Il leghista Massimo Polledri chiede alla Camera che dalla prima serata della tv vengano banditi baci e sesso esplicito tra omosessuali ed eterosessuali. Obiettivo: proteggere i bambini.
La crociata di Polledri, che è un neuropsichiatria infantile e che quindi ha dimestichezza con l’argomento, ha un solo difetto: è antica.
Da decenni, la volgarità e la crudezza televisive non sono più legate solo al sesso. L’overdose di reality show, come più volte ho scritto, rappresenta una vera emergenza di questo Paese.
Ci sono urla nell’Isola dei famosi e nel Grande Fratello, per citare solo due programmi, che sconvolgono più di un amplesso spinto. Assistiamo a risse nei talk show che rappresentano una vera pornografia cerebrale. Siamo costretti a sorbirci ragionamenti, negli spazi di approfondimento e in certi tg, che conducono dritti verso i peggiori istinti.
E allora? Allora cerchiamo un parlamentare che spieghi all’onorevole Polledri che i baci e il sesso in prima serata non sono certo emergenze di questo Paese. La morte violenta della ragione, sì.
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Lo show del peggio
Ho un’avversione ideologica nei confronti dei reality show. Ritengo che gran parte dello schifo nel quale annegano i nostri costumi e la nostra curiosità sia l’effetto del dilagare di questi programmi.
Il Grande Fratello di quest’anno è, secondo Aldo Grasso, ancora più volgare e trash di quello precedente. Non ne ho mai visto una puntata, quindi ci credo a scatola chiusa.
Il problema, secondo me, sta proprio nel concetto di reality show.
C’è una categoria di persone, alla quale mi iscrivo, secondo la quale la realtà può essere raccontata, fotografata, ignorata, presa in prestito o dimenticata. Lo spettacolo delle peggiori vite qualunque ci può anche stare a patto che serva a qualcosa: a imparare, a distinguersi, a confrontarsi, a piangere o a ridere cinicamente. L’unica cosa che, secondo me, non si dovrebbe fare è lo “show del peggio”. E il Grande Fratello va ancora più giù: è lo show del peggio che diventa opinione, termine di confronto.
Al mio paese il peggio oggettivo (perché deve ancora nascere qualcuno che dimostri che nel GF non c’è il peggio) è destinato all’oblio o alle pagine della cronaca. Se il figlio di un camorrista vuole andare in tv può farlo tranquillamente, a patto che il suo legame di sangue non diventi un titolo di merito, un elemento da curriculum che lo ha promosso a discapito del figlio di un qualunque incensurato.
Davanti al Grande Fratello una parte di Italia, colpevolmente lobotomizzata, perde il gusto della critica e la critica del gusto.
Diventa correa del peggio celebrato come il meglio del peggio.