Peggio per te

È un tema che viene a galla spesso in questo blog (tipo qui) e in zone limitrofe (social, incontri con amici, lavoro, eccetera). E riguarda una mia antica avversione che mi ha causato discussioni accese e peggio ancora. Appena qualcuno mi dice “io dico sempre quello che penso” vantandosene, mi prende un attacco di ira e parto a canini sguainati per la giugulare del propalatore di pensieri non trattenuti.

Dire quello che si pensa è la cosa più facile e superficiale del mondo, al netto di questioni che riguardano regimi dittatoriali e affini, ma in quel caso la discussione è talmente ovvia da non essere esempio utile. Usare questa frase per riscuotere benevolenza o per apparire liberi e puri è da scriteriati giacché è esattamente l’opposto che emerge: una persona senza intestino che ingerisce ed espelle in un fiat (e qui sbizzaritevi con le metafore). 
La cosa veramente complicata che ci differenzia, ci eleva, ci dà pregio è esattamente l’opposto.
Non dire sempre quello che si pensa.
Filtrare i pensieri prima di trasformarli in azione. Perché riflettere è bello, frenarsi è etico, contenersi è utile.

Il rubinetto o meglio il rubinetto con filtro ai pensieri comunicati, condivisi, elargiti e molto spesso imposti senza che nessuno ne abbia fatto richiesta, ammazza persino il più basso livello di “non detto”, quello che dà tridimensionalità ai nostri rapporti e che evita la formazione di trombi pericolosissimi per gli infarti sociali ai quali purtroppo ci stiamo abituando. Pensate all’alibi di moltissimi politici dell’ultimo ventennio (soprattutto grillini e leghisti, due forme di estremismo dialettico opposte e spesso complementari): dire sempre quel che si pensa “perché sono fatto così” è una dichiarazione di impotenza contro se stessi, contro la propria libertà, contro il proprio senso critico (la critica impone riflessione, attenzione, altro che vomito di parole per come vengono). A questi signori che si vantano di non aver filtri andrebbe ricordata la bellezza del trasversalismo che fa grande l’arte.
Talvolta peggio di un sogno deplorevole c’è un sogno irreprensibile.

Una volta, non molti anni fa, mi ritrovai a cena con una persona che non conoscevo (ero stato invitato per discutere una possibile partnership lavorativa). Questa persona ancora prima di bere un bicchiere di vino disse una scemenza titanica. Non me la presi troppo sin quando non sorrise mettendo le mani avanti: “Devi capirmi io sono una persona che dice quello che pensa”.
“Peggio per te”, risposi diluendo il sorriso in un vino consono alla serata.
Fu un’ultima cena rapida.

La cena di Natale

Siamo pronti per la cena di Natale. Con i parenti saremo, quest’anno, a casa nostra. Mia moglie da mesi studia come imbandire la tavola. Scrive, disegna, prova, verifica accostamenti cromatici: convoglia passione e background professionale (lei è un’esperta di visual) in un’opera che dovrebbe stare a metà tra l’arte e la ricerca.

Candele, segnaposti, piatti, tovaglie… tutto è frutto di attenta riflessione, dove per “attenta riflessione” si intende un brainstorming serale di almeno due ore, sette giorni su sette, lontano dai pasti e pericolosamente vicino alla mezzanotte.

La caratteristica di questi scambi di opinione è il mio palese stato di minorità. Lei in realtà ha tutto chiaro da settembre, però le piace smontare le sue stesse certezze con la certezza che non ci saranno altre certezze a incrinare le certezze originali. Cioè, una melina familiare: ci si passa la palla sapendo che non si farà gol perchè il destino della partita è segnato, anzi deciso. Però, chiedo io, perché non chiudere l’argomento in anticipo e dedicarsi ad altro? Capisco che questo è un modo per coltivare il tempo che passa e per godere dell’aspettativa di un evento piacevole. Però sette giorni di riflessione sulla forma di una deliziosa, leggera, luccicante stellina da spiaccicare sulla tovaglia, che probabilmente mio padre seppellirà di molliche di pane subito dopo l’aperitivo, mi sembrano un po’ troppi.

E così anche… No, scusate, devo lasciarvi. Sono stato convocato per un vertice urgente sulle candele: bianche o color panna? tonde o cilindriche?

Insomma roba che scotta.

Ai confini della realtà

Nel lungo elenco di fenomeni inspiegabili e/o soprannaturali sui quali si interrogano fior di scienziati dovrebbe occupare un posto di riguardo il comportamento che mia moglie adotta, due volte alla settimana, la sera prima che venga la nostra collaboratrice domestica.
Dopo cena infatti, a casa scatta l’allarme pulizia. Tutto deve essere lindo, soprattutto in cucina. Io inutilmente cerco di spiegare che certo non mi sognerei di lasciare i piatti sporchi, ma almeno la lucidata dei fornelli ce la potremmo risparmiare. Lei niente, tira dritto con severa determinazione. Olio di gomito e Smac Brillacciaio.
Risultato, l’indomani mattina la signora delle pulizie arriva e trova parte della casa come l’aveva lasciata. Forse per questo ci vuole molto bene.

E che cavolo, basta chiedere!

Il ministro Elio Vito ha rassicurato il Paese. Alla famosa cena con Berlusconi, con il ministro della Giustizia e con i giudici della Corte costituzionale, non si parlò del lodo Alfano.
E’ la logica del “bastava chiedere”.
D’ora in poi se uno ha il sospetto che un tale rubi, domanderà all’interessato: “E’ vero che sei un ladro?”.
Solo se quello risponderà di sì, sarà possibile perseguirlo.