Manco una cartaccia

Da Roncisvalle a Zubiri.

Sulla falsa riga del ragionamento di ieri a proposito della bandana dimenticata, devo confessare il mio metodo, che sino a stamattina ritenevo infallibile, su come preparare un bagaglio. Ho una lista, da anni. Una lista in varie versioni: inverno, neve, estate, mare, Cammino. Di fatto quella del Cammino è sempre la stessa dal 2019. Quando devo preparare lo zaino la stampo e vado spuntando tutte le voci. Stamattina mentre scarpinavo mi sono impigliato in un fondamentale pensiero: oltre alla bandana ho dimenticato il costume da bagno. Subito dopo il pensiero ne ha figliato un altro: anche lo scorso anno lo avevo dimenticato. E via sorprendendomi, anche due anni fa, e tre anni fa… Arrivato in albergo ho controllato: il costume non è mai stato nella lista. Quindi a rigor di logica non si tratta di dimenticanza ma al contrario di preciso rispetto della prescrizione. Dovrò comprare l’ennesimo costume – qui a Zubiri c’è il fiume, il rìo Arga (nella foto), pulitissimo nel quale però ho potuto solo bagnare i piedini – che l’anno prossimo dimenticherò.

Oggi il percorso è stato mediamente impegnativo. Sono nella Navarra pedemontana, sempre in zona pirenaica, quindi si sale e si scende di continuo, ma dopo la tappa di ieri tutto mi sembra più semplice. Sono al mio terzo dei grandi Cammini per Santiago (dopo quello del Nord e il Portoghese) e cedo alla tentazione di abbozzare giudizi. Uno riguarda i prezzi che sono aumentati, almeno in Spagna (la Francia l’ho sempre trovata non economica, al contrario del Portogallo). In un paesino di montagna, quindi non in una grande città, un piatto tipico di queste lande, due uova fritte con patate e prosciutto, è sui 16 euro, una bottiglia di acqua da un litro e mezzo costa 2 euro, un caffè 1,30. Va detto che a cena il prodotto sul quale ho notato il minor ricarico è il vino: una buona bottiglia al tavolo si beve anche con 16 euro.

Un altro giudizio riguarda la pulizia dei luoghi. Impeccabile. In due giorni di cammino, e in anni di altri Cammini, sono rimasto piacevolmente colpito dalla cura per i boschi, ma anche per i centri abitati e i normali marciapiedi. A oggi da quando sono qui non ho beccato neanche una, ripeto una cartaccia o chessò cicche di sigaretta, bottiglie, tappi e altre schifezze che invece deturpano la mia città. Ho la ragionevole certezza che la responsabilità sia solo in minima parte delle amministrazioni pubbliche.

Infine un giudizio tecnico. Il Cammino Francese in termini di orientamento e segnaletica è molto più intuitivo ad esempio di quello del Nord. Si va dritti senza troppi bivi-trappola e con le indicazioni al minimo. Tanto la strada quella è. Insomma per perdersi bisogna mettersi d’impegno, ma io sono uno che si impegna sempre. Vedrete che vi darò soddisfazioni…

3 – continua

Attenzione, caduta alibi

Golegã – Tomar

Se è vero che della prima impressione non ci si fida è anche vero che, se fosse inchiostro, la prima impressione sarebbe indelebile. Ci pensavo scarpinando in questi giorni di estrema e beata solitudine (tra ieri e oggi ho incrociato solo due persone e per meno di cinque minuti, il tempo di allungare il passo e blindarmi nella mia teca di passi e respiri). 
Essendo un diffidente per natura e non riuscendo a liberarmi dalla trappola dei pregiudizi, tratto con molta attenzione la prima impressione. Anche per il suo carattere di unicità: se è prima ci sarà un motivo.
Il bello dei Cammini in solitaria è che ci si può concedere la più anarchica delle libertà, quella di pensare come e quanto cazzo ti pare. Tipo, quando sei incasinato in città, magari al lavoro ti prende una fregola psicologica o ti viene in mente una cosa che vorresti disossare, esaminare sino al dna, smontare e rimontare. Ma dici: ok, appena ho tempo ci penso. E invece non ci pensi, e sai che neanche se scaverai il tempo nella roccia avrai voglia di affrontare realmente quella cosa.

Nel Cammino cadono gli alibi. E vi assicuro che non è una seduta di analisi o una sessione di compiti per le vacanze, ma una sensazione di libertà che non ti assolve, non ti premia, ma ti dà quel minimo di fiducia nella tua fallacia. Ti dice che se agli errori non sempre si può riparare, almeno si può metterli a frutto e cercare di farli diventare occasioni (togliendo l’iniziativa ai Baci Perugina). Che il pensiero leggero con selfie vista aperitivo non funziona come antidoto a pensieri che non sei riuscito a dipanare manco con l’aperitivo. Che non sempre la prima impressione è il trailer del film che ci apprestiamo a vedere, ma che comunque il trailer va visto (e soprattutto va realizzato bene).
Insomma negli ennesimi 30 chilometri ventosi tra Golega e Tomar ho messo in fila alcune prime impressioni basilari sul Portogallo e i portoghesi. Le scrivo in poche righe perché era il concetto che mi premeva raccontare non il succo delle elucubrazioni. Che però elenco per dar prova che ho fatto i compiti per le vacanze.

I portoghesi sono ex potenti che hanno mantenuto la dignità e la consapevolezza di una nazione che è tesoro di cultura diffusa, condivisa. Credo che siano un caso pressoché unico.
Non gradiscono che gli si parli spagnolo. Meglio l’inglese o addirittura l’italiano.
Hanno l’orgoglio di non mettere mai in tavola sale e pepe perché ritengono che il loro modo di condire i cibi sia quello giusto, l’unico.
Fanno un vino ottimo a prezzi onesti. Noi siciliani abbiamo solo da imparare sul rapporto qualità-prezzo. E non solo sul vino. 

7 – continua

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Caro libro

Ho comprato cinque libri. Il conto? Quasi cento euro.
Per assistere a un ridimensionamento dei prezzi bisognerà aspettare che nell’editoria si verifichi lo stesso cambiamento imposto dall’mp3 al mercato discografico. Insomma ci vuole un’idea che renda il prodotto più leggero, più maneggevole, più economico.