesa puntualizza che è tutta l’opera del governo che va lodata e ancora applausi fin quando a riflettori spenti si scopre che la proprietaria del negozio di abiti da sposa è in realtà la titolare di un’agenzia funebre vicino Pescara e soprattutto che ha recitato un copione scritto dagli autori di Forum dietro compenso di trecento euro il che ovviamente suscita indignazione perché alla fine Canale 5 ha organizzato una messinscena per fare un favore al padrone che è anche il premier e il datore di lavoro di Rita Dalla Chiesa che è incolpevolmente la figlia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa uno che certa gente l’avrebbe sbattuta in galera senza troppi complimenti.
Sciascia, Bocca e Dalla Chiesa
All’indomani dell’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Leonardo Sciascia scrisse un lungo articolo sul Corriere della Sera che, sostanzialmente, conteneva una risposta e un’interpretazione.
La prima era rivolta a Giorgio Bocca.
Secondo lui (Bocca, ndr) io avrei della mafia un’immagine indefinibile, cangiante, misterica, raffinatissima. Troppi aggettivi: e soltanto uno – cangiante – potrebbe cautamente andare; ma a misura di un cangiamento oggettivo, non soggettivo. (…)
Se di questi cambiamenti (di Cosa Nostra, ndr) Bocca non si accorge, nonché dell’intuito di letterato, è sprovvisto dell’intuito di storico (qualche suo libro porta nel titolo la parola storia) e dell’intuito di giornalista. Che peraltro non occorrono, bastando il semplice buon senso (…)
L’interpretazione era, come spesso accadeva, urticante.
Il generale Dalla Chiesa non si proteggeva sufficientemente e accortamente. (…) andava per le strade di Palermo senza protezione e precauzione; ma pare che il dirlo venga considerato un’offesa alla memoria del generale e una remora alla lotta contro la mafia. (…)
Il fatto che Dalla Chiesa si fosse identificato nel capitano dei carabinieri del Giorno della civetta è dimostrazione, piccola quanto si vuole, di quel che pensava di sé e della mafia.
Comunque la si pensi e qualunque sia il giudizio sul letterato e sulle sue parole, credo che oggi manchi una mente in grado di esibire concetti con simili profondità e chiarezza.
Per questo mi permetto di segnalarvi la raccolta delle opere di Leonardo Sciascia, edita da Bompiani.