Mettiamo che siete l’amministratore delegato di un grande gruppo editoriale che ha chiuso il 2013 con un bilancio in perdita di 218,5 milioni di euro e che ha attuato solo un quarto degli investimenti che erano stati promessi e programmati.
Mettiamo che avete fatto cassa svendendo testate del gruppo, cacciando via decine e decine di lavoratori e addirittura vendendo la sede storica del giornale più prestigioso d’Italia (tra i più importanti del mondo).
Mettiamo che per fare quel che avete fatto nell’intenzione molto remota di risanare, non serviva un super manager, ma bastava uno studente di ragioneria sufficientemente spregiudicato.
Mettiamo che nonostante tutto ciò, alla fine vi premino pure per il brillante lavoro svolto.
Mettiamo che se non siete l’amministratore di Rcs Mediagroup Pietro Scott Jovane, vi vergognate abbastanza.
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Il pasticciaccio brutto di via Solferino
Ogni volta che vado a Milano, per diletto o per lavoro, sono ospite a casa di due cari amici, giornalisti anche loro. Abitano a Brera a pochi passi dalla sede del Corriere della Sera, dove uno dei due lavora. L’ultima volta che sono andato lì con mia moglie, ho chiesto al mio amico se era possibile farle visitare la monumentale redazione di via Solferino. Lui si è detto ben disposto di fare da Cicerone e così abbiamo fatto il nostro bel giro tra quelle stanze che sanno di storia. Ovviamente c’è da rimanere estasiati, al solo pensiero di lavorare – chessò – nella stanza di Eugenio Montale. Da qui una frase che ho sempre ripetuto al mio amico: “Fortunato tu, che lavori in un monumento nazionale”.
Ora quel monumento è in vendita, almeno così ha deciso il consiglio di amministrazione di Rcs guidato da Pietro Scott Jovane, uno che guadagna una montagna di denaro a prescindere da quel che costruisce (o magari demolisce). Perché non ci vuole un genio della finanza per far cassa vendendo, licenziando, tagliando: per quello basta un mediocre ragioniere che abbia una calcolatrice con le pile cariche. Ma così va l’Italia.
Svendere l’edificio storico di via Solferino, a un prezzo per giunta inferiore alla quota di mercato della zona Brera, è un atto irresponsabile che non colpisce solo i giornalisti del Corriere della Sera, ma tutti gli italiani. Perché se passa il principio che per recuperare qualche euro si può fare qualunque cosa, possibilmente a patto che non si compia un reato, di qui a poco ci ritroveremo con la Storia sotto i tacchi e il buio davanti.
I soldi non danno la felicità, ci hanno insegnato. Passi. Ma che la debbano togliere a tutti noi, no.
Un buon esempio di sindacalismo
Con un’iniziativa senza precedenti oggi il cdr del Corriere della sera respinge il selvaggio piano editoriale presentato dall’amministratore delegato di Rcs Mediagoup e promette mini-inchieste quotidiane per raccontare gli errori di gestione del gruppo.
È il miglior modo conosciuto di fare sindacato, senza arroccarsi su posizioni di privilegio e senza tacere una virgola. Il lavoro si difende col lavoro, non coi cortei violenti o con sterili slogan. Se si attaccano violentemente un’istituzione del giornalismo e un gruppo editoriale prestigioso, occorre dimostrare che il prestigio è ancora nelle mani dei lavoratori che hanno reso grande quell’azienda.
Quindi, parafrasando (molto alla larga) Gesualdo Bufalino, scrivere per difendere i diritti, scrivere per tagliare la linea di fuoco dei licenziamenti selvaggi, scrivere per salvare la libera scrittura. Scrivere.