Tempo perso?

Si vabbè, noi ancora qui a interrogarci sul ruolo dei giornali… Guardate cosa dice questo studio Usa su come gli americani assumono notizie.

Via Ppr.

Mala tempora

E Polis, la situazione precipita.

Il coma di E Polis

di Tony Gaudesi

Le nuvole sull’orizzonte di E Polis che annunciavano tempesta hanno mantenuto la promessa. L’acquazzone è arrivato, e se non è ancora bufera, poco, pochissimo, ci manca.
Il quotidiano free press, dopo 5 settimane di ferie coatte, 2 giorni di sciopero, e qualche stipendio congelato per i 131 giornalisti a libro paga,  oggi non era in distribuzione, né a Palermo né nelle altre 18 città italiane dove cerca di mettere radici.
La situazione viene definita gravissima da un componente del comitato di redazione che affida a un gruppo costituito su Facebook (“Solidarietà ai giornalisti di E Polis”) il trait d’union con redattori e collaboratori in azione lungo lo Stivale: “Non c’è carta, le stamperie non sono pagate, la pubblicitaria è ferma e in smantellamento”.
Un incontro tenuto con la proprietà proprio nelle ultime ore non avrebbe contribuito a fare chiarezza, anzi.
“L’incontro – si legge sulle pagine del social network – è stato un fiume di parole, ma nessun dato concreto. Dice (l’editore Rigotti, ndr) che vuole ripartire vendendo il giornale a pezzi e nel frattempo ci mette tutti in Cassa integrazione…”.
Al capezzale del malato c’è pure il sindacato. Il Cdr è in stretto contatto con il segretario nazionale della Federazione nazionale della stampa, Franco Siddi, per cercare di tenere in vita la fiammella che minaccia di spegnersi dopo il disco rosso del tribunale civile di Cagliari, che a luglio ha bocciato il piano per la copertura dei debiti concordato dal gruppo con i creditori, l’Istituto di previdenza dei giornalisti e l’Agenzia delle Entrate.
La carta di identità di E Polis-Palermo è giovanissima. Il quotidiano è sbarcato nel capoluogo siciliano a dicembre del 2008, ben nove anni dopo che la free press aveva fatto la sua prima apparizione a Milano.

Carta & web

Pare, secondo gli ultimi esperimenti editoriali italiani, che la carta promuova la carta (e un po’ il web) e che il web non promuova la carta. Cioè che i sistemi di interazione tra sito e giornale non funzionino come quelli, ad esempio, tra giornale e libro o tra giornale e un altro giornale (tipico caso, gli abbinamenti). Ciò perché il cliente del cartaceo è comunque disposto a spendere: se gli offri il quotidiano con un buon libro a otto euro in più, lui paga senza far troppo casino. Mentre il lettore del sito è cristallizzato nel mondo del tutto gratis-subito-e-di-più: se gli offri un servizio che ha a che fare con una sinergia analogica non è disposto a spendere neanche un centesimo.
Lo scenario, come ben capite, non è da sottovalutare. E in più è orfano di capitani coraggiosi.

Grazie

Si è concluso il corso di “Editoria e creatività” organizzato da Fattesto e il bilancio è ottimo: record di iscrizioni (praticamente abbiamo raggiunto il tetto massimo),  altissimo livello di curiosità tra i corsisti, discussioni interessanti e anche qualche risata (che dovrebbe entrare di diritto in qualsiasi programma didattico).
Sono stati anche assegnati gli stage.
A tutti quelli che per 14 incontri, per un totale di 42 ore di lezione, sono rimasti ad ascoltarci senza neanche eccedere con gli sbadigli va il ringraziamento mio, di Giacomo e di Raffaella.

Specchio dei tempi

Tra i curricula arrivati a Fattesto per il corso di editoria e creatività ce n’è uno sul quale stiamo riflettendo da giorni.
L’e-mail, che ha in allegato una foto di cui, per evidenti ragioni di privacy, mostro solo un versione decapitata, inizia così: “La sottoscritta tal dei tali chiede di partecipare al seguente casting…”.

P.S.
Riflettiamo da giorni perchè c’è in atto uno scontro tra due scuole di pensiero, quella della risata epilettica e quella del pianto sconsolato.

Fattesto, ultima chiamata


Siccome la cosa funziona bene, vogliamo che funzioni benissimo. Il corso di Fattesto di quest’anno è già popolato da bella gente (gli incontri preliminari delle ultime due settimane sono stati molto divertenti). Però, a parte i profitti (nessuno al mondo lavora per la gloria, nemmeno il Papa), abbiamo pensato: perché non sfruttare al massimo un motore che ha dato ottimi risultati a tre quarti di acceleratore?
Così abbiamo deciso di prorogare la scadenza delle iscrizioni al corso di “Editoria e Creatività” che inizierà il prossimo 12 febbraio.

Per quelli che si sono iscritti e con i quali abbiamo già amabilmente conversato: tranquilli, il posto non ve lo toglie nessuno.
Per quelli che sono ancora indecisi: smuovetevi, ci sono gli ultimi sei posti disponibili.

Il corso di Fattesto

logo fattesto

Dal 12 febbraio parte  la nuova edizione del corso “Editoria e creatività” organizzato dal gruppo Fattesto di cui mi onoro di far parte. Le lezioni si terranno ogni venerdì (ore 18-21) e sabato (ore 9-12) nella sede dell’Assocomav di via Abela 10, a Palermo. Ai corsisti risultati più meritevoli saranno offerti stage presso le redazioni di case editrici, riviste e portali internet. Tra i docenti ci saranno editor, scrittori, giornalisti, grafici ed esperti di formazione e marketing.
Ci sono due motivi per cui vi faccio questa comunicazione.
Primo. Alcuni tra i corsisti formati nelle scorse edizioni sono stati assunti in case editrici e redazioni di giornali con contratto a tempo indeterminato o hanno avuto incarichi come collaboratori: insomma sono entrati – e non per magia o per spintarella – nel mondo del lavoro.
Secondo. Sabato scorso c’è stata la prima adunata di corsisti per un incontro preparatorio ed è andata talmente bene che adesso abbiamo adesioni per un altro meeting pre-corso, sabato prossimo.
Se volete essere dei nostri – tenendo conto che il corso è a pagamento perché non gode di alcun finanziamento pubblico – potete scrivere a: fattesto@fastwebnet.it

Caro libro

Ho comprato cinque libri. Il conto? Quasi cento euro.
Per assistere a un ridimensionamento dei prezzi bisognerà aspettare che nell’editoria si verifichi lo stesso cambiamento imposto dall’mp3 al mercato discografico. Insomma ci vuole un’idea che renda il prodotto più leggero, più maneggevole, più economico.

Carta moneta e carta stampata

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Sintesi per chi si scoccia a leggere tutto il post.
Il governo italiano – e non da ora – si ostina a pagare ogni anno milioni di euro ai giornali. Una pratica, a mio parere, becera, diseducativa e un tantino deleteria.
Le opinioni, nell’anno di grazia 2009, circolano anche senza i carrozzoni statali, senza che io debba pagare testate che non mi piacciono, non mi rappresentano e, perlopiù, non si trovano neanche mettendo un avviso sulla Gazzetta Ufficiale.
Provate a immaginare: è come se l’edicolante vi fermasse ogni giorno chiedendovi qualche euro per un giornale che non comprate, non conoscete o addirittura che non esiste in edicola.


Si dovrebbero organizzare seminari, stage, ritiri spirituali per gli aspiranti giornalisti, per molti giornalisti dalla dignità usa e getta e per molti lettori ingenui.
Tema: la lettura o consultazione dell’elenco dei contributi pubblici all’editoria per mano del governo italiano e per tasca nostra.
Da due giorni sono infatti note le elargizioni del 2008 per il 2007. Roba che non si legge facilmente sulla stampa ordinaria.
Il dato più divertente ve lo rivelo subito. La testata che in assoluto ha incassato di più è stata quella ai tempi gestita dal moralizzatore dallo scudiscio facile, Vittorio Feltri: Libero, 7.794.367,53 euro.
Feltri, tanto per intenderci, è quello che adesso propone di non pagare più il canone Rai  perchè non ha senso sprecare danaro pubblico per un’informazione faziosa (il suo obiettivo è Santoro). Lui, per effetto di un grottesco assioma di stampo berlusconiano, si ritiene ovviamente al riparo da questo tipo di ragionamento.
Procedendo in ordine sparso, si scopre che ci sono periodici pressochè sconosciuti, inopinatamente pagati da noi. Motocross, Carta, Trenta giorni nella chiesa e nel mondo, Modus vivendi, Luna nuova, il Salvagente, la Nuova ecologia, Sabato sera: tutti destinatari della stessa cifra, 506.660,00 euro. Riviste – lo confesso, ma sarà un mio limite – a me non note, a parte il Salvagente e la Nuova ecologia: e ciò non giustifica affatto la pervicace suzione della mammella statale.
Al povero Mucchio selvaggio toccano “solo” 451.179,96 euro. Ma va là…
La stampa cattolica, in tutto il suo rosario di espressioni (commerciali), ha la sua vittoria con quasi il 68 per cento delle risorse stanziate nel capitolo riguardante organi d’informazione di proprietà di cooperative-fondazioni-enti morali. All’Avvenire toccano 6.174.758,70 euro: i soldi per pagare il tfr a Dino Boffo ci sono…
Tra i giornali di partito svetta l’Unità (6.377.209,80), seguita dalla Padania (4.028.363,82) e da Liberazione (3.947.796,54). Disdicevole il ricorso a fondi pubblici quando il pubblico deve essere oggetto di attenzione, vigilanza e critica. Ma almeno questi giornali si vedono in edicola.
Altre voci, ovviamente criptiche come burocrazia furbetta impone, riguardano i soldi al Foglio di Ferrara (3.745.345,44), a un non meglio identificato Il denaro, caso accademico di nomen omen,  (2.459.799,42), a un misterioso Ottopagine (1.176.899,75) e –udite udite – al Quotidiano di Sicilia (1.638.723,37), sul quale mi esprimerò soltanto a pagamento.