Con un’iniziativa senza precedenti oggi il cdr del Corriere della sera respinge il selvaggio piano editoriale presentato dall’amministratore delegato di Rcs Mediagoup e promette mini-inchieste quotidiane per raccontare gli errori di gestione del gruppo.
È il miglior modo conosciuto di fare sindacato, senza arroccarsi su posizioni di privilegio e senza tacere una virgola. Il lavoro si difende col lavoro, non coi cortei violenti o con sterili slogan. Se si attaccano violentemente un’istituzione del giornalismo e un gruppo editoriale prestigioso, occorre dimostrare che il prestigio è ancora nelle mani dei lavoratori che hanno reso grande quell’azienda.
Quindi, parafrasando (molto alla larga) Gesualdo Bufalino, scrivere per difendere i diritti, scrivere per tagliare la linea di fuoco dei licenziamenti selvaggi, scrivere per salvare la libera scrittura. Scrivere.
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Il bluff di Mentana
Premessa. Non sono mai stato un sindacalista in oltre vent’anni di giornalismo militante. Fine premessa.
Enrico Mentana si offende per una vicenda controversa sulla quale ci sarebbe da discutere se solo le questioni sindacali avessero ancora un appeal in Italia.
In realtà, come si legge nelle cronache più obiettive, la redazione gli ha chiesto di non andarsene e lo stesso cdr del tg de La7 ha smentito di averlo mai denunciato per comportamento antisindacale.
Siamo a una nuova frontiera del rapporto dirigenza-base, in cui chi sta sopra chiede a chi sta sotto di salire a controllare il tetto affinché non ci siano infiltrazioni causate dalla sua stessa imperizia.
Detto tra noi, Mentana quel comunicato del cdr doveva leggerlo senza giudicare se potesse interessare o meno ai telespettatori, per un semplice motivo: il sindacato non serve per fare audience. A quello ci pensano i politicanti di turno.
Come si cambia
Oggi e domani il Corriere della sera è in sciopero perché il direttore ha comunicato brutalmente che i tempi cambiano mentre il cdr ha deciso di no.
Un giornalista non vale un cassonetto
Le storie dei giornalisti, cioè le storie di coloro i quali dovrebbero raccontarle, sono ontologicamente poco interessanti, come la carie dei dentisti o gli ombelichi degli ombelichisti. Però ce n’è una del Giornale di Sicilia di Palermo che va raccontata, seppur in breve.
Nel 2008 l’azienda e il cdr (comitato di redazione, cioè l’organo sindacale) si accordano su un premio di produttività che andrà corrisposto in buoni pasto l’anno seguente ai giornalisti. Poi però, al momento di aprire la borsa, gli editori fanno un passo indietro adducendo come motivo le incertezze dei mercati internazionali, la crisi mondiale e forse anche l’invasione delle cavallette. Quelli della redazione del GdS, che sono brave persone e che si fidano ancora di quel che scrivono i giornali, per un po’ ci credono e alzano le spalle: la crisi è crisi, se è guerra è guerra per tutti, e porca miseria tocca a noi dare l’esempio.
Passa qualche settimana fino a quando sulle colonne dello stesso Giornale di Sicilia si legge che l’editore ha deciso di stanziare 50 mila euro per l’acquisto di cinque nuovi autocompattatori per dare un esempio nella lotta all’emergenza rifiuti.
Il GdS non è nuovo a simili sponsorizzazioni. Qualche anno fa si lanciò in una campagna di restyling dei cassonetti di Palermo patrocinandone un rivestimento artistico: in pratica i contenitori dei rifiuti venivano avvolti in grandi tele adesive che riproducevano le opere di importanti pittori siciliani. Risultato: i cassonetti venivano bruciati lo stesso, ma con una sorta di effetto Giovanna d’Arco che prometteva un trafiletto nella Storia.
Finì come finì, senza un briciolo di memoria nella città che della memoria fa briciole.
Ora l’iniziativa del GdS, quella degli autocompattatori (non quella dei cassonetti d’artista che era talmente ardita da poter essere definita insensata a clamor di popolo), potrebbe essere condivisibile se non ci fosse un fondamentale accordo pregresso con la redazione: i premi di produttività non sono promesse da marinaio o cartoncini del “gratta e vinci”.
E soprattutto l’operazione non desterebbe sospetto se l’interlocutore non fosse quel sindaco Cammarata che è primo attore delle vicende che riguardano la raccolta dei rifiuti a Palermo, come le recenti vicende giudiziarie confermano.
Morale: i giornali non sono spazzatura, ma la spazzatura conta più dei giornalisti. Almeno con questo sindaco e con certi giornali.