Kindle, per esempio

Due giorni fa parlavamo di internet e crisi dei giornali. Qualcuno ha chiesto: e allora che si fa?
Più che una risposta ho un suggerimento che rimanda a Kindle, un aggeggio che potrebbe rivoluzionare il futuro della carta stampata.
La nuova evoluzione dell’e-book marchiata Amazon è una di quelle diavolerie tecnologiche che sta a metà tra la scoperta copernicana e il bluff berlusconiano. Finora il mercato anglosassone ha mostrato di gradire libri e giornali compressi su uno schermo da sei pollici. Ma noi italiani siamo molto più pigri in fatto di lettura. Persino le favole, più che leggerle, preferiamo averle raccontate (anche in età adulta e non da parenti).
Il sistema editoriale italiano dovrebbe quindi studiare una strategia diversa, se decidesse di sfruttare il Kindle. I costi dell’apparecchio non sono indifferenti (a partire da 299 dollari) quindi un’idea potrebbe essere quella di fornirlo con agevolazioni economiche (comodato, rateazione, sconti). L’abbonamento al quotidiano telematico garantirebbe, a prezzi molto più vantaggiosi, la fruizione completa di tutte le pagine del giornale con, in più, la possibilità di archiviare dati, prendere appunti, trattare il testo. Nello stesso tempo l’editore sarebbe sgravato dai costi della carta: mica male, no?
Alla fine ognuno avrebbe il proprio giornale ogni mattina sul suo Kindle regalando all’ambiente un enorme risparmio energetico (rotative, mezzi per la distribuzione).
Solo che, come al solito, ci vuole qualcuno che si rimbocchi le maniche e che si convinca che non è scritto in nessun comandamento che la tecnologia in Italia debba mantenere un ritardo di cinque anni rispetto al resto del mondo.

Un po’ più di Unità

In controtendenza con altri quotidiani italiani, l’Unità vende di più (25% di incremento a giugno 2009 rispetto a un anno prima). Un dato incoraggiante anche se quel che pesa maggiormente nei conti di un giornale è la pubblicità.

Da Pazzo per Repubblica e www.giornalismoblog.it.

Carta piange

Il gorgo dell’economia malata rischia di inghiottire pure il quotidiano torinese La Stampa che si preparerebbe a chiedere lo stato di crisi. L’editore avrebbe l’intenzione di procedere con sessanta tra pensionamenti e prepensionamenti nel settore giornalistico e settantasei in quello poligrafico.

Grazie a Tony Gaudesi.

Speriamo bene

Marco Travaglio annuncia la nascita di un nuovo giornale, Il fatto, diretto da Antonio Padellaro.

Grazie a Tony Gaudesi.

Che panorama

Dal primo giugno Panorama chiude il suo sito internet, o meglio lo trasforma in un non ben identificato portale maschile.
Domande:
Di chi è Panorama?
E se qualcuno al governo dice che la crisi non c’è, perché Panorama.it chiude?
E se quel qualcuno è anche proprietario di Panorama, perché lo chiude visto che la crisi non c’è?

Chi mente sui libri?

"Il libro della giungla", foto di Cinzia Zerbini (da Flickr)
"Il libro della giungla", foto di Cinzia Zerbini (da Flickr)

Ieri al Tg1 delle 13,30 Gian Arturo Ferrari, direttore generale della divisione libri del gruppo Mondadori, ha detto che il settore librario non risente della crisi economica. Il parere è diametralmente opposto a quello di altri operatori del settore, agenti ed editor (peraltro non intervistati dal Tg1), che rimbambiscono gli autori con previsioni catastrofiche.
Ora dal momento che il sottoscritto (come molti protagonisti di questo blog) campa di scrittura, sarebbe utile scoprire chi è che dice bugie.

Playboy

Pure le conigliette rischiano di finire in mutande. E stavolta senza flash e carta patinata.

Sembra

che, a causa di uno sciopero dei giornalisti, domani E-Polis Palermo non uscirà.

L’impegno e l’umiltà

palermo-in-tascaEsattamente un anno fa dedicai un post spietato a “Palermo in tasca”, un mensile gratuito che si stampa nella mia città. Andai giù duro contro quello che ritenevo fosse un giornaletto sgrammaticato e realizzato senza alcun criterio professionale.
Ai primi di giugno mi arrivò una e-mail dall’editore del periodico. Cominciai a leggerla con la rassegnazione di dovermi sorbire una buona dose di ingiurie. Invece, riga dopo riga, mi sorpresi a leggere frasi come “non possiamo darle torto, siamo nuovissimi e inesperti nel campo del giornalismo” e “anzi questa è per noi un’ottima occasione, se riuscissimo a metterci in contatto, per poter finalmente parlare con qualcuno che possa darci dei validi consigli”. La e-mail si concludeva con uno spiazzante “la ringraziamo di aver prestato attenzione alla nostra rivista”.
Ieri, mentre mi accingevo a iniziare la presentazione di un libro, un signore e un ragazzo si sono avvicinati. In mano avevano due copie di “Palermo in tasca”.
Erano l’editore e suo figlio (che lavora con lui).
“Finalmente ci conosciamo. Siamo venuti per farle vedere che il giornale è migliorato. Guardi, guardi qui…”, hanno detto.
Mi piace pensare che queste persone abbiano lavorato un anno per quel momento: il momento di raccogliere il minimo frutto del consenso di un loro censore, di strappare un cenno di premio per il loro amor proprio, di sentirsi sorretti da chi aveva mirato alle loro gambe.
“Palermo in tasca” ha ancora molta strada da fare per migliorarsi. Ma – lo ammetto – l’impegno e l’umiltà dei suoi editori valgono più di un mio giudizio.
Chapeau.