L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.
Non è il filo di imbarazzo per i recenti dubbi espressi sulla strage di Bucha, né lo sconcerto per le reiterate uscite no vax e no green pass a ispirare le seguenti righe sulla parlamentare europea Francesca Donato. È sulla sua candidatura a sindaco di Palermo che, col dovuto rispetto, vale la pena di incatenare un paio di concetti base, tanto per ricordare che il negazionismo non è un’emergenza recente e che soprattutto in questa terra ha causato ferite mai rimarginate. Per decenni della mafia è stata negata l’esistenza. E le immagini dinanzi alle quali allora si scuotevano le teste diffidenti erano orrifiche al pari di quelle che oggi arrivano dall’Ucraina e appena ieri dall’inferno infetto di Bergamo. In Sicilia in quegli anni terribili il negazionismo istituzionale diventò endemico grazie allo stesso meccanismo di riproduzione abnorme dei dubbi che oggi consente all’onorevole Donato, e a quelli che discutono come lei, di far proseliti sgonfiando le ruote della verità acclarata. Si usò, allora, il garantismo per indebolire una macchina della giustizia che arrancava contro un nemico forte e ramificato, così come oggi si è usato lo scetticismo estremo per screditare la ricerca scientifica contro un virus pericolosissimo. E in questo eterno gioco di distinguo si mise in azione una campagna di superficialità pignolesca per mettere all’angolo Giovanni Falcone. Che, non dimentichiamolo, fu colpito prima che dai boss, dal fuoco amico di una certa antimafia che lo voleva, sciaguratamente, “fuori dai palazzi romani”. Ciò grazie al “distinguismo”, oggi tanto in voga.
Insomma se il dubbio è l’inizio della conoscenza, forse lo spaccio di punti interrogativi dovrebbe essere vietato per decreto.