La gloria dei bastardi di Tarantino

Ho visto solo adesso Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino e l’ho trovato bello. Bello come può essere un film coi tempi giusti, che fa solo le promesse che può mantenere.
La grandezza di Tarantino, secondo me, sta nell’ideare e realizzare storie scavate nella pietra dell’originalità senza essere astruse. Il suo cinema è perlopiù piacevolmente snob, con accenni naif, e ricchissimo di citazioni lievi. In Bastardi senza gloria ci sono lunghi dialoghi che non fanno mai rallentare la narrazione. E ci sono anche complessi movimenti di camera che non scadono nella scontatezza dell’effettismo. Ma, al contrario, impreziosiscono un prodotto che vale sino all’ultimo centesimo i soldi del biglietto (o del noleggio).

Gli eccessi di Baarìa

baaria

Ho visto Baarìa e vi scrivo quello che ne ho tratto, senza perdermi in chiacchiere.
Scenografia e fotografia sono davvero splendide.
La storia regge fino a dieci minuti dalla fine, quando Giuseppe Tornatore s’inventa un sistema di lucchetti che devono chiudere in modo forzato tutti i cancelli (forse troppi) aperti in più di due ore di film.
Baarìa soffre di due eccessi: la coralità, che spesso soffoca (o nasconde?) le maglie fondamentali della trama, e i simbolismi che dal volo iniziale del bambino allarmano lo spettatore più razionale (razionale non vuol dire appestato).
Il protagonista maschile, Francesco Scianna, è misurato e credibile: la sua interpretazione è perfetta.
La protagonista femminile, Margareth Madè, leggiadra sino alla volatilizzazione, si dimentica facilmente.
Insomma, 150 minuti di cinema italiano, di buona fattura e di cassetta: Baarìa vale il prezzo del biglietto, che è già qualcosa di questi tempi.
Però non parliamo di capolavoro.

Merda d’artista

gerard depardieu

Dice Gerard Depardieu: “Il cinema? Me ne frego, non mi sono mai battuto per fare un film. Ne ho fatti duecento, centocinquanta dei quali sono merda“.

Bruciate il curriculum

Noemi farà presto un film. Il padre potrebbe diventare un naufrago dell’Isola dei famosi.
Lo showbiz italiano, specializzato nel costruire talenti con materiale di risulta, ha colpito ancora.
Il ragionamento secondo il quale la visibilità rende la persona personaggio trova ancora una volta una sublimazione perversa: ciò che è qualunque diviene automaticamente speciale se ci si muove ben al passo con la cronaca.
Giovani attori che perdete tempo con accademie e teatrini di periferia, aspiranti cineasti che fate le ragnatele nelle anticamere dei produttori, promettenti sceneggiatori che vi ostinate a studiare, lasciate perdere.
Non serve un buon curriculum per ottenere una scrittura e un lauto compenso. Basta essere al posto giusto con l’atteggiamento sbagliato.

Elogio di Ficarra e Picone

Qualche giorno fa ho rivisto il film Nati stanchi di Salvo Ficarra e Valentino Picone. E ho riso come quando lo vidi la prima volta.
Ficarra e Picone sono, secondo me, il migliore duo comico in circolazione nel nostro paese. Alla mimica, che evoca i grandi Franco e Ciccio, aggiungono un garbo umoristico da fuoriclasse. Davanti alle loro gesta, anche quando la risata è grassa, non c’è mai una caduta di stile, non si perde mai di vista la raffinatezza. In un periodo di tv e cinema sguaiati, dove l’effetto punta più allo stomaco che al cervello, i loro spettacoli, i loro film, le loro apparizioni in video rimandano a un amabile clichè che di ripetitivo ha soltanto l’appuntamento con la battuta ben costruita. Il loro artigianato artistico mi ricorda molto quello di un illustre attore palermitano, Pino Caruso, che – per mia felicità – è proprio nel cast del prossimo film di Ficarra e Picone, La matassa.
Se fossi il direttore di una rete televisiva costruirei uno show settimanale con questo trio, magari il sabato sera. E annullerei tutti gli impegni per non perdermeli.