Ho visto Baarìa e vi scrivo quello che ne ho tratto, senza perdermi in chiacchiere.
Scenografia e fotografia sono davvero splendide.
La storia regge fino a dieci minuti dalla fine, quando Giuseppe Tornatore s’inventa un sistema di lucchetti che devono chiudere in modo forzato tutti i cancelli (forse troppi) aperti in più di due ore di film.
Baarìa soffre di due eccessi: la coralità, che spesso soffoca (o nasconde?) le maglie fondamentali della trama, e i simbolismi che dal volo iniziale del bambino allarmano lo spettatore più razionale (razionale non vuol dire appestato).
Il protagonista maschile, Francesco Scianna, è misurato e credibile: la sua interpretazione è perfetta.
La protagonista femminile, Margareth Madè, leggiadra sino alla volatilizzazione, si dimentica facilmente.
Insomma, 150 minuti di cinema italiano, di buona fattura e di cassetta: Baarìa vale il prezzo del biglietto, che è già qualcosa di questi tempi.
Però non parliamo di capolavoro.
Tag: Baarìa
Mica un calcio ar culo
L’attimino fuggente
di Giacomo Cacciatore
Il premio Oscar bagherese Giuseppe Tornatore, appreso che Silvio Berlusconi ha definito “un capolavoro” il suo “Baarìa”, mostra di non apprezzare il giudizio. E, da caratterino qual è, lo fa alla conferenza stampa di apertura della sessantaseiesima Mostra del cinema di Venezia dichiarando, con tono infastidito: “Non sapevo che Berlusconi facesse il critico cinematografico”. Ora, posso anche capire che un uomo di sinistra preferisca che un complimento arrivi da un’area politica piuttosto che da un’altra. Ma sempre complimento è. Restando in ambito cinematografico, davanti alla levata di Peppuccio l’indignato, non posso fare a meno di pensare alla battuta di Gasperino il carbonaro – alter ego del Marchese del Grillo/Alberto Sordi nell’omonino film di Monicelli – quando, di fronte a una reazione schifata dell’anziana madre marchesa che rifiuta una sua goffa effusione, esclama: “A ma’… io te stavo a dda’ un bacio… mica un calcio ar culo!”. Ecco.
Un complimento, mica un calcio al culo.