A me non interessa quanto lo pagano, Roberto Benigni. A me interessa godere di prodotti di qualità, e la qualità costa. Pensate quante porcherie ci siamo dovuti sorbire, nel segno di una Rai che si spaccia per popolare (cioè aperta a tutti-proprio-tutti) e invece è solo scadente. Pensate ai mesi estivi ingrassati di repliche e programmi farlocchi, come se esistesse uno sconto stagionale sul canone. Pensate alla necessità ormai quasi impellente di ricorrere ad abbonamenti alternativi (e salati) pur di vedere qualcosa di vagamente interessante nelle pigre serate di inverno.
Ecco, pensate a tutto questo e maledite quel dio che di comandamenti ne ha fatti soltanto dieci. Venti ce ne volevano, venti!
Almeno avremmo avuto un’intera settimana televisiva come dio comanda.
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Il supplizio
Ieri a “Italia sul due”, una specie di trasmissione di approfondimento sui temi della cronaca, si discuteva del successo di Fiorello. E, a corredo delle opinioni di personaggi a me quasi del tutto sconosciuti (l’unico di cui mi ricordavo era Dario Salvatori), si riproponevano i passi salienti della fortunata trasmissione di Raiuno: canzoni, battute, sketch. Solo che per un perfido gioco di diritti e soprattutto per colpevole ignoranza degli autori (ammesso che “Italia sul due” abbia degli autori), questi numeri non erano quelli originali, bensì erano rifatti da un povero imitatore che si è umiliato persino nel taroccare la scenetta di Edward Cullen che sparisce davanti alla telecamera.
Immaginate il livello della trasmissione.
Come se non bastasse uno dei principali interlocutori era un tale Antonio Marziale che pur dichiarando di non aver visto #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend veniva interpellato proprio su quello che non sapeva, secondo la moda emergente tra gli opinionisti in tv: discettare su tutto fuorché su ciò su cui si è preparati.
Sono bastati pochi minuti di questo supplizio per: 1) farmi capire che era tardi per bighellonare davanti alla tv; 2) riallineare, dopo la Fiorello night, il livello qualitativo dei programmi Rai alla media di infimo livello che ben conosciamo.
Col rimedio in tasca (altrui)
C’è un conduttore televisivo che fa il pieno di ascolti nella tv pubblica anche se è arrogante e antipatico e non piace al governo però fa guadagnare molti milioni di euro alla Rai e anzi dà il meglio di sé quando è più attaccato dalla sua stessa azienda, e logica imporrebbe che se proprio non si potesse fare a meno di criticarlo gli si blindasse il contratto in modo da godere per più tempo possibile dei vantaggi economici che procura, e invece l’azienda pubblica se ne libera con un sospiro di sollievo come se rinunciare a un programma di punta fosse un motivo di vanto e nessuno dei burocrati della succitata azienda si preoccupa del danno economico perché si è già trovato il rimedio che come al solito era ben nascosto nelle tasche degli italiani, compensare il mancato introito con un aumento del canone Rai.
La Rai e il pizzo
Pago il canone Rai. Non siamo in molti.
Seguo i Mondiali di calcio. Siamo in molti.
Domandina semplice semplice: perché devo avere dalla tv di Stato un servizio inefficiente che si è obbligati a pagare (basta avere un televisore), e invidiare chi ha un servizio perfetto da parte di una tv privata e magari non paga un bel niente alla Rai?
Il succo è questo: oggi io non conto nulla nelle scelte del palinsesto della Rai, di cui pure sono cliente con quel che ne consegue, ma se verso qualche centinaio di euro in più posso avere sul mio televisore tutto quello che vorrei e che non ho. Se ci pensate bene è il principio del pizzo: la normale sorveglianza costa quanto costano le tasse (le forze dell’ordine sono nel bilancio dello Stato), se vuoi di più devi sganciare.
Ora, non mi sogno di accostare Sky a un mercato illegale di servizi, però credo che questa Rai, inefficiente e clientelare, vada messa sul mercato. In modo che io possa scegliere tra le varie offerte senza dover essere obbligato a pagare un servizio scadente.
Insomma – tanto per fare un esempio – a me e a molti altri non ce ne frega niente di avere ogni pomeriggio Monica Setta che ostenta il suo banale davanzale a tot migliaio di euro a puntata, a noi interessa che la Rai (che paghiamo in anticipo e in moneta sonante) sia presente degnamente nei due o tre fondamentali appuntamenti di cronaca annuali.
E i Mondiali di calcio fino a prova contraria sono un evento di una certa importanza.
Attenti al canone
di Gianni Allegra