Elogio del dissenso a 5 stelle

L’articolo di ieri su la Repubblica.

La nascita delle correnti all’interno del M5S siciliano, di cui scriveva su Repubblica  Antonio Fraschilla, segna una tappa fondamentale oltre la linea Maginot di una presunta diversità del partito di Di Maio. O forse rappresenta qualcosa di più importante poiché solo coltivando un sano dissenso si arriva a sagge decisioni. Pensate alla vera emergenza politica italiana, quel Salvini che mette i piedi in ogni minestra che trova, che discetta su tutto dai Rom ai vaccini, che incita all’odio e traveste vecchi fantasmi in nuovi nemici. Il Movimento 5 stelle rischia di essere fagocitato da questo cattivismo incolto. Paradossalmente la sua salvezza dipende proprio dalla capacità di saper mettere a frutto il dissenso interno. Le voci dissonanti, quelle ad esempio che credono nell’accoglienza degli immigrati e che sono contrarie alla chiusura dei porti, riconciliano con l’idea di una vera politica che parte dal basso, attenta ai temi sociali, nella tutela dei più deboli. È la vera scommessa da vincere quando le stelle non stanno solo a guardare.

Ipocrisie che rimarranno

Ipocrisie che rimarranno. Il Salvini e il Di Maio che davano aria ai denti dicendo, a proposito degli immigrati clandestini, “aiutiamoli a casa loro” fanno finta di dimenticare che quando in Italia, qualche mese fa, si decise per una missione in Niger che serviva a governare sul campo – e non sui social – i flussi migratori, la Lega non votò a favore, e il Movimento 5 Stelle votò contro.
Poi vale la pena di ricordare che tre anni fa il Consiglio di giustizia europeo ha stilato un piano di ricollocazione per 160 mila profughi che erano arrivati in Italia e Grecia. Tra i paesi che non hanno accolto manco mezzo profugo, c’erano i principali alleati di Salvini e Di Maio in Europa: cioè Ungheria e Polonia, orgogliose del loro “zero profughi”.
Ma non è finita. A tutti quegli orecchianti del “ma perché ce li dobbiamo accollare tutti noi?” va detto che in Europa i paesi più accoglienti, rispetto al numero di abitanti, sono la Svezia e Malta, e che Francia e Germania sono sopra di noi in questa classifica.
Infine quando questi loschi figuri – sempre il Salvini e il Di Maio – parlano di emergenza insostenibile, va sbattuto loro in faccia il dato, aggiornato a fine maggio, secondo il quale rispetto allo scorso anno gli arrivi via mare in Italia sono diminuiti, grazie a una politica vera e non grazie a un paio di selfie, del 78 per cento. Ripeto: meno 78 per cento.
Queste sono le ipocrisie che rimarranno in un’Italia senza memoria, senza cultura e senza ritegno.

La strategia del trampolino

trampolinoC’è un filo che unisce il leader della lega Nord Matteo Salvini con Luisa La Colla, consigliere comunale pd di Palermo. Non è ovviamente l’appartenenza politica, né la condivisione di un ideale. È quella che chiameremo la strategia del trampolino.
Funziona così. Agguantato un drammatico fatto di peso internazionale, lo si usa per prendere slancio saltando sempre più in alto in modo da centrare, grazie ad esso, l’obiettivo dei cazzi propri. Più praticamente, si cavalca un evento immenso per dar volume a particolarismi.
Così, fatte le dovute proporzioni, Salvini ha usato le stragi di Bruxelles per ribadire le sue minuscole tesi anti-immigrati, mentre La Colla si è ricollegata al terribile incidente stradale in Spagna per imbastire una campagna sul presunto superlavoro degli autisti dell’Amat.
Eccola quindi, la strategia del trampolino. Richiede coraggio, tanto coraggio, e una buona dose di equilibrismo logico. Rincorsa sulla notizia, molleggio sul suo impiego, e tuffo nell’ambito dei propri limitati interessi.
L’effetto non è scontato. Nel nostro caso, ad esempio, Salvini fa piangere mentre La Colla fa scassare dalle risate.

Il vero problema

Alcuni tra i principali giornali del mondo indicano l’Italia prossima all’esclusione dal G8, mettono in guardia dalle futuribili gaffes di Berlusconi e descrivono quello de l’Aquila come un summit che sta discendendo nel caos. Un europarlamentare italiano (della maggioranza) si fa riprendere mentre intona, birra alla mano, una canzone razzista e fa la figura dell’idiota in mondovisione.
Titoli a caso della cronaca di ieri.
Nelle grandi democrazie basterebbe solo una di queste notizie per suscitare un’indignazione comune. Non servirebbe neanche una campagna di stampa per risvegliare le coscienze: sarebbero già lì a ribollire di rabbia. Invece dalle nostre parti si continua a erigere un muro tra il sommo bene e il grande male, tra un governo che è ingiustamente bersagliato dai media di mezzo mondo e un’opposizione malvagia, corrotta e sanguinaria.
Siamo diventati grandi ormai e possiamo dircelo chiaramente: il vero problema dell’Italia non è Berlusconi, ma la fetta di opinione pubblica che pende dalle sue braghe.

P.S.
Dell’eurodeputato di cui sopra torneremo a parlare. Un personaggio di tale statura culturale, sociale e morale va celebrato come si deve.